Nel pollaio
Claudia Fanti - 21-04-2009
...E vorrei invece parlare di scuola.
Sì, perché in realtà non se ne sa nulla.
Va benissimo denunciare ad alta voce cosa non funziona nel sistema azienda scuola, tuttavia è appunto questa la questione, la solita, la scuola non è un'azienda.
Le persone sono la scuola.
Supponiamo di riunirci tutti, insegnanti e bambini, in un pollaio fra le cacche dei volatili, cosa succederebbe?
Ecco, ci sarebbero quelli che gridano "che schifo!" e sarebbe comprensibile; ci sarebbero quelli pronti a distribuire mascherine anti batteri, e andrebbe bene...ok anche per le mascherine; ci sarebbero gli indignati che resterebbero silenziosi e urlerebbero che lì non si può lavorare...e chi non li comprenderebbe?

Ma le persone grandi e piccole, emarginate da chi le ha recluse nel pollaio, grazie al cielo resterebbero persone con capacità, competenze, conoscenze pregresse, pensiero divergente, fantasia, logica, amore per la vita sia quando diviene dura sia quando dona la gioia della condivisione.

Potenza delle persone!
L'importante sarebbe conservare la testa e il cuore, il linguaggio. Anzi, la volontà di costruire il linguaggio in tutte le sue forme ed espressioni.

L'importante sarebbe fare squadra, riflettere sulle situazioni, armarsi di ramazza concreta e spirituale insieme.

A politici, giornalisti, opinionisti sfugge la realtà, sfugge la verità della lentezza della costruzione del sapere, sfuggono la partenza, le stazioni e l'arrivo dell'impresa della costruzione del pensiero e dei linguaggi che servono ad esprimerlo e a farlo volare. Ad essi, poveri delle loro esperienze di esterni al pollaio delle cacche, sfuggono le persone che convivono all'interno e si uniscono nel sublime tentativo di detergere l'ambiente dalle cacche, di far volare le strategie fino al punto di inventare altri mondi possibili.

Nel pollaio nascono le prime metafore, le problematizzazioni, le scoperte, le sconfitte e le riprese...
Il vecchio pollaio degli anni '50 è sempre quello, ma le persone e la cultura e le modalità delle relazoni fra gli attori sono totalmente cambiate.

Nel pollaio di un tempo si prendeva la ramazza per ordine di qualcuno. Non tutti accettavano di ramazzare: chi non lo faceva, veniva messo all'indice oppure lo faceva svogliatamente, nascondendo le cacche in un angolo.
Ora lo si fa per condivisione del problema, lo si fa in modo organizzato dopo aver discusso, pensato ai modi più economici per farlo. Si ragiona. E' più lunga la strada, tuttavia è quella che consente l'interiorizzazione non soltanto a pochi.

E più adulti sostengono gli alunni nel lavoro quotidiano di ripulitura, maggiore è la possibilità di fare sistema culturale, di vedere la realtà nelle sue sfaccettature.

Nel pollaio, molecola di una società malata di strane malattie, quali l'efficienza ora e subito, anche quella di un bel corpo atletico, il merito, il risultato, la giustizia, la pulizia, l'ordine, i ruoli, le competenze, ecc...succedono cose straordinarie di cui nessuno fuori è consapevole, si fanno i miracoli più grandi: si insegna a diventare liberi, a pensare e a esprimersi autonomamente nel confronto delle responsabilità, nel rapporto delle idee con altre idee, si usa il corpo in modi impensati, si drammatizza l'esistente...

Nessuno fuori sa come un bambino impara a scrivere qualcosa di sensato dopo aver ragionato per giorni con le sue maestre, nessuno lo vuole neppure sapere...si preferisce parlare di maestro unico, di risparmi, di storture organizzative, di modelli oraio, di carta igienica e di muri che crollano...ok, tutto fa pollaio, ma cosa c'entra con le idee, con il sapere che comunque si crea nonostante il pollaio e le sue cacche in cui la scuola delle idee resiste.

