La scuola e l'unità d'Italia
Giulio Cesare Viva - 08-10-2009
Da due giorni avevo lasciato Bologna, mia sede di servizio, ed ero a Roma per partecipare ad un corso di aggiornamento che una associazione professionale, col supporto di blasonati docenti di università, di esperti di docimologia, di scienze pedagogiche, di diritto amministrativo o altro organizzava, di concerto con l'allora Ministero della P.I., per presidi di recente immissione in ruolo.

Sin dalle prime battute il corso si era rivelato utile e necessario; la partecipazione a gruppi di lavoro rafforzava le professionalità e lo scambio di esperienze e di opinioni tra colleghi provenienti da tutta l'Italia creava eccezionali condizioni per meglio conoscere le realtà della scuola italiana e per instaurare rapporti più amichevoli e meno formali tra tutti i convegnisti. Una sera , quando un improvviso diluvio ci teneva tutti forzatamente raccolti nella hall dell'albergo, una simpatica ed attempata collega romana, in servizio in quel di Milano, ci convinse a trattare argomenti meno seri, a fare "pettegolezzi" (diceva proprio così) sul corso, sulla scuola in genere e su noi stessi. Qualche momento di incertezza per l'estemporanea ed insolita proposta alla quale però, tutti, corsisti e docenti compresi, aderimmo con ritrovato spirito goliardico.

Nel gioco si distinse subito Francesco, un preside campano, il quale, trovando una valida spalla in due altri colleghi provenienti da altre regioni dell'Italia centrale e meridionale e mandati come lui a dirigere minuscole scuole medie in sperduti paesi sulle montagne venete e del trentino, iniziò a raccontarci, con simpatico umorismo di tanto in tanto arricchito da comiche imitazioni, un sacco di storielle verificatesi nei primissimi due mesi di permanenza nella sede del suo attuale servizio. Mi sovviene, al momento, quanto riferiva a proposito delle difficoltà di trovare in paese un idoneo alloggio senza l'avallo del segretario della scuola, dei goffi tentativi di sciare nel corso di una settimana bianca, dei grandi boccali di birra tracannati per sentirsi alla pari della gente del posto ma soprattutto provava gusto nel riferire sulla maniacale predisposizione per l'ordine e la pulizia dei paesi. Tenne banco per qualche ora come un esperto giullare d'altri tempi tra gli applausi ed i divertiti commenti di noi tutti che lo ascoltavamo.

I colleghi veneti non furono da meno ed ironizzavano sui "maccaroni" come sulle tagliatelle emiliane, sui meridionali chiassosi, sulla gelosia dei siciliani, sugli scugnizzi, sui dialetti del sud, sulle ferrovie senza orari, sui vagoni sempre sporchi e con i gabinetti senza acqua, sulla gente inoperosa e ferma all'ombra dei palazzi, sulle mafie e su altri luoghi comuni. Ciascuno scherzava sulla vita e sulle abitudini degli altri ma nel contempo portava la sua esperienza di vita, di saperi, di studi ed apprendeva, a volte con comprensivo stupore, quella degli altri.

Eravamo nell'anno 1985 e "facevamo pettegolezzi" sulle differenze regionali ritenendole, però, parti costituenti della variegata realtà italiana ma essenziali come i colori per rendere più bello un prato fiorito in primavera. SICURAMENTE ERAVAMO TUTTI CONVINTI CHE LA NAZIONE ITALIA C'ERA E C'ERANO PURE GLI ITALIANI e noi, giovani presidi - non ancora dirigenti - sentivamo come nostro dovere e compito quello di conoscere gli altri e farci riconoscere dagli altri, per realizzare ancora di più l'unità di quell'Italia "che l'Appenin in parte, il mar circonda e l'Alpe" per farla diventare "una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue, di cor".


Quel periodo, per tutti noi giovani presidi, fu pieno di esperienze, ricco di formazione umana, professionale e nazionale. Rafforzò il nostro convincimento per una scuola impegnata nel processo di integrazione e unità nazionale avviato, in tempi non sospetti, dalla legge Casati e portato avanti con passione, sia sul piano teoretico che pratico, da molti studiosi e operatori dei problemi della gioventù. Processo culminato con l'innalzamento dell'età soggetta ad obbligo scolastico, con l'istituzione della scuola media unica, col riconoscimento a tutto campo dei valori della persona umana, con l'individualizzazione dell'insegnamento, con l'integrazione dei diversamente abili, con l'eliminazione delle classi differenziali, con il libero accesso agli sudi universitari e con tanti altri provvedimenti per garantire a tutti pari opportunità di studio e di elevazione sociale. Questi obbiettivi dovevano essere il punto di arrivo di tutta la scuola Italiana ed Europea (sì, anche europea) ed ora che l'unità europea si avvia a diventare più completa e politicamente più valida, ecco che qualcuno si ingegna nel rimettere in campo, a partire dalla scuola pubblica, pericolosi distinguo tra europei ed extra europei, tra purosangue e meticci, tra bianchi e neri, tra cristiani e maomettani, tra padani e napoletani , tra ricchi e poveri e via dicendo.

