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Rosarno
D.Goracci, L.Garofalo - 13-01-2010
Segnaliamo due contributi che vale davvero la pena leggere con attenzione. Red


Semplifichiamo la Rognetta della Democrazia

di Doriana Goracci

Qui il pezzo completo di audio e video


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Quando gli schiavi si ribellano e la loro rabbia spaventa la borghesia

di Lucio Garofalo

La rivolta rabbiosa ed improvvisa (ma prevedibile) dei braccianti africani della piana di Gioia Tauro, che hanno messo in atto una furiosa guerriglia urbana che rievoca le scene incendiarie della banlieue parigina o dei ghetti di Los Angeles di alcuni anni fa, ha turbato i sonni tranquilli di una società piccolo-borghese che si è ridestata attonita e sgomenta dal torpore in cui sono sprofondate pure le masse proletarie italiane, vittime di un razzismo strisciante alimentato quotidianamente dai media e dal governo in carica.

Gli ipocriti e i benpensanti si scandalizzano facilmente di fronte alla rivolta degli immigrati, deprecando l'aggressività e la rabbia con cui si è manifestata, celebrando l'intervento armato delle forze dell'ordine, come se la violenza di chi reagisce all'oppressione non abbia una ragione morale superiore alla violenza perpetrata dall'oppressore. Gli schiavi non possono e non devono ribellarsi al loro padrone.

La violenza fa parte di una società che la condanna come un delitto quando ad esercitarla sono gli ultimi e i più deboli, i negri, i proletari e gli oppressi in genere, ma viene legittimata come un diritto quando è una violenza sistemica esercitata dal potere, per cui viene autorizzata in termini di repressione armata finalizzata alla salvaguardia dell'ordine costituito, un ordine retto (appunto) sulla violenza di classe.

Non a caso la violenza viene esecrata solo quando è opera degli oppressi e degli sfruttati. Si pensi alla rivolta di massa che alcuni anni fa esplose con furore nella banlieue parigina, espandendosi con la rapidità di un incendio alle altre periferie suburbane della Francia. Si pensi all'esplosione di rabbia e violenza dei lavoratori immigrati di Rosarno, in maggioranza di origine africana, oppressi e sfruttati a nero, maltrattati e vessati dai caporali e dalla criminalità al limite della sopportazione umana.

Per comprendere tali fenomeni sociali occorre rendersi conto di ciò che sono diventate le aree periferiche e suburbane in Francia, ossia luoghi di ghettizzazione, degrado ed emarginazione, occorre verificare le condizioni brutali e disumane in cui sono costretti a vivere i lavoratori agricoli immigrati in Italia, sfruttati al massimo dagli sciacalli della malavita organizzata locale e dal padronato capitalistico di stampo mafioso e legale.

In Italia meridionale si è formato un vero e proprio esercito di forza-lavoro migrante, in gran parte di origine africana, che si muove periodicamente dalla Campania alla Puglia, dalla Calabria alla Sicilia, seguendo il ciclo dei raccolti agricoli, che lavora nei campi in condizioni al limite della schiavitù e vive in ghetti subumani costituiti da baracche di cartone e nylon sostenute da fasce di plastica nera, in aree misere e degradate.

Questi braccianti irregolari, in quanto clandestini, sono costretti a lavorare a nero e sotto al sole per 14 ore al giorno, retribuiti con meno di 20 euro giornalieri, sfruttati in condizione di estrema ricattabilità, sottoposti all'arroganza dei caporali e alle vessazioni della criminalità mafiosa che controlla sia i flussi migratori che il lavoro nero. Questa manodopera agricola offerta a bassissimo costo è estremamente conveniente, in quanto viene prestata senza rispettare alcun contratto sindacale e quindi senza osservare alcuna norma di sicurezza e di retribuzione, consentendo notevoli profitti economici.

Dunque, per capire l'emblematica rivolta dei "nuovi schiavi" bisognerebbe calarsi nella loro realtà quotidiana dove il disagio sociale e materiale, il degrado urbano, la violenza e lo sfruttamento di classe, la precarietà economica, il dolore, la disperazione e l'emarginazione degli extracomunitari, costituiscono il retroterra materiale, sociale ed ambientale che produce inevitabilmente drammatiche esplosioni di rabbia, violenza e guerriglia urbana come quelle a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni in Calabria.

