breve di cronaca
Non basta il "Ghe pensi mi"
Il Messaggero - 05-08-2002
PARE di capire che molti si stiano rallegrando dello stop bruscamente imposto al ministro Moratti sulla strada che stava percorrendo alacremente: rimuovere tecnici e specialisti di qualità riconosciuta internazionalmente, ignorare leggi vigenti, ignorare le voci, anche quelle solo dubitanti, delle associazioni degli insegnanti e le critiche delle maggiori organizzazioni sindacali, chiudersi nelle sue stanze per predisporre trasformazioni delle nostre scuole a colpi di deleghe e di decreti sottratti a confronti preliminari, anzitutto con il Parlamento e perfino con le articolazioni politiche e culturali della sua maggioranza.
Su questa strada il ministro ha commesso degli atti non ben ponderati. Due soli esempi. Una legge (tuttora vigente!) le chiedeva di riferire in Parlamento nel settembre 2001 sull’andamento dei primi tre anni di progressiva applicazione dell’esame di Stato riformato. Il ministro non se ne è curato e, invece, ha decretato la soppressione dei commissari esterni nell’esame di Stato. Si dice che lo abbia fatto per far piacere al ministro Tremonti, ma che risparmio mai si è realizzato a spese della serietà dell’esame e dinanzi all’ampiezza dei buchi, siano buchi di Visco o buchi di Tremonti, del nostro bilancio?
Altro piccolo esempio. Nel consiglio della ex Biblioteca di documentazione pedagogica, oggi Istituto nazionale di ricerca educativa, che stava svolgendo un importante lavoro di raccolta e diffusione delle best practices elaborate e realizzate dalle nostre scuole, sedeva, tra altri, il maestro Mario Lodi: un uomo di virtù umane e intellettuali riconosciute anche fuori d’Italia che ha voluto sempre restare con i piedi saldamente piantati sul terreno del lavoro nella scuola dell’infanzia ed elementare dei cui problemi è un profondo conoscitore. E’ stato cacciato via non dico senza un grazie, ma senza una giustificazione.
Il ministro Moratti non è una giovinetta inesperta. Si è mossa così perché qualcuno le ha fatto credere di potersi muovere così. Io non saprei fare nomi. Ricordo però che un autorevole esponente della maggioranza, l’onorevole Enrico La Loggia, dichiarò pubblicamente, durante la non felice occasione degli Stati generali della scuola nel dicembre scorso, che in materia scolastica gli sarebbe piaciuta una legge di un solo articolo: sono abrogate tutte le leggi vigenti in materia di scuola. Dichiarazione che pare significativa di un atteggiamento complessivo: tutto quello che la scuola e la democrazia italiana hanno fatto in cinquant’anni è da buttare via, ora arrivano i nostri (chi?) e ghe pensi mi.
Si può sperare che le forze al governo si siano rese conto dell’errore? Speriamolo. L’errore era e resta a mio avviso indubbio ed è duplice. C’è un errore di metodo e un errore di merito. Il metodo: dai tardi anni Cinquanta in poi, dal varo della media obbligatoria unificata (di cui ricorrono ora i quarant’anni), dinanzi alla vastità sociale e istituzionale e alla complessità culturale dei problemi dell’istruzione, maggioranze e opposizioni seppero superare divisioni politiche anche assai aspre per trovare sul terreno dell’elaborazione di riforme scolastiche terreni di intesa e di proposta comune. Parrebbe la via migliore da praticare anche oggi, abbandonando il ghe pensi mi.
E c’è un errore di merito. Aspetti della riforma Berlinguer non piacquero alle opposizioni, è vero. Ma, come si poté vedere nel passaggio alla sua attuazione, essa consentì di raccogliere (e portò poi a sottoporre al vaglio del Parlamento!) un patrimonio pluridecennale di proposte ed elaborazioni che venivano dal mondo della scuola e delle associazioni, da richieste di Confindustria e sindacati, da riflessioni di studiosi, da esperienze internazionali, da studi dell’Ocse e direttive dell’Unione Europea. Era ed è profondamente sbagliato buttare via questo patrimonio, come il ministro in quest’anno ha cercato di fare.
Sapranno le forze politiche (e quelle di governo, anzitutto) ritrovare le sedi e le vie di proposte comuni per la scuola, come avvenne in passato e avviene in altri paesi

TULLIO DE MAURO

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