Sessantotto più quaranta
Francesco Di Lorenzo - 20-09-2008
Essere incompetenti e parlare di meritocrazia, ma come si fa?
Un po' di serietà, suvvia!
Come può venire in mente ad una qualsiasi persona che abbia a cuore i problemi della scuola italiana di mettere gli insegnanti gli uni contro gli altri, giocando su concetti pseudo-geografici senza senso, senza storia, senza costrutto. Facendo finta o non conoscendo gli umori profondi che si agitano intorno. ( Ma forse, è impossibile conoscere alcuni umori quando si è il prodotto degli stessi).
Intanto c'è in un angolo un insegnante che ride, ride da solo.
Per anni si è alzato mezz'ora prima la mattina, ha bussato ai campanelli di palazzi altissimi (al sud, eh!), ha aspettato e preso per mano alcuni ragazzi e li ha portati in classe, che altrimenti quei ragazzi si sarebbero svegliati a mezzogiorno insieme ai propri genitori. Ma senza sentirsi straordinario e senza chiedere straordinario, perché pensava di non far niente di straordinario.
Ed ora è lì che ride, il prof. E tra le risa dice "lo sapevo che finiva così". E pensa: arriva alla fine anche l'ultimo imbecille della terra e distrugge quello che era già distrutto, sputa sulle macerie e sulle sconfitte. Non ci voleva molta perspicacia per farlo! E allora che altro si può fare, se non ridere?

P.S.
Tra le risa leggiamo sui giornali gli articoli di alcuni intellettuali che hanno avuto mandato di difendersi tra loro, e allora scrivono tutto e il contrario di tutto, arrampicandosi sugli specchi per smentire quello che hanno appena detto, ma non tanto, pensando di non scontentare nessuno, secondo loro.
Allora, che c'è di meglio da fare, se non continuare a ridere...?

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 Adriana D'Amico    - 21-09-2008
Qui c'è poco da ridere. Qui c'è da incazzarsi e reagire. C'è da unire le forze, mettere insieme la rabbia, la stanchezza, le sacrosante ragioni dei lavoratori, che sono anche cittadini, e far capire a chi governa e ai servi sciocchi che tutti i gioni ci raccontano fesserie dai giornali e dalle televisioni, che non ce la facciamo più e siamo decisi a non subire.
Altro che ridere. Qui c'è da far piangere.