Vorrei sottolineare l'importanza di demistificare le scelte che sta compiendo questo governo: sotto la bella veste della riorganizzazione e della lotta agli sprechi e ai rami secchi (fannulloni e improduttivi), si nasconde la difesa di interessi particolari, di privatizzazione, di impiego delle nuove tecnologie per creare nuova disoccupazione anche nei settori della formazione/istruzione che fino ad ora sembravano colpiti marginalmente da questi processi.
Il danno non è solo economico, perché la scuola non è solo un problema occupazionale o uno stipendificio, come dice la Gelmini. Se difendiamo solo il posto di lavoro, in quanto lavoratori della conoscenza, siamo accusati di fare scelte corporative. Qui bisogna essere chiari e farsi capire dai genitori e dall'opinione pubblica: la nostra è soprattutto una battaglia ideale e civile che difende la centralità della relazione educativa nel processo di formazione/educazione, perché, a tacere della tradizione psico-pedagogica, anche le neuroscienze e le nuove scoperte sul funzionamento della mente (vedi neuroni-specchio) confermano che non si impara perché si legge un libro o perché si utilizza un computer o una lavagna digitale, si impara perché si costruisce un canale relazionale che si chiama relazione educativa tra maestro e discente o tra genitore e figlio. Questo significa che nessuna raffinata tecnologia può sostituire il rapporto emotivo/affettivo che passa in questo tipo di relazione. Perciò non si può pensare di riorganizzare una scuola come una fabbrica, perché noi non produciamo merci: tagliare sul personale scolastico, far aumentare gli alunni per classe significherà mettere la maggioranza dei minori in grave difficoltà di apprendimento, creando nuove diseguaglianze sociali tra chi potrà pagare privatamente il «lusso» di quella necessaria relazione educativa e quelli che dovranno farne a meno.
L'opinione pubblica va educata a pensare che quando si investe nella scuola si disegna un futuro migliore, si costruisce equità e solidarietà per tutti, contrastando le linee di tendenza dell'economia attuale, che incrementano il darwinismo sociale (
homo homini lupus).
Il personale della scuola va aggiornato, però non avendo come obiettivo i test OCSE, ma le «persone» di domani, che dovranno resistere in un mondo globale che si presenta già da ora assai poco amichevole. È necessario investire per fare degli insegnanti degli esperti relazionali. Il successo e la produttività della scuola non si devono misurare sulla base di discutibili test, questo la sinistra democratica deve dirlo con chiarezza. Il grado di integrazione, la diminuzione della dispersione scolastica, l'aumento delle percentuali dei lettori di libri e giornali, la diminuzione del bullismo e del disagio giovanile, questi sono gli indicatori di risultato da contrapporre alla moda americaneggiante dei test, che non misurano niente di sensato, ma una cosa importante la misurano: il tasso di esclusione sociale.
claudia fanti - 18-10-2008
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Totalmente d'accordo e contenta che qualcuno lo dica chiaramente!
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Carla A. - 19-10-2008
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Da tempo vado dicendo tutto ciò , anche nelle pagine di questo NOSTRO fuoriregistro! Vi dirò ogni volta che inviavo un piccolo scritto, o un breve commento, per dire e ribadire che l'obiettivo della campagna denigratoria nei confronti della scuola, e di queste pseudo riforme, è la privatizzazione della scuola stessa, e pertanto la trasformazione di un diritto in merce, pensavo : qualcuno dirà che sono una pessimista che vede anche quello che non c'è!
E invece ora la parola privatizzazione è detta a chiare lettere da tutti, e i fatti testimoniano ...
Un saluto, preoccupato, amareggiato ... a tutti voi.
Carla
P.S.
Il tutto vale anche per la sanità! |