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Domani l'Italia in piazza per la Costituzione
Doriana Goracci - 11-02-2009
Si svolgerà domani, 12 febbraio, alle 18 la manifestazione in difesa della Costituzione e contro gli attacchi del governo al Presidente della Repubblica promossa dal Partito Democratico. Attacchi che proseguono anche nelle ultime ore da parte degli esponenti del centrodestra.

La strategia portata avanti in questi giorni dal governo ha avuto il suo apice lunedì pochi minuti dopo la morte di Eluana: declinare ogni responsabilità, addossarla all'opposizione, ma soprattutto al Presidente della Repubblica, Napolitano, attaccato per non aver firmato il decreto con cui il premier Silvio Berlusconi voleva "salvare Eluana".

La linea è quella tenuta dal governo e dal premier sin dall'inizio, dal giorno in cui è stato deciso di "fare in fretta", rompere ogni regola istituzionale, calpestare il parlamento e la Costituzione. E andare comunque avanti per salvare la faccia. Berlusconi aveva capito che «non c'era più tempo» e per questo ha invitato i suoi a fare presto. Tutto inutile. «Però - ha spiegato dopo la notizia della morte di Eluana - io ho fatto tutto il possibile e non è colpa mia se ha vinto la cultura della morte e non la cultura della vita». Ecco lo slogan.

Ancora una volta però alle provocazioni la risposta di Napolitano è stata secca: «Dinanzi all'epilogo di una lunga tragica vicenda, il silenzio che un naturale rispetto umano esige da tutti può lasciare spazio solo a un sentimento di profonda partecipazione al dolore dei familiari e di quanti sono stati vicini alla povera Eluana».

A stigmatizzare il comportamento della maggioranza c'è anche l'opposizione. C'è stata una strumentalizzazione «cinica, selvaggia, spregiudicata», afferma il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro e risponde con un «penso di sì» a chi le chiede se questa vicenda avrà strascichi istituzionali, perché spiega «hanno parlato di assassinio». Quanto alle parole del capogruppo Pdl in Senato, Maurizio Gasparri, che ha detto «peseranno le firme messe e non messe», ha replicato «è un chiaro riferimento. È un attacco inaudito».

E' così il Pd rinnova con forza l'invito alla manifestazione di domani, in piazza Santi Apostoli a Roma, che vedrà come unico oratore il presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. E intanto stanno per toccare quota 20mila i messaggi e le firme all'appello de l'Unità «Siamo con il Presidente della Repubblica» (FIRMA ANCHE TU) a cui hanno dato adesione tantissime personalità del mondo della politica e della cultura: da Furio Colombo a Umberto Eco, da Rita Levi Montalcini a Pietro Ingrao, da Umberto Veronesi a Roberto Benigni, da Andrea Camilleri a Carlo Lucarelli. Poi Dario Fo e Franca Rame, Margherita Hack e Gino Strada, fino ad esponenti cattolici come Don Tonino Dell'Olio, Coordinatore nazionale Pax Christi (LEGGI TUTTE LE FIRME).

Molte le adesioni già annunciate all'iniziativa di domani. Tra queste, numerosi governatori di Regione e sindaci: Vasco Errani, Mercedes Bresso, Claudio Burlando, Claudio Martini, Maria Rita Lorenzetti, Piero Marrazzo, Leonardo Domenici, Massimo Cacciari, Sergio Chiamparino, Sergio Cofferati, Graziano Delrio, Michele Emiliano, Salvatore Perugini, Vito Santarsiero, Marta Vincenzi, Beatrice Draghetti, Fabio Melilli, Filippo Penati, Sergio Reolon, Antonio Saitta, Nicola Zingaretti.

«E' il momento del rispetto, non del silenzio». Con questa frase la Consulta di Bioetica è scesa in piazza ieri a Roma, Milano, Torino, Pisa, Bologna e Verona. «Fiduciosi che la vicenda di Eluana si potesse finalmente concludere come lei stessa avrebbe voluto, non siamo intervenuti prima per ottemperare alle richieste di silenzio della famiglia Englaro. Ora che lo Stato di diritto è sottoposto a duri attacchi dai fanatici della sacralità della vita, vogliamo far sentire la voce di chi ritiene che l'autonomia delle persone è inviolabile, così come lo è la laicità dello Stato. E vogliamo essere vicini a Beppino Englaro che, per il suo impegno, consideriamo meritevole dei più alti riconoscimenti civili, rappresentando un modello da additare al Paese» hanno detto gli organizzatori dei sit-in

11 febbraio 2009

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