Invece, tali vicende sono etichettate come atti di "teppismo" e "delinquenza", secondo parametri razzisti e classisti tipici di una mentalità ipocrita e benpensante che da sempre appartiene alla piccola borghesia. Come accade sovente, di fronte alla tragica e furibonda rivolta dei braccianti africani della piana di Gioia Tauro, i benpensanti di casa nostra mostrano di indignarsi e scoprono l'esistenza del problema dell'immigrazione clandestina, dei lavoratori migranti ridotti in condizioni disumane al limite della schiavitù, e scoprono il dramma indicibile e doloroso dello sfruttamento del lavoro nero.

Finché gli extracomunitari subivano in silenzio, senza protestare, i torti e le vessazioni dei caporali, della malavita e dei padroni, nessuno ha gridato allo scandalo e nessuno ha speso una parola di esecrazione morale. Invece oggi, gli stessi benpensanti che prima tacevano, sembrano scandalizzarsi (ingenuamente o in malafede) di fronte alle scene di violenza e devastazione scaturite dalla rabbia e dalla disperazione dei "nuovi schiavi"

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 Red    - 13-01-2010
A proposito del problema immigrazione consigliamo la lettura, link compresi, dell'articolo MA L'ITALIA È GIÀ MULTIETNICA
di Maurizio Ambrosini, apparso ieri su La Voce.info.

 Roberto Malini    - 13-01-2010
... hanno diritto all'asilo politico e a un'occasione di integrazione in Italia ...

Milano, 10 gennaio 2009

Il ministro dell'Interno Maroni ha dichiarato che i migranti arrestati a Rosarno e trasferiti nei centri di Crotone e Bari verranno espulsi se risulteranno clandestini, in base al pacchetto sicurezza.

Il Gruppo EveryOne esprime una ferma protesta contro questa nuova azione punitiva nei confronti di esseri umani che, in Italia, hanno già subito tanti abusi.

"La 'Ndrangheta di Rosarno li ha trasformati in veri a propri schiavi," scrivono in una nota Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, "costringendoli a lavorare duramente per un tozzo di pane, a vivere in veri e propri porcili e a subire la legge del crimine organizzato. Il 7 gennaio," continua la nota, "un rifugiato politico del Togo e due giovani della Guinea con permesso di soggiorno sono stati aggrediti e feriti. I fatti successivi sono simili alla famosa 'rivolta antimafia degli africani di Rosarno' avvenuta più di un anno fa, nel dicembre 2008, dopo il ferimento di due migranti da parte di mafiosi locali. Tutto ciò che avviene a Rosarno è controllato o provocato dalla 'Ndrangheta: dipingere una situazione diversa significa falsificare la realtà". Il Gruppo EveryOne ha inoltre inviato una richiesta urgente all'Alto Commissario per i Rifugiati. "Alcuni dei migranti rinchiusi a Bari e Crotone," scrivono gli attivisti, "sono in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Gli altri provengono per la maggior parte da Paesi in crisi umanitaria o travagliati da gravi conflitti. Riteniamo che abbiano diritto all'asilo politico in Italia e ci auguriamo che l'Alto Commissario valuti attentamente la loro condizione, per evitare che le Istituzioni italiane, in violazione della Convenzione di Ginevra e delle altre leggi che tutelano i profughi e gli aventi diritto all'asilo politico, li deportino verso Paesi in cui essi correrebbero gravi pericoli di vita. La loro condizione di schiavitù in Italia li ha inoltre provati e li rende ancora più vulnerabili. Il nostro Paese, che fa ben poco per combattere il potere delle mafie, dovrebbe inoltre farsi carico delle proprie responsabilità e decidere, finalmente, di garantire protezione e un futuro alla comunità dei migranti di Rosarno".


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A proposito di Intolleranza in Italia: Roma nascono i ghetti Rom

Roma, 13 gennaio

2010. L'apartheid e la persecuzione del popolo Rom in Italia sono ormai intollerabili, mentre a Roma stanno per sorgere i ghetti-Rom

Nonostante le proteste da parte delle organizzazioni per i Diritti Umani e le raccomandazioni, nonché le forti prepccupazioni, espresse dall'Unione europea e dall'Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, a Roma rinascono i ghetti, su modello di quelli che i nazisti realizzarono in Polonia alle soglie dell'Olocausto.

