Strettamente personale
Non appaia, a chi mi conosce, a chi ha letto con infinita pazienza del mio scribacchiare, a chi conosce quindi il mio pensare, non appaia provocatorio se non irriverente il titolo scelto per il post. Io, semplicemente, non difendo il crocifisso. Anche se alla sua " ombra " inquietante ho trascorso e trascorro la mia vita. Come tutti o i tanti di questo paese, sono stato cooptato, ancora in fasce, in una confessione religiosa. Una delle tante. Depositaria di una sua verità. E niente altro. Cooptato senza saperlo. Senza volerlo. Confessione religiosa che, con il trascorrere dei miei anni, mi è divenuta sempre più estranea, una camicia di forza della quale non è semplice liberarsi. La sua azione costrittiva continua infatti nelle occasioni del vissuto sociale; dover fare i conti con un'appartenenza che non mi appartiene più e da un pezzo. Ho fatto mio da tempo un pensiero, di quelli pesanti, ritrovato nel corso della lettura del volume " La vita eterna " - edito da Laterza ( 2007 ) - di Fernando Savater. Scrive l'illustre Autore alla pagina 170 del Suo splendido lavoro: " ( ... ) L'esistenza di Dio è tanto desiderabile che difficilmente può essere vera... Sarebbe troppo bello! ( ... )"
Sono a questo punto per le questioni importanti della mia vita. Questioni che non eludo. Questioni che continuano a turbarmi. Continuo la mia ricerca. E se l'ipotesi probabilistica della esistenza di un dio non mi interessa più di tanto, così come non mi interessa impegnarmi nel confutare l'ipotesi stessa, ben altra cosa mi accade per quanto riguarda quell'uomo, se realmente esistito, a nome Gesù figlio di Giuseppe. Quell'uomo ha del fascino e come tale mi sono tante volte accostato a conoscerne la storia e la vita. Storia e vita sulle quali incombe un mio personale dubbio: sarà realmente esistito? E' certo però che della sua (im)probabile esistenza me ne sono fatto carico, non per altro per le parole alte sue che ci sono state trasmesse nei secoli. Trasmesse da altri. E sulle parole sue e sui suoi insegnamenti al bene nulla da obiettare. Ben diverso diviene il mio atteggiamento allorquando mi sfiorano affermazioni teologali o confessionali che inducano a credere ad una divinità insita in quell'uomo. Se quell'uomo avesse avuto veramente una sua divinità avrebbe dovuto, avendo sconfitto la morte, caso unico ed irripetuto, avrebbe dovuto dopo la sua resurrezione, nel corso dei secoli, intraprendere una sua personale azione di giustizia contro coloro che hanno abusato del nome suo e del suo improbabile sembiante. Avrebbe dovuto menare per aria quel legno, sul quale ci raccontano siano finiti i suoi giorni, menarlo a mo' di clava possente, per colpire gli sfruttatori degli inermi e degli indifesi, come furono i colonizzatori cosiddetti cristiani del nuovo mondo; e frantumare quel legno sulle schiene dei condottieri cosiddetti cristiani che guidarono orde selvagge ed avide di sangue e ricchezze a seminare morte e rovine nel corso delle cosiddette crociate; e bastonare con quel legno duro tutti quegli uomini fattisi giudici supponenti ed arroganti di altri uomini, giudici crudeli che condannarono in nome suo, nel corso dei secoli, inermi esseri umani alla estinzione sui roghi in nome di una confessione che ha avuto in così sommo dispregio la vita umana in quanto tale. Ed uguale trattamento col duro legno della sua croce meriterebbero quei suoi seguaci che oggigiorno delinquono nel loro quotidiano dimenandosi in forza dell'avidità del possesso e del denaro. Ed ancora, una bastonatura con quel legno antico sarebbe necessaria per tutti quei suoi seguaci che, sempre col nome suo in bocca, infangano i suoi insegnamenti nel campo della morale pubblica, della famiglia, e nello sfruttamento di altri esseri umani per le loro lascive tendenze. Bastonarli con quel legno del Golgota; questa giustizia, una divinità fattasi uomo, avrebbe dovuto rendere reale. Nella sua divinità avrebbe dovuto divellere dalle tante pareti dei tanti edifici sparsi per questo orrendo mondo quella sua tragica rappresentazione, artificiosamente creata, e che di certo non corrisponde alle sue fattezze umane, qualora il Gesù figlio di Giuseppe fosse realmente esistito, morto e tornato in vita a dispetto di tutte le leggi della natura. Come ha potuto restare indifferente ai fumi densi risalenti nei cieli della vecchia Europa dai campi di sterminio nazisti? In quei fumi milioni di anime innocenti si sono involate verso l'alto dei cieli. Saranno state accolte dal dio dei cristiani? O scacciate e menate per i sentieri della dannazione eterna non avendo fatto parte di una confessione particolare, la confessione della chiesa di Roma? Ho conosciuto anche un Gesù letterario attraverso l'opera del premio Nobel Josè Saramago. E' il Gesù figlio di Giuseppe rinvenuto nel libro del grande Autore " Il Vangelo secondo Gesù ". Orbene, è a quel Gesù che sono rimasto ancorato, aggrappato come ad una solida roccia, un essere terreno che soffre e che ama, anche carnalmente, la sua Maria di Magdala. A quel Gesù ed ai suoi insegnamenti, se ci sono stati, dovremmo fare riferimento. E pensarlo all'uomo che è stato. Di seguito trascrivo, in parte, un " pezzo " a firma di Pippo Delbono, pezzo di recente pubblicato sul quotidiano l'Unità. Il pezzo ha per titolo " Il crocifisso, il suo potere unisce destra e sinistra ". E la cosa preoccupa, in verità, assai.
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( ... ) ... non toglieteci il crocifisso . Quell'oggetto che ci ricorda il peso di quella colpa che ci portiamo dietro dal tempo in cui siamo nati. La colpa di aver peccato, di aver tradito Dio, la famiglia, la sessualità del vero maschio, l'esserci lasciati traviare dai desideri più animali. Quel crocifisso sotto il quale se ti penti potrai continuare anche a ripeccare e a ripentirti, e a ripeccare e ripentirti dieci, cento, mille volte. Abbiamo visto i corruttori, gli assassini dello stato, uccidere persone nei campi di detenzione per stranieri, nelle prigioni, nei manicomi, sotto quelle tristi croci. Abbiamo visto i più grandi capi della camorra, della mafia, colpevoli di crimini atroci, nei loro covi con i crocifissi al collo. «Dio, non permetterò che tu muoia dentro di me», diceva Etty Hillesum, un'ebrea morta nel campo di concentramento di Auschwitz, poco prima di entrare nella camera a gas. Tra le ultime parole dette dal Cristo appeso a quella croce ci sono, se non ricordo male, queste: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato». Quell'accanimento fanatico a conservare quell'oggetto simbolo, sembra dettato piuttosto dalla paura di perdere un potere, un dominio (che obbliga la gente a tenere la testa bassa sotto quella croce), che da un vero desiderio di spiritualità e fede. Non sarebbe forse meglio, al posto dei crocifissi scrivere sui muri, citando altre parole del Cristo, «Ama il prossimo tuo come te stesso»? ( ... ) "