L'Autonomia a denti stretti
Giualiana De Tata - 05-10-2002

A volte mi ritrovo stranamente ad immedesimarmi in una ragazzina qualunque, di tredici-quattordici anni, alle soglie della grande avventura ( o almeno io l’ho vissuta così ) che coincide con l’iscrizione alle superiori.
Sogni, speranze, tante speranze !:….
Buon per me, in tal caso, perché per tanti coetanei potrebbe trattarsi, al contrario, di indifferenza per un male ineliminabile, prescritto giocoforza da altri che si arrogano il diritto di fare scelte forti, vitali, al posto dei figli o degli allievi.
Oggi ,se fossi consapevole del segmento esistenziale che mi accingerei a percorrere, avrei il diritto di aspettarmi una scuola configurata sui parametri che la società conoscitiva ritiene giusto ed utile per un cittadino europeo degno di muoversi con disinvoltura tra i paesi di questa grande realtà economico-sociale che è l’U.E.
Lingue, informatica, economia sarebbero le discipline verso le quali concentrerei il maggior numero di aspettative, sotto la spinta della curiosità per il nuovo e per l’utile (almeno stando al trend informativo corrente) , ma mi aspetterei anche tanto dallo studio delle discipline ritenute tradizionali ( = quelle che forniscono i saperi intramontabili, necessari per interpretare i grandi misteri della vita, utili per il lavoro, per comunicare efficacemente con la società civile , per sentirsi parte attiva del tutto, in cui il lavoro è espressione di dignità, all’interno di un percorso valoriale che dura tutta la vita).
Vorrei studiare tutto, ma con allegria, divertendomi ( lo studio è un piacere se è praticato senza sforzo e con divertimento, in barba a tutti riferimenti storico –letterari al binomio studio-sacrificio) e mi piacerebbe farlo con il computer ( quante cose si imparano da internet………).
Forse sarebbe inutile aspettarsi metodologie moderne , applicate in aule-laboratorio,…sarebbe troppo sognare anche dei professori capaci di gestire una rete didattica, ma da giovane cittadina avrei tutto il diritto di sognare.
Ritengo sia giusto e doveroso, ogni tanto,o almeno quando la prassi operativa di noi insegnanti lo richiede, lasciarsi trascinare in rapido flash-back alle personali esperienze da discenti o giocare al role-play, immedesimandosi in un allievo dei tempi nostri, tutto jeans-pearcing-cellulare-cover griffata.
Non si tratta di …analizzare i bisogni dell’utenza, ma piuttosto di raccogliere i desideri, soddisfare i sogni, realizzare le richieste dei nostri ragazzi.
Il guaio è che a volte ci rifiutiamo caparbiamente di vedere ciò che è fin troppo evidente, perché equivale alla ratifica consapevole della nostra inadeguatezza alle nuove istanze ed il nostro rifiuto a crescere professionalmente attraverso una formazione seria ed accurata.
Il tutto si compendia e trova spazio di applicabilità al quotidiano scolastico nella stesura dei curricoli.
Perchè dovremmo farlo noi docenti?
Perché lo prevede e lo consente il DPR 275/98- Regolamento dell’Autonomia:

1. lasciando alle singole istituzioni scolastiche il compito di scegliere cosa fare della cosiddetta “quota locale”;
2. consentendo autonomia organizzativa in ordine ai tempi, agli spazi ed alle modalità di svolgimento e sviluppo dell’azione educativa;
3. sollecitando un’apertura verso l’extrascuola ,nella dimensione culturale, sociale, imprenditoriale, allo scopo di intessere collaborazioni, sinergie ,che, lungi dall’essere sinonimo di asservimento a chicchessia, diano ai contenuti scolastici una sterzata nel verso della spendibilità, dell’utilità pragmatica e dell’implementazione delle conoscenze;
4. implicitamente rassicurando tutte le componenti coinvolte nel quotidiano della formazione, che la scuola è per e degli alunni e non ,come a volte accade, palestra esibizionistica di autorità di inqualificabili personaggi ( dirigenti, docenti, personale ATA?) che meglio farebbero a parcheggiare le loro incompetenze altrove…….!