Gli interventi ufficiali attuati negli ultimi anni dalla Commissione europea e dal Consiglio d'Europa, dall'Alto Commissario ONU per i Diritti Umani e dalle principali organizzazioni umanitarie si sono rivelati inutili e il fenomeno dell'antiziganismo in Italia è degenerato in una grave persecuzione e nella negazione ai popoli Rom e Sinti dei principali diritti fondamentali della persona. Le cause sono gravi e molteplici:

- il governo italiano, composto in gran parte da ministri che si distinguono da anni per ideologie intolleranti (tra cui membri della Lega Nord), ha ottenuto dal Parlamento l'approvazione di leggi discriminatorie, anticostituzionali e contrarie alla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea, come la legge 94/2009, che trasforma migranti e Rom in "problemi di sicurezza", negando loro i diritti basilari sanciti dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali nell'Ue;

- la corrente politica italiana cosiddetta "democratica" si è allontanata da alcuni anni dagli ideali antirazzisti e solidali ed è guidata, sia a livello centrale che locale, da politici ispirati da ideologie securitarie, intolleranti e fondate su principi anti-immigrazione, salvo poche eccezioni;

- le Istituzioni locali, dietro disposizioni governative, mettono in atto, unitamente con le Autorità di Forza Pubblica, operazioni di vera e propria "purga etnica" nei confronti di Rom e migranti "irregolari", favorendo la delazione da parte dei cittadini, braccando le etnie sgradite, evacuandone gli insediamenti di fortuna con spiegamento di agenti e mezzi, distruggendo i loro beni ed effettuando espulsioni formali o di fatto, giustificando tali azioni come "opere di bonifica" per la sicurezza e contro il degrado;

- in seguito a tali azioni, le comunità sgomberate si trovano sempre in mezzo alla strada, senza alternative umanitarie né opportunità di rifugio (a volte le autorità propongono alle famiglie di dividersi: donne e bambini accolti temporaneamente in ospizi, padri, mariti e fratelli maggiorenni costretti ad allontanarsi, in una marcia verso il nulla e senza alcuna assistenza socio-sanitaria);

- importanti organi di informazione in Italia sono divenuti strumenti politici e negli ultimi anni hanno promosso teorie improntate al pregiudizio, al sospetto, all'odio razziale, in particolar modo contro Rom e "clandestini", diffondendo calunnie discriminatorie, selezionando e amplificando episodi di cronaca con protagonisti negativi cittadini Rom e stranieri, censurando o minimizzando innumerevoli episodi di razzismo e violenza anti-immigrati;

- molti cittadini Rom hanno perduto e continuano a perdere la vita in seguito alle politiche razziali, a causa della mancata protezione dal freddo e dalle intemperie, delle malattie, degli stenti, delle tragiche condizioni igienico-sanitarie, della violenza e delle incursioni razziali di gruppi neo-fascisti e neo-nazisti; la speranza di vita media dei Rom in Italia oggi è al di sotto dei 40 anni, a causa della persecuzione, ma si tratta di tragedie accuratamente occultate dalle autorità e dai media;

- le Istituzioni centrali e periferiche italiane, se non con rarissime eccezioni, non hanno attuato alcun programma efficace di integrazione né di educazione alla tolleranza, se non a parole, scoraggiando, quando possibile, iniziative portate avanti a titolo privato in tal senso;

- la autorità hanno promosso o favorito politiche discriminatorie contro la comunità Rom e a volte una strategia intimidatoria contro gli attivisti per i Diritti Umani, che diventa ancora più grave e ricattatoria nei confronti dei rappresentanti delle comunità Rom, Sinte e migranti;

- dopo anni di propaganda razziale e xenofoba fondata sulla non-integrazione e l'anti-immigrazione, la maggior parte della cittadinanza italiana e dei giovani è convinta che i Rom siano criminali incalliti, stupratori, rapitori di bambini, asociali, nemici della civiltà; un atteggiamento simile si sta formando riguardo ai cittadini di pelle scura e agli stranieri, mentre televisioni, radio, giornali e politici assecondano il diffondersi di razzismo e xenofobia.

Il Gruppo EveryOne, in un clima di feroce ostilità e intimidazione, denuncia la nascita di nuovi progetti di apartheid e persecuzione, già attuati a Milano e nel Nord Italia - e in corso di attuazione a Roma - attraverso delibere comunali e regionali, o attraverso provvedimenti prefettizi, che contrastano con le direttive Ue e le normative internazionali. I movimenti intolleranti dettano infatti ormai legge all'interno delle Istituzioni.

