Quando la Gelmini venne nominata ministro dell'istruzione e fece le prime esternazioni pubbliche (ricordiamo ancora la partecipazione alla trasmissione televisiva Ottoemezzo) questo giornale espresse un certo apprezzamento per le dichiarazioni del neoministro. La Gelmini infatti affermava di voler ricercare soluzioni condivise, di voler coinvolgere la stessa opposizione, si proponeva di ascoltare il mondo della scuola, le associazioni professionali, escludeva l'adozione di provvedimenti radicali, di riforme globali, attuate senza il necessario consenso. La nostra impressione positiva era confermata dall'audizione che la Gelmini fece in Commissione cultura della Camera e dallo stesso incontro con le associazioni professionali dei docenti (Cidi, Aimc, Mce, Uciim, ecc.).
Oggi il quadro politico è completamente mutato. Si procede per decreti legge, con la decretazione d'urgenza e addirittura si arriva a porre la fiducia sul Dl 137, pur disponendo il centro destra al governo di un'ampia e considerevole maggioranza. Cosa è successo, c'è da chiedersi allora, in questi mesi, per giustificare un simile cambio di passo, un così netto cambiamento di rotta?
E' successo, di fatto, che è intervenuto pesantemente il ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. Il 25 giugno viene emanato il Decreto legge n.112 (poi convertito in legge, la n.133, del 6 agosto) che detta precise disposizioni, all'art.64, in materia di organizzazione scolastica. L'art. 64 prevede misure volte ad incrementare il rapporto alunni/docente, a rivedere criteri e parametri per la determinazione degli organici del personale docente e Ata, a
"rimodulare l'organizzazione didattica della scuola primaria". Ma la sostanza, il punto principale sta nel comma 6, ove si dice chiaro e tondo che dall'attuazione delle misure previste devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa pari a quasi 8.000 milioni di euro in quattro anni. Una somma enorme, quasi una finanziaria. Una riduzione della spesa per l'istruzione, per la scuola pubblica, mai vista nella storia della Repubblica.
Tutto parte da lì. Questo è l'imperativo categorico. E' l'obiettivo prioritario del contenimento della spesa che ha come diretta conseguenza la riduzione del tempo scuola in tutti gli ordini e gradi di scuola (dall'infanzia alle superiori: meno ore di scuola per gli alunni vogliono dire meno docenti), come pure la riproposizione del maestro unico nella scuola elementare, dalla quale devono derivare -secondo il Piano programmatico del 26 settembre- le economie maggiori (insieme alla revisione dell'organizzazione e dell'orario del tempo prolungato nella scuola secondaria di I grado). Le motivazioni pseudopedagogiche che sono state addotte (l'importanza di una sola figura di riferimento per i bambini) sono risibili, puri pretesti. Lo scopo è ben altro: la riduzione drastica del personale docente (e ata) in questo settore dell'istruzione, il più grosso. E' evidente che la preoccupazione di fare cassa si sostituisce a qualsiasi ragionamento o progetto pedagogico.
Su questo punto in particolare (Insegnante unico nella scuola primaria, art.4) non si registrano nel testo approvato alla camera con voto di fiducia sostanziali cambiamenti, nonostante la protesta sempre più diffusa nelle scuole e l'opposizione di tutte le principali associazioni professionali dei docenti oltre che dei sindacati della scuola.
Nel comma 1 si precisa, come incipit dell'articolo, che la costituzione di classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti a 24 ore settimanali avviene
"nell'ambito degli obiettivi di razionalizzazione (nel testo precedente il termine usato era "contenimento")
di cui all'art.64 del Dl 112/2008".
Nel comma 2-bis, introdotto ex novo, si precisa che per il pagamento di eventuali ore aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di insegnamento (i modelli a 27, 30 e "fino a 40" ore previsti nel Piano programmatico) si provvederà, per l'anno 2009,
"ove occorra e in via transitoria" utilizzando le risorse del fondo di istituto delle istituzioni scolastiche, da integrare con quota parte delle risorse previste dal comma 9 dell'art.64/Dl 112 (quelle che dovevano servire alla
"valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola", vale a dire a riconoscere il merito).
Il comma 2-ter precisa che la disciplina prevista dall'art.4 entrerà in vigore a partire dall'anno scolastico 2009/2010 relativamente alle prime classi del ciclo scolastico, quindi con gradualità.
In questo modo avremo la proliferazione di modelli organizzativi diversi nella scuola elementare. Le classi a insegnante unico e a 24 ore nelle prime (ma anche a 27-30 ore se sostenibili con il fondo d'istituto delle scuole), le classi a modulo già avviate, che dovrebbero proseguire con tre docenti ogni due classi e le classi a tempo pieno esistenti (con il doppio organico o con un numero docenti appena sufficiente a coprire il tempo scuola di 40 ore?).
Sul fatto che le scuole riescano a sostenere i costi delle ore aggiuntive, se richieste da più classi, con le risorse del fondo di istituto, di per sé limitate, abbiamo qualche dubbio. In ogni caso questa scelta comporterà, di conseguenza, che le scuole dovranno rinunciare a tutte le altre attività che venivano attuate in quanto finanziate dal fondo di istituto stesso (progetti didattici, programmazione, attività di collaborazione e supporto, ecc. ecc.).
Insomma la rotta è tracciata. Dal punto di vista del metodo questo governo e il duo Gelmini-Tremonti hanno deciso che non intendono perdere tempo, rifiutando qualsiasi dibattito e confronto sia in parlamento che nel paese. Dal punto di vista del merito viene messa in atto la più grossa operazione di riduzione della spesa per l'istruzione della storia della Repubblica. Altro che riforma! Qui siamo di fronte ad una manovra economica che ha effetti devastanti sulla scuola pubblica, con la riduzione del tempo scuola per gli alunni e delle risorse professionali per l'istruzione. Questa è la politica scolastica del centro destra.
Dedalus