Come sempre, però, secondo la consolidata prassi che vede l’inganno seguire sempre l’avvenuta predisposizione della legge, ancora non si è data piena applicazione a quanto previsto dal suddetto Regolamento in ordine agli “standard nazionali dell’apprendimento” a cui i curricoli debbono ispirarsi, ed ovunque , nei vari ambiti del complesso disegno della Riforma, aleggia una certa fumosità sulle grandi scelte, quelle dei contenuti, che afferiscono : alle specificità degli indirizzi / alle epistemologie disciplinari / .
E per giunta i collegi dei docenti di moltissime scuole ( la geografia del problema è randomizzata) stentano a mettere in moto le loro potenzialità spesso assopite (sic !) in un sonnacchioso perbenismo che si esprime o con l’appovazione oziosa ed inconsapevole ( per tedio) delle proposte di qualche collega dai più ritenuto, a torto o a ragione, … arrivista o con un’opposizione feroce a qualunque proposta di innovazione, in nome di un conservatorismo che non trova plausibili giustificazioni se non in un’ottusa resistenza al nuovo, unica e sola minaccia allo status quo.
La via è senza uscita? Non mi pare proprio.
Tante coscienze sopite pare che lentamente stiano risvegliandosi:

- a causa od in concomitanza con organici ridotti all’osso ( e con la conseguente perdita di sede per tanti docenti titolari da anni);
- sotto la spinta dei troppi insuccessi scolastici fatti registrare dagli allievi ( colpa di chi o di cosa?);
- sollecitate dalle difficoltà di comunicazione quotidiana con i propri allievi, così poco inclini a seguire metodologie desuete, in classe,ben sapendo magari che la scuola di appartenenza dispone di laboratori attrezzati in grado di soddisfare le esigenze metodologiche multimediali più moderne;
- per emulazione con colleghi che già hanno sperimentato un nuovo modo di fare scuola.

Basta parlarne, con i colleghi, nelle riunioni di programmazione didattico-discilinare, nei consigli periodici,in tutte le sedi istituzionali, con competenza didattica, disciplinare, normativa, senza falsi timori e con la fermezza di chi responsabilmente si sente parte del tutto, dell’universo-scuola che rimane pur sempre il cardine della società di oggi e di domani.


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 Caelli Dario    - 05-10-2002
L'Autonomia è l'unica riforma che per ora è diventata prassi, ma con il rischio che molti si sono preparati ai nuovi cicli di Berlinguer - De Mauro, ma pochi o nessuno al cambio epocale della Scuola dell'Autonomia, Questo si traduce in ciò che si descive nell'articolo. Ma la soluzione c'è ed è a portata di mano di ogni singola scuola. Certo non è facile cambiare prospettiva. Si deve passare dalla mentalità del Fondo d'Istituto o incentivante alla mentalità della programazione dell'Offerta Formativa, si deve uscire dall'equivoco della programazione individuale per iniziare a lavorare in team, creando sinergie. E noi insegnanti facciamo fatica. Le riunioni di lavoro sono abbastanza deludenti, ma nessuno ci aiuta. Nelle grandi aziende, dove il lavoro in team è essenziale, si sono spesi milioni di euro per formare una capacità di lavorare insieme e si sono create figure di facilitatori della comunicazione e dei rapporti interpersonali. Nella scuola tutto ruota ancora attorno al Dirigente scolastico che ha sulle spalle tutte le decisioni significative. Tante volte il dirigente non è preparato a fare da facilitatore o a divenire un leader nella scuola. Questo per ragioni personali, di storia del suo impegno nella scuola, di vicende che lo legano a sindacati o ad organizzazioni extrascolastiche (politica e altro). L'autonomia rischia di affondare tra piccole beghe tra colleghi, tra rivalità personali e inefficienze non sanabili. La soluzione sarebbe di investire molti soldini nella formazione dei docenti, ma non con i corsetti bellini, ma inutili a tal fine che le scuole pongono in atto, quanto invece co corsi ben srutturati, ben pensati a livello centrale e resi obbligatori per far entrare la mentalità della scuola dell'Autonomia. Poi da lì senza grossi problemi si troveranno le soluzioni per dare ai ragazzi quanto è giusto e da loro desiderato o sognato.

 massimo mancini    - 05-10-2002
tutto vero e tutto molto romantico...la verita`e` che come al solito, le riforme sono a meta`, in particolare, al di la` del regolamento, nessuno dei meccanismi amministrativi necessari al funzionamento della flessibilita` organizzativa e didattica e` stato messo in atto: non l'organico funzionale, non la modifica ai modi di formazione degli organici (che sono i soliti), non la soppressione di norme in aperto contrasto con la nuova normativa (es. cm 243/1979 sulle riduzioni dell'ora di lezione), non l'idea di fondo della "sincronia" dell'azione scolastica (tutti fanno tutto contemporaneamente). In buona sostanza a fronte di una normativa che pretende di regolare l'rregolabile (di qui il proverbio fatta la legge trovato l'inganno), cioe` dalla "rigidita` flessibile" siamo stati capaci di passare alla "flessibilita` rigida", un vero capolavoro!