Lorenzo Carmione - 17-05-2008 |
Una volta c'era il bidello e il maestro di Giovanni Faedi Il bidello nella scuola italiana è un’istituzione vera e propria, di lunga tradizione, che per presenza e diffusione non ha riscontro negli altri paesi europei. Già questa prima constatazione dovrebbe farci riflettere. Anche pensando alla lunga filiera delle figure professionali che circondano sempre di più il bambino nel suo percorso scolastico. Una volta c’era il bidello e il maestro. Adesso accanto gli insegnanti di classe e delle diverse discipline ci sono quelli di sostegno cui si affiancano gli educatori per i disabili ed anche gli assistenti di base, nonché gli esperti di lingua straniera e di tutta una serie di altri insegnamenti che fanno compagnia agli scolari sin dalla più tenera età. Ci sono poi gli animatori e le badanti del pre e del post scuola (del prima e del dopo il suono della campanella). In tutto questo carosello di presenze professionali poteva la figura del bidello restare inerme? No di certo, e così ha procreato lo “scodellatore” e pure l’addetto al refettorio nonchè l’accompagnatore e il sorvegliante sullo scuolabus. Non c’è più il medico scolastico, questo è vero. Ma sono arrivati gli psicologi, gli sportellisti, gli psicomotricisti. E i volontari del servizio civile, i tirocinanti, i laureandi. Non si può certo dire che il bambino di casa nostra è lasciato solo quando esce dal cuccio domestico per diventare uno scolaro. In questo contesto piuttosto affollato, il Ministro della Pubblica Istruzione decise otto anni fa di semplificare la gestione dei bidelli, transitando ed accorpando nei ruoli dello stato tutti quelli che dipendevano dai Comuni. L’intenzione era delle migliori: favorire un’organizzazione unitaria, più efficiente ed efficace dei collaboratori scolastici per migliorare la gestione delle scuole dell’infanzia ed elementari. Ma il Ministro e i suoi collaboratori non tennero conto di tutte le variabili in gioco, dimenticando che i giochi nella scuola non sono mai lineari. Di lineare (e indeteriorabile) nella scuola, e non solo in essa, c’è la vecchia logica che ingessa i mansionari e i profili professionali dei “garantiti”, in modo da blindare il lavoro del dipendente pubblico rendendolo impermeabile ai cambiamenti e all’innovazione. E’ una logica corporativa che di fronte ad ogni pur minima variazione dell’organizzazione del lavoro propone a gran voce nuove assunzioni e nuovi incentivi economici. Ed è quello che è successo. Dal lavoro ordinario del bidello diventato statale sono state tolte diverse attività che aveva sempre svolto e, tra queste, il distribuire i pasti agli alunni. Improvvisamente i bidelli potevano rifiutarsi di farlo. O se lo facevano, per scelta volontaria, dovevano essere pagati, oltre lo stipendio statale, anche dai Comuni. Il finale era già scritto: per assicurare il pasto i Comuni hanno dovuto retribuire ancora i loro ex dipendenti. I quali, però, via via (anche su richiesta dei dirigenti scolastici molto poco interessati alla ristorazione degli alunni) hanno sempre meno accettato il compito loro proposto, mettendo nella necessità i Comuni di assumere altro personale, spendendo così altri soldi pubblici per far fare quello che era sempre stato svolto senza oneri aggiuntivi. L’aspetto che più colpisce in tutta questa vicenda non è tanto il fatto che si continua sulla strada della frammentazione delle funzioni e competenze all’interno degli istituti, quando invece si invoca da ogni parte il protagonismo e la responsabilità gestionale della scuola dell’autonomia su tutto quanto fa istruzione ed educazione, tra cui anche (perché escluderlo?) il momento del pasto. Il dato sconcertante è che tutto ciò si è realizzato in questo avvio di secolo quando tutti, ma proprio tutti, si dichiarano contro le vecchie logiche burocratiche e corporative e affermano di operare per l’efficienza, la qualità, la flessibilità e l’uso oculato delle risorse. Non è una novità che nel pubblico impiego i buoni propositi si perdano per strada… |
G. Breccia - 17-05-2008 |
Nel mio Istituto Comprensivo si verifica ciò che Rizzo e Stella hanno scritto sul Corriere: per il pranzo arrivano le "scodellatrici", dipendenti di una cooperativa, a servire i bambini e a fare le pulizie. Il bello però è che le bidelle si rifiutano anche di servire la colazione, quella delle 9.30 del mattino, in quanto non rientra nei loro compiti. A causa di ciò il Comune ha dovuto modificare la dieta dei bambini: solo succhi di frutta e creckers, in modo che si possano servire da soli, inoltre la pulizia dei tavoli non viene fatta, per cui essi rimangono sporchi fino all'arrivo delle "scodellatrici" all'ora di pranzo. Le collaboratrici scolastiche sono disponibili soltanto a pulire i pavimenti. A nulla sono valsi assemblee sindacali e contrattazione delle RSU. Le bidelle hanno scritto più lettere al dirigente scolastico ed al Comune affermando che ritengono offensive le offerte di denaro e gli aumenti che il Comune era disposto a concedere e minacciando di denunciare il dirigente per abuso di potere solo perché aveva mandato una circolare che chiedeva la disponibilità a svolgere il servizio di colazione. Con gli aumenti del Comune sarebbero arrivate ad avere 700 € lordi all'anno. Non è sicuramente una grande cifra, ma non vi sembra che per la mezz'ora della colazione possa essere sufficiente? |
Lorenza Masini - 18-05-2008 |
Alla faccia del non avere pregiudizi e della volontà di non discriminare! Trovo che le critiche si possano fare, magari anche quelle per un governo che prima di cadere non è che abbia fatto molto (per non dire niente) per i lavoratori..., ma che si parta con il parlare di nani e ballerine penso sia tipicamente di chi non sa cos'altro dire. mi spiace per lei. |