Parla solo se interrogato
Vittoria Menga - 22-02-2010
Parla solo se interrogato: una volta questa frase era considerata il paradigma dell'autoritarismo scolastico e dell'antidemocrazia. Vecchi tempi, che nessuno può rimpiangere. Ma il «nuovo» che avanza non si può dire che allarghi il cuore. Oggi la nuova religione è l'aziendalese, che recita così: non tematizzare un problema, se prima non hai trovato la soluzione. I managers non hanno tempo da perdere con inutili seghe mentali. Il pensiero critico e problematico fa perdere tempo. Vuoi essere disfattista e ripiegato su te stesso? Continua a piangerti addosso. I nuovi filosofi del "fare", invece, si rimboccano le maniche e cercano le soluzioni, al punto tale che anche indugiare nelle analisi è avvertito con molto fastidio, come una zavorra insopportabile, ai limiti del boicottaggio. Piano piano, questo abito mentale pragmatista nell'ultimo decennio ha portato ad un clamoroso risultato: far scomparire i problemi. Il nuovo tabù è questo, non se ne può parlare. Se lo fai, sei già un nemico. Dal pragmatismo al delirio di onnipotenza il passo è breve. Infatti basta guardare quello che la Gelmini ha chiesto ai managers pubblici: non ricevete finanziamenti dal ministero? Non protestate, ma procurateveli! Come? Mettendo in atto tutte le risorse di creatività e di inventiva. Se non sapete fare il vostro mestiere, cambiate lavoro. Si richiede di fare non il possibile, ma l'impossibile. Se no, che merito c'è? Di merito in merito, non si protesta più, ma si ubbidisce. Il tetto del 30% di alunni stranieri nelle classi: non c'è problema! Le iscrizioni il 26 marzo per le scuole superiori e l'avvio della nuova riforma a settembre 2010, anche se il quadro non è chiaro: non c'è problema! Solo gli estremisti e i disfattisti vedono i problemi, ma, come i cervelli in fuga, verranno costretti ad emigrare. Non c'è problema.

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