Nonostante le proteste da parte delle organizzazioni per i Diritti Umani e le raccomandazioni, nonché le forti prepccupazioni, espresse dall'Unione europea e dall'Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, a Roma rinascono i ghetti, su modello di quelli che i nazisti realizzarono in Polonia alle soglie dell'Olocausto.
Prima di attuare tale programma, riservato ai Rom che non possono essere espulsi (in quanto italiani o apolidi, immigrati in Italia decenni fa dalla ex Jugoslavia), le autorità romane hanno attuato una serie impressionante di sgomberi senza alternative sociali nei confronti di famiglie Rom - soprattutto romene - rifugiatesi nella capitale a causa della povertà. Edifici dismessi, conglomerati di baracche e tende in cui vivevano centinaia di bambini, donne anche incinte, malati gravi o terminali, e anziani, sono stati evacuati e distrutti, sia d'estate che d'inverno, con conseguenze umanitarie terribili, nell'indifferenza generale. La maggior parte degli sfollati sono stati costretti a fuggire fuori dall'Italia, in Romania, Spagna, Francia, Grecia. Un'espulsione di massa contro cui, purtroppo, l'Unione europea non ha posto alcun freno, se non blande critiche.
I Rom che non hanno potuto riparare all'estero, vivono nascosti come topi, vittime di razzismo, intolleranza istituzionale e precarietà.
Riguardo ai Rom "storici", rifugiatisi in Italia decenni fa, in seguito alle tragedie umanitarie e alle persecuzioni nei Paesi della ex-Iugoslavia, le istituzioni hanno pianificato - come avveniva in Germania e nei Paesi sotto il giogo nazista - la dislocazione di tali comunità in veri e propri ghetti. Per giustificare tale programma etnico, autorità e media hanno condotto negli ultimi anni una campagna di propaganda antizigana, dipingendo le famiglie Rom di campi quali il Casilino 900 come bande di criminali, incapaci di integrarsi e dedite ad attività pericolose e inquinanti, come il recupero di rame da cavi (con produzione di fumi tossici). Nella realtà, tali attività estreme per la sopravvivenza, che avvengono in tutti i Paesi dove i Rom sono costretti ai margini della società, si sarebbero potute evitare con minimi piani di inserimento professionale dei capifamiglia o con la creazione di imprese e attività artigiane all'interno della comunità; attività che avrebbero consentito alle famiglie - come è avvenuto, per esempio, decenni fa, grazie a programmi governativi seri ed efficaci, in Ungheria - di lasciare il campo per abitare in case, come il resto della cittadinanza.
Negli ultimi quattro anni, il Comune di Roma ha investito nelle operazioni di pulizia etnica e di messa in sicurezza dei luoghi di rifugio oltre 45 milioni di euro. Denaro pubblico speso senza criterio, sull'onda dell'odio razziale: con un terzo di quella cifra, il Gruppo EveryOne o un'altra associazione con esperienza avrebbe dato una risposta positiva e definitiva alla necessità di integrazione e oggi avremmo un perfetto inserimento della comunità Rom nella capitale, con un ritorno in termini di civiltà e di immagine internazionale. Invece no. Roma ha scelto di digrignare i denti e cedere a quell'avversione che nasce dalla pancia e annebbia il pensiero nobile che distingue gli uomini di Diritti Umani e le società evolute. Così Roma, entro il 2010, se la società civile non riuscirà a fermarne la follia antizigana, rinchiuderà circa tremila persone di etnia Rom, fra cui più di mille bambini, all'interno di sei o sette campi-ghetto, localizzati presso alcuni campi attrezzati o abusivi già esistenti. Il progetto ha richiesto l'investimento di oltre 20 milioni di euro (anche qui, denaro pubblico che avrebbe potuto risolvere secondo criteri di civiltà la tragedia dell'esclusione dei Rom di Roma). Prima di essere internate nei nuovi insediamenti, le famiglie passeranno in "campi di transito" (così definiti dalle stesse autorità), fra cui, forse, il famigerato carcere romano per migranti (CIE) di Ponte Galeria, adeguato a questo progetto e già teatro di terribili violenze e soprusi ai danni delle categorie sociali più deboli. Naturalmente, per evitare le peggiori epidemie e la più dura riprovazione internazionale, vi sarà la disponibilità di acqua corrente ed elettricità, di un'assistenza medica di base e la possibilità di coltivare le tradizioni Rom. Qui di seguito, le caratteristiche dei nuovi insediamenti romani, secondo le informazioni già fornite dalle autorità:

- campi riservati esclusivamente a persone di etnia Rom, recintati e presidiati 24 ore su 24 da forze dell'ordine e guardie giurate;

