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Gaza, soluzione finale
Information Guerrilla - 31-12-2008
Cadaveri distesi per terra a mucchi, corpi dilaniati, volti esangui, le preghiere dei feriti in fin di vita. Bambini col cranio scoperchiato, grida di terrore, donne e uomini coperti di polvere, estratti dalle macerie degli edifici distrutti e tutto intorno quello che resta di vite umane spese nella sofferenza, nell'assedio, nella fame, nel sogno di vita e libertà che si trasforma in un fiume di sangue. Ospedali al collasso, privi di medicinali e di mezzi, corsie piene di cadaveri che giacciono fianco a fianco con i feriti, con i bambini che chiamano le madri sotto il flash delle macchine fotografiche.
Sanguina la Striscia di Gaza, sanguina e geme da tre lunghi giorni di furia omicida, aggredita da un esercito di sanguinari, sottoposta ad una pioggia di bombe che dal cielo e dal mare si abbatte sulla comunità di palestinesi rinchiusi nel più grande campo di concentramento del Mondo.
Ai confini del Gaza-Campo, soldati israeliani che si preparano all'invasione di terra, truppe che cantano e ballano, che esultano per gli oltre 350 morti palestinesi. Quale orrore maggiore ci stiamo preparando a guardare attraverso lo schermo delle televisioni nelle prossime ore? Quale raziocinante retorica saremo pronti ancora a digerire?
E intanto sentiamo ripetere l'odioso mantra dei carnefici del popolo palestinese, dal ministro israeliano della difesa Barak a quello degli esteri Livni, che in clima di campagna elettorale dicono di non voler fermare questa macchina da guerra chiamata "Israele" fintanto che Gaza non sia riportata indietro di dieci anni, fintanto che non rimarrà in piedi un solo edificio di Hamas, fintanto che non verrà annientato l'eterno nemico che oggi si chiama Hamas, come ieri si chiamava al-Fatah, come in passato si è chiamato OLP e come da sempre si chiama Popolo Palestinese.
Un'ombra sta scendendo sul mondo intero, sui giornalisti che se pur impressionati per la carneficina in corso non possono fare a meno di ripetere che Israele è in guerra con Hamas e che "una pioggia di razzi Qassam" ha colpito il sud di Israele.
Un'ombra si è già allungata sui governi occidentali, deboli pedine dello scacchiere della guerra totale che la potenza statunitense ha coltivato e accudito dagli anni Novanta ad oggi. Non è difficile comprenderlo. Il neo-eletto Barak Obama non ha fatto altro che seguire la linea di Bush in materia di politica mediorientale. Se qualche illuso ha creduto che essere un afro-americano significasse essere sensibile ai temi della pace si è sbagliato di grosso. Le dichiarazioni di Obama su questa strage degli inermi sono perfettamente in linea con la condotta dell'amministrazione Bush che dopo due giorni di guerra totale a Gaza ha ribadito che con Hamas, con i "terroristi" non si tratta. Come sempre e prima di tutto vengono gli interessi di Israele e per questo Israele ha qualunque diritto sul popolo palestinese, anche il diritto di vita e di morte, di imporre prigionia, fame, freddo, oscurantismo, disperazione. Ogni opzione è aperta su Gaza, ogni soluzione è buona per annientare questo popolo che ha commesso il grande crimine di esistere.
3 miliardi di dollari americani all'anno in finanziamenti alla macchina da guerra israeliana che per dieci anni hanno attrezzato i criminali di guerra, stiamo certi continueranno anche nel 2009.
La propaganda israeliana si è mobilitata parallelamente alla macchina bellica. Il ministro degli esteri Livni si è detta impegnata in una campagna mediatica senza precedenti. Uno staff scelto prende contatti in tutte le lingue e verifica che questa operazione di distruzione su Gaza venga interpretata nel giusto modo, si assicura che si parli di "difesa" e non di attacco, che si metta in luce come il nemico sia Hamas e non i palestinesi.
Controllano che il linguaggio e la disinformazione siano appropriati in modo da poter opportunamente sostenere la menzogna che ad essere bombardati siano solo le infrastrutture del terrore, la catena di comando di Hamas. Nemmeno una parola sulle vittime civili, sui bambini trucidati, sulle centinaia di famiglie distrutte dovrà essere spesa, mentre le immagini più crude è meglio censurarle. I mezzi di informazione continuano a ripetere e a trasmettere l'ordine di Tel Aviv: è un'operazione militare chirurgica contro Hamas, contro il terrorismo, contro il pericolo mortale per Israele.
Ma sulle pagine di Ha'aretz Amira Hass scrive il contrario, scrive che non è un attacco contro Hamas ma contro tutto il popolo palestinese.
In queste ore di orrore e di terrore, nessun capo di stato dice che i palestinesi hanno il diritto di esistere, che questa sanguinaria occupazione militare deve finire. Il lungo embargo umanitario che hanno chiamato "tregua", ha servito sul piatto d'argento il pretesto della carneficina a suon di bombe. Una volta cotto a puntino, il popolo di Gaza può affrontare inerme l'invasione dell'esercito israeliano che in modo codardo si prepara ad entrare e ad affrontare armi in pugno una popolazione ridotta allo stremo.
In tre giorni di ininterrotti bombardamenti la macchina da guerra israeliana ha colpito in mezzo alla popolazione civile, si è macchiata di crimini di guerra colpendo caserme, case, edifici pubblici, università, moschee, luoghi di culto, danneggiando ospedali e tutto questo lo chiamano "Hamas".
Di fronte a questo orrore disgustoso anche il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen, in linea con Bush, ha chiamato tutto questo "Hamas" e ha dichiarato che la colpa è di Hamas per aver rotto la tregua unilaterale, obbligatoria solo per i palestinesi.
Le divisioni interne palestinesi si sono ormai sedimentate, sono state costruite con abilità, a tavolino dalle diplomazie internazionali e tutto questo l'hanno chiamato "piano di pace".
Quando tutto questo sarà finito la stampa non si prenderà cura di raccontarci fino in fondo questo Genocidio. Un milione e trecentomila palestinesi rinchiusi nella Striscia di Gaza non hanno possibilità alcuna di scampare al massacro che colpirà nel mucchio, a caso.
Tutto il Mondo è in rivolta e sta urlando la sua rabbia ma questo non conta nulla quando il mondo è governato da una classe di inetti e corrotti che porta avanti la grande menzogna della civiltà, quando il nostro silenzio inattivo viene pagato con il controllo del benessere finanziario, quando siamo disposti a lasciare che altri paghino i disastri del capitalismo di guerra, i mancati proventi del petrolio iracheno, i licenziamenti alla General Motors, la crisi finanziaria mondiale.
Il modello diplomatico in corso è quello sperimentato durante l'attacco al Libano del 2006: diplomazie al lavoro per decidere nel modo più lento possibile e per lasciare aperta ad Israele quella finestra di tempo necessaria per scatenare il suo odio anti-palestinese, per dare fiato agli anti-arabi, ai razzisti (molti dei quali tuonano dalle pagine dei quotidiani nazionali), a tutti coloro che non spenderanno una sola lacrima per un bambino palestinese morto ammazzato. Eppure le immagini che arrivano da Gaza parlano chiaro, mostrano un crimine di guerra, uno sterminio di massa realizzato con i toni trionfalistici di chi sa, nel governo israeliano, che non esiste alcuna forza politica sufficientemente libera da interessi politici capace di dire basta, di rompere ogni relazione, politica, diplomatica, commerciale, con questo governo di assassini.
Qual è la distanza che separa la guerra totale contro il popolo palestinese dalla soluzione finale palestinese?


