Remo Cacitti, docente di Storia del cristianesimo antico e di Letteratura cristiana antica alla Statale di Milano, scrive
che l'"insegnamento della religione cattolica" viene dimesso dallo Stato e appaltato alla Chiesa cattolica romana in tutte le scuole di ogni ordine e grado, a eccezione dell'università. Spetta infatti ad ogni singolo ordinario diocesano la formulazione dei programmi, il reclutamento e, addirittura, la vigilanza sulla condotta privata di questi ultimi, per cui, se essa viene ritenuta incompatibile con la morale cattolica, il docente può venire rimosso. Al di là degli aspetti giuridici della situazione (...), l'insegnamento della religione cattolica si configura come l'estensione in ambito scolastico della catechesi di quella Chiesa, garantita al pari di ogni altra forma di fede religiosa, dall'art. 19 della Costituzione stessa.
Qui sta il punto: ovviamente, se nessuno contesta questo diritto costituzionale, ciò che appare del tutto indebito è che la catechesi confessionale si sostituisca all'insegnamento pubblico, poiché la prima deve conformarsi a un sistema teologico (il dogma) l'altro è, come sancito nella Carta fondamentale, assolutamente libero. Che non si tratti di sottigliezze lessicali, possiamo constatarlo con un esempio: di fronte alle attestazioni evangeliche secondo cui Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle (Mc 6,3, Mt 12,46, Gv 7,3, At 1,14). Il docente di religione può, in buona e formata coscienza, farsi persuaso che si tratti di veri e propri fratelli e sorelle, ma non potrà insegnarlo, pena la revoca dell'incarico per difformità dalla dottrina ufficiale della Chiesa. Nell'attuale ordinamento, lo studente è libero di avvalersi o no dell'insegnamento della religione; per chi non se ne avvale, tuttavia, non è previsto alcun altro tipo di libero insegnamento di storia religiosa, a meno che, volontaristicamente, qualche professore non si industri a impartirlo (...).
Traggo il passo dall'intervista di Augias a Cacitti,
Inchiesta sul Cristianesimo. Come si costruisce una religione che costituisce una coppia di estremo interesse con il libro gemello di Augias e Mauro Pesce
Inchiesta su Gesù. La pubblicazione di questi due volumi, sorretta dall'intelligenza e dal fiuto di Corrado Augias, rappresenta a mio avviso un evento editoriale di grande rilevanza, che contribuisce su questi temi ad una diffusione democratica della conoscenza e più specificamente di una cultura religiosa razionalmente e scientificamente fondata sostenuta sull'idea che la religione debba essere oggetto di una ricerca che non ha come presupposto una professione di sede. In Italia questo tipo di conoscenza è rimasta una cultura di nicchia, mentre si tratta di un filone culturale ampiamente praticato e ricco di risultati conoscitivi almeno sin dal Settecento soprattutto in ambito protestante, pesantemente osteggiato dalla Chiesa di Roma (si ricordi la lotta contro il Modernismo).
Confesso di essere uno di quelli che, in base ad una passabile conoscenza "generalista" in tema di religione, nel suo insegnamento scolastico ha cercato di inserire argomenti di filosofia, pedagogia, psicologia, sociologia, storia religiosa, ecc.
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Individuo altresì in questo momento in Italia l'avvio di una fase storico-culturale di attenzione (in forme adeguate come in forme inadeguatissime) alla religione "
accompagnatasi ad una produzione editoriale massiccia con grande successo di pubblico (si pensi al Codice da Vinci), tra l'altro includente fortunati volumi scritti dal papa Ratzinger da solo od in coppia con altri (Marcello Pera in primis), o, di segno opposto, la ricca documentazione ed il dibattito sulla religione apparsi nella rivista "Micromega".
Ho poco più che alluso ad una serie di problematiche che hanno trovato un momento clou nel discorso del cardinale Ratzinger davanti alla salma di Giovanni Paolo II, quando sostenne che si va
costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Credo chiaro che il tema del relativismo, che non va necessariamente letto come bolsa espressione delle voglie dell'io, da questo momento storico nel nostro Paese è diventato il tema all'ordine del giorno della filosofia filosofata, che trova una
materializzazione significativa sia in libri seriosi che in pamphlets irridenti, come quello di Odifreddi.
L'ineluttabilità del relativismo - o, meglio, del pensiero relativo - non è una novità: quel che vi è di nuovo oggi mi pare il suo essere nell'occhio del ciclone; molti assumono in qualche modo il relativismo come proprio e molti lo contestano (a mio avviso senza troppi argomenti probanti) .
Due osservazioni:
1. Si tratta di tematiche che segnano una novità culturale ed antropologica di grande rilevanza ed attualità. Spiace riscontrare la timidezza con cui docenti "laici", forse con qualche neurone un po' irrigidito dalle vecchie stereotipie mentali, evitano di affrontare tematiche di questo tipo (non so poi cosa dicano a scuola di queste cose, se qualcosa dicono: meglio lasciar fare a quelli di religione).
2. Le interviste di Pesce e Cacitti ad Augias costituiscono un esempio di come grazie ad una divulgazione di alto livello, ma di grande comprensibilità, la conoscenza non confessionale dei fenomeni religiosi potrebbe progredire uscendo dalla nicchia di pochi addetti ai lavori per diventare patrimonio culturale delle persone mediamente colte. E come possa penetrare nella scuola con grande crescita del suo interno pluralismo.
toteach@libero.it - 01-02-2009
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Il problema è che non c'è confronto, nè dibattito.... tutto viene imposto a persone di età e di cultura diversa, senza pensare ad altro che a proselitismo.... l'irrigidimento dipende da coloro che credono che gli altri non sanno e non sapranno mai capire! condividere è diverso dal capire... nessuno è in possesso della verità, perchè la verità non è ancora oggettiva |