Vorrei che di muri e di cose si parlasse senza nominare la parola scuola, perchè scuola è il sapere che vive e si rapporta con la vita dura, perfino terremotata, dolce, malata, santa e meno santa...

Scuola è contenuto, è studio, è etica del fare ma anche del pensare.
Scuola è persone adulte che si pongono a braccia aperte e mente immensamente libera nella situazione di un incontro irripetibile con bambine e bambini che si offrono luminosi tra le cacche del pollaio, al di qua e al di là di cornici più o meno lussuose.

Care persone che guardate alla "scuola-istituzione delle cose" per fare economia, non parlate di scuola, perché essa appartiene a chi la fa e produce pensiero, voi limitatevi a fare dei muri, a renderla meno pollaio, a non sottrarle risorse orario e personale, così avrete il bene più grande, quello della speranza che avete lasciato in fondo al vaso di Pandora...Mai una volta siete stati in grado di vedere il bello che c'è, mai una volta avete evitato di mortificare la scuola delle idee, mai una volta l'avete sostenuta senza aggredirla, svilirla con parole e opere...

Comunque sia noi faremo cultura nonostante voi, nonostante le cacche del nostro pollaio in cui veniamo emarginati ogni giorno di più dalle regole del risparmio.


20 aprile 2009
Claudia Fanti



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 Pier Luigi Lunerti    - 25-04-2009
Cara Maestra Claudia
leggendo il suo articolo mi venuto in mente, non so perché, il maestro Alberto Manzi, pensi solo che se io in seguito, sono diventato architetto e poi insegnante forse lo devo a lui. Da bimbo seguendo con mia nonna le sue trasmissioni di “Non è mai troppo tardi” rimasi semplicemente affascinato dal modo in cui disegnava. Nel 1981, il maestro si rifiutò di scrivere le valutazioni dei ragazzi perché diceva «non posso bollare un ragazzo con un giudizio perché il ragazzo cambia è in movimento, se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest'anno l'abbiamo bollato per i prossimi anni». La sua "disobbedienza" fu sanzionata con la sospensione dall'insegnamento e dalla paga. L'anno successivo il Ministero della Pubblica Istruzione tornò a far pressione sull'insegnante cercando di convincerlo a scrivere le valutazioni tanto attese. Manzi fece intendere di non avere cambiato opinione ma si mostrò disponibile nel redigere una valutazione riepilogativa comune per tutti i ragazzi tramite un timbro; il giudizio era: "fa quel che può, quel che non può non fa". Il Ministero della Pubblica Istruzione si mostrò subito contrario alla valutazione timbrata. Manzi rispose:«Non c'è problema posso scriverlo anche a penna». Nei nostri sporchi, insicuri ma sempre cari pollai un Alberto Manzi oggi sarebbe molto utile.
Un caro saluto


 Serena Sansovini    - 26-04-2009
Carissima maestra Claudia,
credo che non solo le piccole alunne e i piccoli alunni, ma anche gli adulti abbiano bisogno di tempi più lunghi, più distesi, per poter comprendere.
Gli adulti non si ascoltano più, hanno smarrito le esigenze del genere umano e danno ormai per scontato che l'efficienza sia la sola molla che conduca ad un qualche merito e ad un risultato positivo e che il merito "riconosciuto dalla moltitudine" consenta poi di accettare il proprio ruolo nella società.
Ma chi l'ha detto che io valgo in funzione di quello che ho ottenuto? E se chi ha tanto da dare non ha la possibilità prima di ogni altra cosa di comprendere il proprio valore e di investire sulle proprie capacità? Che perdita per tutti ...che spreco!!
Maestri come voi stanno salvando tanti piccoli cervelli e anime e gli stanno insegnando l'impegno e la speranza necessari per scrivere il futuro, credere nei sogni e sentirsi realizzati.
State fornendo un paracadute al “sapere” facendo in modo che ci sia sempre qualcuno che se ne prenda seriamente cura e lo valorizzi.
Nel clima attuale è un forte segnale di sana ostinazione che mi fa ben sperare, non si può rinunciare!!
Un abbraccio