SABATO 3 GENNAIO MANIFESTAZIONE A ROMA

Ore 16.30 piazza della Repubblica corteo fino a Piazza Barberini


Fermiamo il massacro dei palestinesi a Gaza
Basta con l'impunità del terrorismo di stato israeliano
Rompere ogni complicità politica, militare, economica tra lo stato italiano e Israele
Le bombe uccidono le persone, l'informazione manipolata uccide le coscienze

Prime adesioni:
Associazione Handala (Castelli Romani); Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese; Centro Iniziativa Popolare; CIRCI; Circolo Comunista "Stefano Chiarini"; Comitato Palestina nel cuore; Collettivo antagonista Primavalle; Disarmiamoli; Forum Palestina; Partito dei Comunisti Italiani; Partito della Rifondazione Comunista; Partito Comunista dei Lavoratori; Rete dei Comunisti; Sinistra Critica...

GAZA. SOLIDARIZZARE CON CHI RESISTE, DENUNCIARE CHI COLLABORA CON I BOMBARDAMENTI ISRAELIANI

In queste ore la Striscia di Gaza è stata trasformata in una trappola mortale dai bombardamenti israeliani che hanno già fatto centinaia di morti e altrettanto feriti che moriranno nelle prossime ore perché gli ospedali erano al collasso già da due anni a causa del vergognoso embargo.

I palestinesi di Gaza sono chiusi in ogni lato dai militari israeliani e da quelli egiziani, sottoposti a micidiali bombardamenti e impediti a uscire da questo nuovo "ghetto di Varsavia" per cercare rifugio, alimenti, assistenza medica e protezione.

Chiunque abbia un minimo senso di giustizia e verità oggi non può e non deve tacere di fronte al genocidio in corso a Gaza, un genocidio fatto prima di lento strangolamento economico/sanitario e di assedio e poi da missili, bombe e cannonate sull'area del mondo a maggiore densità di popolazione.

