breve di cronaca
Altro che controriforma Moratti
Scuola oggi - 02-09-2008
Con un solo articolo, l'art.4 del decreto legge n.133/2008, il governo ha spazzato via trent'anni di organizzazione didattica della scuola elementare. Si torna, a partire dal 2009, all'insegnante unico, facendo piazza pulita della pluralità docente, dei moduli, del tempo pieno.
Una vera e propria rivoluzione nell'assetto della scuola primaria compiuta con un atto unilaterale, senza alcun dibattito, senza alcuna consultazione (nemmeno del Consiglio nazionale della pubblica istruzione!), senza alcuna elaborazione o costruzione né pedagogica né giuridica. La legge n.53, denominata da molti come "controriforma" Moratti - che aveva seguito peraltro un iter legislativo e un animato dibattito - era ben poca cosa rispetto a questa radicale "rottura". La legge 53 non modificava nella sostanza l'impianto modulare della scuola, si limitava ad introdurre il principio del docente prevalente. Certo, seguivano il tutor e le ore facoltative/aggiuntive, ma l'assetto di base rimaneva intatto. Qui siamo di fronte invece ad una vera e propria restaurazione del passato: si ripristina la figura del maestro unico e l'orario settimanale di 24 ore.

Viene ridisegnato con un tratto di penna, nel breve spazio di due commi, l'intero modello organizzativo della scuola primaria. Se qualche scuola poi vorrà fare un orario diverso, fino a 27 ore, dovrà ricorrere ad ore aggiuntive degli insegnanti, senza alcun aumento di organico.
E' altrettanto evidente che, in questo nuovo scenario, non solo spariscono i moduli ma anche il tempo pieno perde la sua ragione giuridica. E' probabile che nei grandi centri, di fronte ad una richiesta forte e consolidata da anni delle famiglie, si mantenga ancora questa struttura, con i due docenti per classe (fino a quando?), ma nelle sue linee ordinamentali la scuola primaria fondamentalmente è un'altra, quella del mattino e dell'insegnante unico per classe.

E' chiaro che le ragioni principali di questa scelta sono di tipo economico: tre docenti ogni due classi sono troppi e quindi, con l'insegnante unico, si apporta un taglio drastico e un deciso contenimento della spesa nella scuola pubblica di base. In questo senso si potrebbe dire che il vero ministro dell'istruzione è Giulio Tremonti. Ma vi sono anche ragioni di tipo culturale, politico e ideologico. Si spazza via, in un colpo solo (e per decreto!) tutta la più avanzata strategia pedagogico-metodologico-didattica, tra l'altro apprezzata fortemente dalle varie ricerche internazionali. Addio, senza rimpianti gelminiani-tremontiani, al rispetto dei ritmi di apprendimento di alunni da 6 ai 10 anni, addio alla piena uguaglianza formativa tra le discipline cosiddette curricolari e quelle afferenti all'area affettivo-emotiva, addio alla feconda pluralità delle figure educative ed alla suddivisione degli ambiti disciplinari fra più docenti. Un ritorno secco ad un passato non certo esaltante nel quale non c'era posto per il successo formativo di tutti e di ciascun alunno. Val la pena di ricordare che, nell'era della mitica e retorica esaltazione della maestra "unica", almeno due ragazzi su dieci, iscritti in prima elementare, non arrivavano in tempo utile al traguardo della licenza elementare. Certo, c'erano "rigore, voti e pagelle", ma chissenefregava di integrazione, di strategie di pedagogia compensativa e di tutto il patrimonio che ha fatto grande, nel panorama internazionale, la scuola elementare italiana a differenza degli altri ordini di scuola ?

L'affermazione del gruppo docente, per la verità, non è mai stata facile: già al tempo della Falcucci si contrapponeva ad esso la proposta del cosiddetto insegnante costellato (un insegnante per classe coadiuvato dagli specialisti di lingua straniera, religione, sostegno). Poi prevalsero i sostenitori della pluralità docente (fra i quali - giova ricordare - l'on. Beniamino Brocca, democristiano, che fu tra gli estensori della legge di riforma n.148/1990). Modello pedagogico - quello del "gruppo docente" - comunque inviso a molti e subìto per anni.
Per quanto ci riguarda non abbiamo mai considerato un feticcio il modello organizzativo in sé (nel corso degli anni non abbiamo risparmiato critiche, su Scuolaoggi.org, all'attuale tempo pieno che, in varie situazioni, ha mantenuto ben poco di innovativo). Le nostre critiche erano rivolte, specialmente, a quei modelli non infrequenti di tempo pieno che avevano perso la "spinta propulsiva iniziale" e si erano ridotti ad un modello di "doppio maestro unico", ad una sorta di "tempo normale lungo", perdendo per strada quelle caratteristiche metodologiche originali che avevano fatto del tempo pieno una scuola all'avanguardia (fra queste, le famose tre C, "contitolarità, corresponsabilità e cooperazione" di cui scriveva Sergio Neri sulle pagine de L'Educatore).

Dopo la trovata gelminiana, sarà inevitabile assestare un ulteriore colpo all'impianto della scuola elementare e ritornare ai vecchi modelli di attività integrative-doposcuola in versione meramente assistenziale: anche in questo modo si risparmieranno soldi e si potrà puntare, senza intoppi, al ritorno all'arcolaio e alla scure di bronzo. Consideriamo inoltre il fatto che per molti genitori avere un solo insegnante di riferimento potrà risultare una cosa positiva (in un certo senso semplifica le cose...) e che non mancheranno docenti che non vedono l'ora di liberarsi dal difficile e complesso impegno del lavorare in gruppo, programmando insieme le attività didattiche e gestendo insieme il gruppo classe.
Siamo altrettanto sicuri però che molti insegnanti delle scuole elementari, i più impegnati sul piano didattico e della ricerca educativa, non si rassegneranno facilmente a gestire un ritorno catastrofico ad una figura di docente unico culturalmente arretrata, obsoleta e superata. Si tratta, senza dubbio, di un netto impoverimento della scuola pubblica, non solo in termini di risorse, ma anche sul piano pedagogico e culturale.
Forse il colpo di sole agostano della Ministra riuscirà a svegliare dalla prudente attesa dei miracoli berlusconiani la sinistra riformista.


Gianni Gandola, Federico Niccoli

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