Il patteggiamento nei processi per reati a danno di minori
Aquilone Blu - 25-03-2008
L'applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), previsto a disciplinato dagli artt. 444 c.p.p. e ss., è uno dei riti che il codice di procedura penale prevede come alternativi al rito ordinario, vale a dire al processo penale che, normalmente, si articola nell'udienza preliminare e nel dibattimento vero e proprio.

Si tratta di un accordo che il Pubblico Ministero, organo giurisdizionale titolare delle indagini e rappresentante della pubblica accusa nel processo, e l'imputato concludono circa la misura della pena: per l'imputato si tratta, evidentemente, della rinuncia alla garanzia di un processo vero e proprio; rinuncia in virtù della quale beneficia della riduzione della pena fino ad un terzo. Il Pubblico Ministero, e dunque lo Stato, concede tale riduzione di pena allo scopo di favorire questa opzione ed alleggerire la macchina della giustizia, che sarebbe oltremodo appesantita se tutti i processi provenienti dalle indagini preliminari avessero il dibattimento come unico sbocco possibile.

Inizialmente, l'imputato poteva accedere al patteggiamento solo quando la pena finale, risultante dal calcolo delle eventuali circostanze attenuanti concesse e della riduzione di un terzo, non superasse la misura di due anni di reclusione: attualmente, a seguito della legge 134 del 2003, il limite di pena è stato aumentato a cinque anni, anche se con l'aggiunta di pena pecuniaria.

La sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. , se la pena irrogata non supera i due anni, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l'applicazione di pene accessorie e misure di sicurezza, tranne che della confisca del corpo di reato; in ogni caso, la sentenza di patteggiamento pur equiparata ad una sentenza di condanna, non ha efficacia di giudicato nei giudizi civili di risarcimento del danno derivante dal reato commesso.

La Legge 6 febbraio 2006 n. 38 ha stabilito all'art. 11 che non è possibile ricorrere al rito speciale del patteggiamento, tra gli altri, nei processi per i reati di violenza sessuale (art. 609 bis e ter c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), prostituzione minorile (art. 600 bis primo e terzo comma c.p.), pornografia minorile (art. 600 ter primo, secondo, terzo e quinto comma c.p.), detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater secondo comma c.p.), pornografia virtuale (art. 600 quater1 c.p. relativamente alla condotta di produzione e commercio di materiale pornografico).

Dunque, il ricorso al patteggiamento è oggi precluso per tutti coloro che siano indiziati di tali gravi reati commessi ai danni di minori (e non, con riferimento ad esempio alla violenza sessuale ed alla violenza sessuale di gruppo), i quali potranno avvalersi unicamente del c.d. rito abbreviato, quale alternativa al dibattimento vero e proprio. Evidentemente, tale nuova regola può applicarsi solo con riferimento al periodo successivo all'entrata in vigore della legge, quindi unicamente per i reati commessi dopo il febbraio 2006. Per il legislatore italiano la tutela di queste particolari categorie di persone offese dal reato costituisce un valore assoluto che prevale su qualsiasi altra valutazione, di ordine sostanziale e processuale, posta a fondamento dell'opzione per l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p.


Per Aquilone blu Onlus

Aldo Aceto e Francesca Del Villano Aceto

Sostituti Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Pescara



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