Noi riteniamo che sia giunto il momento di prendere posizione e di avviare una vasta campagna di mobilitazione tesa a impedire l'annientamento politico e materiale della popolazione palestinese da parte di Israele.

Per questi motivi riteniamo che:

1) Oggi occorre schierarsi apertamente con chi a Gaza oppone resistenza con ogni mezzo all'aggressione israeliana e condannare altrettanto apertamente chi si dissocia dalla resistenza. Riteniamo pertanto inaccettabili le parole e l'atteggiamento del presidente palestinese Abu Mazen e degli altri dirigenti dell'ANP che ritengono Hamas, e non Israele, responsabili della situazione, cercando di approfittare dell'aggressione per determinare un nuovo rapporto di forza dentro lo scenario palestinese. Abu Mazen si dovrebbe preoccupare di smentire le dichiarazioni del ministro israeliano Tzipi Livni la quale ha confermato che l'offensiva militare contro Gaza e Hamas andrà avanti fino a quando non ci sarà un nuovo equilibrio di potere funzionale agli interessi israeliani. Se la prospettiva di Abu Mazen e dell'ANP è simile a quella di un governo come quello di Al Maliki in Iraq, è evidente come tale prospettiva non possa trovare più alcun sostegno da parte di chi anima la solidarietà con la lotta del popolo palestinese.

2) Sulla situazione in Palestina emergono le gravissime complicità dei regimi arabi reazionari e filo imperialisti - in modo particolare dell'Egitto - che si rende ancora complice dell'embargo e del blocco contro la popolazione palestinese di Gaza arrivando a schierare le forze armate ai confini e facendo sparare contro i palestinesi che cercavano di fuggire dalla trappola di Gaza cercando rifugio e protezione in Egitto.

3) Va affermato con forza che la responsabilità della drammatica situazione a Gaza è della politica di annientamento perseguita da Israele con la complicità dell'Egitto, degli USA e dell'Unione Europea e non di Hamas. Non si può continuare a fare confusione su questo.
Gaza è assediata per terra e per mare da due anni chiudendo in trappola un milione e ottocentomila persone. La tregua non è stata rotta da Hamas o dalle altre organizzazioni palestinesi attive nella Striscia di Gaza ma dalle autorità israeliane che durante la "tregua" hanno ucciso 25 palestinesi, effettuato arresti e rastrellamenti in Cisgiordania, mantenuto chiusi i valichi impedendo ai palestinesi di Gaza di entrare, uscire o ricevere i rifornimenti necessari per sopravvivere. Ogni simmetria tra il lancio di razzi palestinesi a dicembre e i feroci bombardamenti israeliani è una ingiuria alla verità e alla giustizia.

4) I governi europei (incluso quello italiano) hanno preso posizioni formali ed equidistanti sul mattatoio in corso a Gaza che rivelano una grande preoccupazione per le ripercussioni degli avvenimenti in corso ma senza trarne le dovute conclusioni nelle relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con Israele. Hanno accettato e mantenuto l'embargo contro i palestinesi di Gaza ed hanno mantenuto i rapporti di collaborazione militare, scientifico, economico con le istituzioni israeliane. Il governo israeliano ha messo non solo l'Europa ma anche la nuova amministrazione USA di fronte al fatto compiuto potendo godere di un livello di impunità per i propri crimini di guerra e contro l'umanità che la storia dal dopoguerra a oggi non ha assicurato a nessun altro stato.

5) Il popolo palestinese vive un momento estremamente difficile dal quale potrebbe uscire ridotto ad una esclusiva questione umanitaria che negherebbe decenni di lotta politica e di ambizioni alla liberazione nazionale della Palestina. Il popolo palestinese da anni affronta la più pericolosa potenza militare esistente in Medio Oriente - Israele - potendo contare sul sostegno solo delle altre forze che animano la resistenza antisionista nella regione, a cominciare dal Libano. L'unità di tutte le forze della resistenza a livello regionale è un passaggio che i movimenti di solidarietà in Europa devono appoggiare con ogni sforzo.

In questi giorni in molte città italiane - Roma, Milano, Bologna, Napoli, Pisa, Firenze, Lecce, Cagliari, Padova, Vicenza, Bari e tante altre - ci sono state alcune prime, tempestive e spontanee manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese, contro la strage in corso a Gaza e il terrorismo di stato israeliano. Questa mobilitazione deve proseguire nei prossimi giorni. Cortei sono già stati annunciati in diverse città italiane per sabato 3 gennaio. La nostra iniziativa deve dimostrarsi di essere capace di spezzare o mettere in crisi la catena delle complicità con i crimini di guerra israeliani a cominciare dagli anelli della disinformazione, della subalternità politica e della collaborazione militare e commerciale tra Italia e Israele.

Il Forum Palestina - www.forumpalestina.org

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