La vita non è sogno
Giuseppe Aragno - 26-02-2008
Non si chiamerà Corporazione, questo è certo. Tuttavia, se metti Colaninno assieme a operai come quelli della Thyssenkrupp, quotidianamente esposti al colpo nella schiena vibrato dai padroni, e, per dirimere le più che probabili controversie, ti affidi a Pietro Ichino, per una legge che offra copertura legale alle imprese pronte a licenziare senza giusta causa, beh, se tutto questo accade, la Corporazione l'hai messa su nei fatti, alla faccia del "nuovo".

Veltroni, sceso sul terreno dell'avversario, ha scelto di batterlo con le sue stesse armi e fatalmente è ora costretto a rendere conto di una menzogna - la corsa solitaria - e della realtà dei fatti che non corrisponde alle dichiarazioni d'intenti. Un pasticcio mediatico che "rappresenta" - nel senso specifico di "mettere in scena" - un paradiso di anime belle e senza passato che concordano su tutto, persino sulla scuola statale, sull'etica della ricerca e sullo stato laico. Nulla da dire se la vita fosse sogno. Il fatto è che, calato il sipario, ogni messa in scena fa i conti con la realtà dura e complessa dei rapporti sociali. La vita non è sogno.

"Siamo il nuovo" sbandiera Veltroni, ma le mille anime del partito unico sono incompatibili tra loro: Colaninno e il profitto, Ichino e i licenziamenti, l'operaio Thyssenkrupp e i lavoratori sempre più precari, i cattolici fondamentalisti e i laici radicali... Messa così, di nuovo c'è che il nuovo in fondo è vecchio, a meno che per nuovo non s'intenda una modernizzazione virtuale messa in scena in chiave neo berlusconiana. Dove il nuovo sta solo in quel "neo" e, in fondo a tutto, un dubbio: il nuovo è sempre buono?

Pietro Ichino è nuovo e buono? E' buono e nuovo uno che parla di "meritocrazia" nella pubblica amministrazione ma abita la realtà concreta della nostra università, regno di un "antimerito" che non rimette seriamente in causa? Uno che proviene da un mondo che ha responsabilità gravissime per la "fuga dei cervelli", per lo scadimento della ricerca e del naufragio del sistema formativo? Il candidato di Veltroni è nuovo e buono, o il problema è che senza un cervello fino del suo spessore etico e politico il "nuovo" non strapperebbe consensi a Confindustria? Chi, meglio del celebrato professore, potrebbe "modernizzare" la contrattazione e il mercato del lavoro con una riforma che, abolendo l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, introducesse i licenziamenti senza giusta causa anche là dove sono vietati?

Il professore di Diritto del Lavoro vive costantemente scortato. Non muove un passo senza che ci siano agenti pronti a proteggerlo; ed è un bene che sia così: egli ha diritto di fare le sue proposte e di chiedere per questo il voto ai lavoratori cui si rivolge con Veltroni. Se qualcuno dovesse fargli del male, sarebbe un crimine davvero disumano e feroce. Non meno vero, tuttavia, è che la sua riforma è disumana e feroce e, qualora fosse realizzata, porterebbe la disperazione in molte famiglie. Si muore di mille morti e c'è chi s'è inventato quelle "bianche". Quale scorta proteggerà domani i lavoratori da Ichino e dalla sua riforma?

Il duce del neocorporativismo avrebbe il dovere di spiegarlo.

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