- avranno diritto all´ammissione i Rom con permesso di soggiorno, italiani e comunitari con carta d´identità e tutti quelli in grado di dimostrare la permanenza in Italia da almeno dieci anni; gli altri saranno messi in mezzo alla strada senza alcuna assitenza umanitaria e indotti a lasciare il suolo italiano;

- presenza in tutta l'area di telecamere e pattugliamenti all'esterno, condotti da forze di polizia;

- istituzione di "comitati di controllo" formati da amministratori di condominio e cittadini italiani residenti nelle zone circostanti i campi;

- dotazione a ogni internato (ivi compresi i bambini) di tesserino corredato di fotografia e dati anagrafici, che dovrà sempre essere esibito all'ingresso (la fotosegnalazione è già iniziata, con la collaborazione di organizzazioni governative o filo-governative "umanitarie");

- obbligo di rispettare, oltre alle leggi della Repubblica italiane e alle disposizioni locali, una legge speciale - chiamata "patto di socialità" o "patto disciplinare interno" - riservata ai Rom, che sarà stabilita dalle autorità comunali in cooperazione con i comitati di controllo; così la definisce il prefetto Giuseppe Pecoraro, Commissario Speciale per i Rom: "Un regolamento di condomino dove ciascuna amministrazione potrà stabilire orari e doveri da rispettare";

- chi infrangerà le regole, subirà punizioni da definirsi: quasi sempre, l'espulsione, senza alternative di alloggio e assistenza, dal campo;

- nonostante le condizioni che ledono la dignità e i diritti fondamentali di questi esseri umani, le famiglie Rom aranno costrette a pagare le bollette della luce, del gas e dell'acqua; solo le famiglie più disagiate avranno tre mesi di tempo per provvedere al pagamento delle utenze, mentre negli altri casi l'espulsione dal campo sarà immediata (viene chiamata espulsione per "giusta causa"); inevitabile paragonare questo provvedimento all'obbligo che avevano gli ebrei deportati nei Lager di pagare il biglietto di viaggio all'interno dei treni-bestiame.

Il diritto a permanere nei campi-ghetto avrà una durata di due anni: "Perché l'assistenza non può diventare permanente" ha spiegato il Prefetto di Roma. Se attuata - e purtroppo il progetto è già in corso - questa "soluzione finale" costituirà la fine di qualsiasi speranza di integrazione, perché la famiglie, compresi i bambini, vivranno perennemente sotto il serrato controllo delle forze dell'ordine, con genitori "bollati" come "asociali". Le loro possibilità di trovare occupazioni dignitose saranno prossime allo zero, mentre la spada di damocle dei pagamenti delle bollette li costringerà a qualsiasi compromesso pur di racimolare il denaro necessario e non trovarsi, con bimbi, donne e malati, sulla strada. I bambini subiranno gravi discriminazioni per la loro condizione di marginalità dai coetanei a scuola, e non avranno possibilità di integrazione alcuna negli ambienti giovanili e post-scolastici.
Le famiglie vivranno in totale apartheid, secondo regole diverse da quelle - democratiche - cui sono soggetti gli altri cittadini, i quali rispondono davanti a una giustizia che non è più "uguale per tutti".
Il progetto dei campi-ghetto capovolge la realtà sociale dei Rom, che sono vittime di decenni di segregazione, razzismo, ingiustizie, violenze e avrebbero diritto a case e risarcimenti da parte dello Stato italiano, se vi fosse equità. Invece, Istituzioni non più democratiche, non più civili, li hanno trasformati in criminali, violando quanto sancito nella Costituzione italiana e nella Carta dei Diritti Fondamentali nell'Unione europea. Il Gruppo EveryOne e la rete antirazzista sollecitano con il presente documento la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e l'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani a protestare formalmente e urgentemente con il Governo italiano contro questo nuovo progetto di persecuzione del popolo Rom in Italia. Contemporaneamente, il Gruppo EveryOne provvede a sollecitare la Corte Penale Internazionale de L'Aja, che ha già accolto e protocollato una denuncia contro le Istituzioni italiane per "crimini contro l'umanità", proprio per le politiche condotte nei confronti dei campi Rom della capitale, ad accelerare il dibattimento e consentire a centinaia di esseri umani perseguitati di ottenere finalmente giustizia e di essere risarciti, almeno materialmente, dei tanti lutti e della lunga e dolorosa tragedia in cui sono calati da tanto tempo.


 Red    - 15-01-2010
Qui , per amore di completezza, un nuovo intervento di Maurizio Ambrosini in risposta ai commenti ricevuti.