Un rigurgito di individualismo sfrenato e di rivendicazioni regionalistiche frastorna ed irrita, da qualche mese, soprattutto gli ITALIANI delle regioni meridionali che non condividono le motivazioni dei PADANI i quali, per inseguire egoistici sogni di regionali autonomie, aspirano a tirarsi fuori dalla NAZIONE ITALIA. Certa stampa e certa TV assecondano questo progetto e fanno intendere che le autonomie regionali siano un vantaggio per tutti. Il MERIDIONE è preoccupato circa le vere intenzioni e ed alle condizioni di terra coloniale, di riserva di mano d'opera a basso prezzo, di carro al traino del Nord non intende ritornare ed osserva che quando le cose andavano bene il Nord era paladino del libero commercio e blaterava contro i governi che assistevano il Sud; ora che la situazione è diventata critica lo stesso Nord, o almeno parte di esso, si è convertita allo statalismo puro e semplice ed ha chiesto e preteso dalle casse dello Stato, aiuti e assistenza finanziaria. Per chi realmente muore di fame ha ritenuto bastevoli misere sovvenzioni per l'acquisto di generi di prima necessità finalizzati al semplice mantenimento in vita. Incentivi su incentivi ha promesso ad altri per l'acquisto di quei beni di consumo che altrimenti rimarrebbero nei depositi degli stabilimenti delle industrie produttrici. Si tratta di tenere in vita l'asino per continuare a trarne i soliti vantaggi che verrebbero meno se il povero animale dovesse morire.

Ma a questa distruzione dell' UNITA' DELL'ITALIA attraverso discutibili provvedimenti economici si attenta anche con una più sottile ed iniqua politica sociale che tende svuotare dalle intelligenze migliori il Meridione o a mettere in cattiva luce gli aspetti salienti. La denigrazione di tanti enti pubblici, le accuse di inefficienza delle scuole, delle università, degli ospedali, dei ritardi nella realizzazione di infrastrutture essenziali , di soggezione a vecchi e stereotipati sistemi delinquenziali (tralasciando i nuovi sistemi mafiosi dell'Italia ricca e opulenta) sono le musiche preferite dalle fanfare di certi mass media. Si comincia con l'esaltare il sole ed mare (che nessuno ci può togliere) e ad usarli a sproposito, tirando fuori poi il rispetto dell'ambiente, ogni qual volta si presenta un progetto o un'idea che possa portare ricchezza e lavoro; ad un tratto scoprono che tutte le università di eccellenza sono nel nord e quelle scadenti nel sud. E così dicasi per gli ospedali e la sanità in genere; per gli istituti scolastici che danno saperi validi nel nord e non nel sud dove si va alla ricerca di attestazioni positive falsificando le prove dell'INVALSI; per le nostre università scadenti e che non danno saperi validi ed attuali; per le ferrovie lasciate al palo perché ritenute poco redditizie e con poco traffico e per i servizi aeroportuali meridionali incapaci raccordarsi adeguatamente con i paesi al di là di Leuca o della Sicilia. Eppure al momento dell'unità d'Italia il Meridione non aveva nulla da invidiare al Nord 148 anni fa. Come si è creato questo divario lo abbiamo capito ma ora è tempo di ridurlo non di aumentarlo. Ai politici l'onere di compiere le iniziative ad hoc ed ai cittadini la valutazione delle stesse al momento del voto. Speriamo che si torni a FARE L'ITALIA E GLI ITALIANI per sempre e definitivamente


Giulioviva@msn.com

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Anna Falcone    - 12-10-2009
Ho letto i ricordi degli anni lontani e mi sono stupita, perché allora il mondo sognavo di cambiarlo e oggi, chi l'avrebbe mai detto, a quel mondo ci vorrei tornare. E' un articolo bello e ho solo una critica: non tutti i settentrionali sono d'accordo con Bossi e Maroni.

 Franco De Stefano    - 12-10-2009
Viva Giulio Cesare! Evviva!!!