La Camera ha detto
sì al Decreto Gelmini.
La Flc ha
avviato le procedure per la proclamazione dello sciopero generale.
La Cisl afferma a chiare
immagini che non si cancella la buona scuola.
La Uil
ricorda gli obiettivi chiari e concreti che condivide con lo Snals.
La Gilda si
rammarica che non sia possibile individuare una data precedente al 31 ottobre a causa degli scioperi indetti da organizzazioni minori.
Le quali, lancia in resta ma cariche di solitudine, hanno da tempo cercato di arginare il disastro.
Se di disastro ancora qualcuno è convinto si possa parlare, visto che tutto sommato il battage pubblicitario delle varie agenzie televisive e giornalistiche ci spinge a credere che davvero di
manutenzione in fondo si tratti.
Una bella sistemata nel nido del disordine.
Non entriamo nel merito vergognoso di quanto il Governo ha cercato, riuscendoci, di far credere all'opinione parlamentare e pubblica: ovviamente, nel primo caso, sorprendentemente, nel secondo.
Molto è stato detto già, su queste e altre pagine, anche se forse inutilmente; e questo ci dispiace.
Vogliamo solo raccontare alcune sensazioni di cui non riusciamo a liberarci; e anche questo ci dispiace.
La prima sensazione, assai lapalissiana e perciò telegrafica, è che ai sindacati maggiori interessi più mantenere il proprio posto al sole che difendere un'immagine e una realtà di scuola seria, pubblica, condivisa.
La seconda, in parte conseguente, è che tale immagine sia stata lentamente offuscata, nella mente e nel cuore degli utenti, a causa di comportamenti, veri o presunti, dei lavoratori della scuola a tutti i livelli; e qui ciascuno dei lavoratori dovrà ragionare sulle proprie responsabilità o ineccepibilità, tenendo conto che senza "vero" il "presunto" ha meno strada. Agli utenti la possibilità di abbondare con le domande, senza stancarsi se non della superficialità.
La terza, piuttosto deprimente, è che ci troviamo a vivere in una sorta di
mediasocietà, dove ciò che conta non è più la partecipazione, ma la delega in bianco; non più la critica aperta, ma la difesa a oltranza; non più il diritto il dialogo, ma il dovere di una nuova obbedienza. E così i palazzi pullulano e le piazze si desertificano.
La quarta e ultima, assai amara, è che lo sciopero serva a poco, ormai: come dire, tempo scaduto; e non tanto per ragioni tecniche quanto di fondo. Quale credibilità ha il geometra che costruisce argini quando la piena è già scesa a valle?
Alla data di oggi abbiamo un sogno: che le sensazioni siano solo il frutto di un'allucinazione, come quando si crede di vedere gli Ufo, e che domani sia un altro giorno.
Si vedrà.
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