breve di cronaca
Campania: rabbia dei presidi
La Repubblica - 02-08-2002

Tagli, scuole sotto choc.

Il Palizzi, ad esempio. Nella "lista nera" del ministero 206 scuole in Campania da tagliare è condannato da due numeri: 768 e 101. Il primo indica quanti sono gli studenti. Il secondo, quanti insegnanti fanno lezione ogni giorno nell'istituto d'arte. Così non va, voto insufficiente sulla pagella che lo boccia per troppi sprechi: 7,60, cioè nell'istituto di piazzetta Salazar, ci sono sette studenti e mezzo per ogni professore. Non va. Il giusto rapporto è di 9 studenti e mezzo (9,50) per ogni insegnante. Questo il parametro, futuro segnato: è tra quelli che bisognerebbe chiudere subito, insieme ad altre 48 scuole napoletane, 206 della Campania.
Spreconi al Palizzi. Fanno saltare i conti del ministero con la loro attività didattica, i loro corsi, magari con il loro museo che è stato inaugurato dal sindaco Rosa Russo Iervolino nei primi giorni del Maggio dei Monumenti. «Assurdo», dicono i professori che hanno appena letto, ieri mattina su Repubblica, l'elenco delle scuole da chiudere, tra le quali figura «e non ci spieghiamo perché», anche lo storico istituto d'arte di Monte di Dio. «Forse non hanno fato bene i conti al ministero», sorride ironico il vice preside Gennaro Cedrangolo. «Non sanno che gli istituti si accorpano, che noi siamo perfettamente nella norma. E soprattutto aggiunge non sanno nulla del nostro istituto, che è anche un importante museo artisticoindustriale, che propone mostre invidiate e che richiamano ed è diventato un appuntamento fisso anche della primavera dell'arte. Ci bocciano per un numero che riguarda il rapporto tra studenti e insegnanti, ma non sanno niente dell'istruzione artistica, delle sue specificità, dei campi dell'offerta didattica, dalla scultura alla ceramica, dall'oreficeria all'arredamento. L'istruzione non è un fatto numerico. E poi, mettiamo i designer, che sono la fortuna dell'industria italiana. Da dove escono, se non dal nostro istituto?».
L'istituto «Enrico Fermi», ad esempio. Corso Malta, tecnico industriale, 932 studenti, 111 insegnanti. Numeri sballati anche questi, secondo il ministero dell'Istruzione. «Sorpreso è dire poco. Eppure dice il preside Rosvaldo Firera per la nostra didattica e altri parametri di qualità, siamo quindicesimi su 1300 istituti come il nostro. Ci deve essere un errore nei conti del ministero. Anzi, noi dovremmo ridurre il numero degli studenti per non essere in deroga secondo la legge dello Stato. Posso capire che ci sia un problema di questo tipo per i piccoli istituti, ma non per uno come il Fermi, con quasi mille alunni».
Il «Francesco Giordani» di Caserta, ad esempio. «O al ministero ci sono rilevatori ottusi, oppure sono faziosi», dice il preside Francesco Villari. «Chi ha compilato questi elenchi ha dimenticato che esiste la compresenza, cioè per un terzo dell'orario di lezione di tutte le classi, noi abbiamo laboratori con due docenti secondo le norme ministeriali. Allora devo dedurre che devono essere chiusi tutti gli istituti tecnici d'Italia. Se volessimo entrare nel rapporto di 9,5, dovrei formare classi di oltre 30 alunni, visto che abbiamo 1820 studenti nel nostro istituto. Se mai mi dovesse arrivare una comunicazione ufficiale su un eventuale chiusura accuserei pubblicamente di incompetenza il ministero».
L'istituto d'arte «Filiberto Menna» di Salerno, ad esempio. È sorpreso Maurizio De Gemmis, preside di un istituto che conta 903 studenti e 99 professori. «Tagli di questo tipo, soprattutto se fossero indiscriminati, mi sembrano impossibili. Sono certo che ogni istituto potrà continuare con impegno a svolgere il proprio ruolo. Forse è immaginabile un processo graduale, negli anni, per arrivare a semplificazioni delle discipline, che spesso sono tante e troppe. Ci sono materie che si sovrappongono, insegnamenti che si duplicano e forse questo effettivamente non produce economicità. Ma chiudere istituti non mi sembra la strada giusta se si vuole ottenere un effettivo risparmio».



Iniziativa «schizofrenica». Elenchi che «fanno accapponare la pelle». Classifiche «assurde» e parametri «inaccettabili». Docenti, genitori, politici, sindacati: un coro di no. «Roba da organizzare subito un girotondo, una grande mobilitazione...». Per tutti, più che il rischio di chiusura di 206 istituti in Campania, che pure «non è da sottovalutare», la lista di scuole «improduttive» è un segnale preciso, «che tradisce l'obiettivo finale». Quale? «Lo smantellamento della scuola pubblica», dice l'assessore all'Educazione di Napoli Raffaele Porta. «Cos'altro pensare? È schizofrenico un governo che parla di devolution in materia di istruzione e poi decide a livello centrale al posto degli enti locali che per legge sono chiamati a intervenire in materia di istruzione. Nel caso specifico si introducono parametri numerici che rivelano l'ignoranza delle realtà locali. Ma lo sa il ministro Moratti - aggiunge Porta - che delle due scuole medie inferiori napoletane presenti nell'elenco in una (la Moscati di Miano) sono in corso importanti lavori di ristrutturazione, e che all'altra (l'Istituto Comprensivo Rodinò di Barra) sarà consegnata a settembre una sede di nuova edificazione per la quale il Comune ha speso oltre 2 milioni di euro? E lo sa il ministro che la legge vigente consente la deroga automatica ai parametri previsti per quegli istituti tecnici cosiddetti ad alta specializzazione o ad indirizzo raro quali gli istituti Artistici, Nautici, Alberghieri, Professionali per l'Agricoltura o per le Attività Marinare? E lo sa il ministro che nei comuni della nostra provincia dove intende eliminare alcune scuole (basti pensare a Boscoreale, Ottaviano, Casamarciano o Caivano) la scuola spesso rappresenta uno dei pochi luoghi di socializzazione per i nostri giovani?».
Dure critiche e una lettera al ministro Letizia Moratti. L'ha inviata l'assessore regionale alla pubblica istruzione Adriana Buffardi. «La decisione di chiudere 206 scuole scrive sarebbe una decisone di gravità inaudita, che non solo arrecherebbe disagi gravissimi a oltre centomila studenti, alle rispettive famiglie e agli insegnanti, ma che disarticolerebbe in maniera radicale il sistema scolastico della regione. Non devo certo ricordarle come solo in epoca recente si sia proceduto al dimensionamento della rete scolastica e che, a partire dal prossimo autunno, sia previsto un ulteriore momento per la sua razionalizzazione».
I sindacati si mobilitano. «Un'altra conferma che si vuole lo smantellamento della scuola pubblica», ribadisce Franco Buccino della CgilScuola. «Ma su questi temi in Campania abbiamo già trovato momenti unitari importanti. Siamo pronti a mobilitarci».
(p.r.)
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