Contro la violenza maschile sulle donne
La Redazione - 24-11-2007
Riceviamo e aderiamo - Red


MANIFESTAZIONE NAZIONALE

SABATO 24 NOVEMBRE





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Ora più che mai,
la causa delle donne
deve essere la causa
dell'umanità intera.

B. Boutros Ghali



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 Doriana Goracci    - 26-11-2007
Come delle spose bagnate e, non so perchè , dicono fortunate, siamo partite in gruppo dal paese e raggiunto Roma, sotto un diluvio di piove governo
ladro. La vedevamo brutta ma lo stare insieme , molte non si conoscevano, era stimolante.

Senza regole, senza schemi, senza fini , malgrado le ore e i giorni che molte sapevamo, avevano impegnato tante -perchè andasse in un certo modo. ..

Noi di tempo non ne avevamo avuto ma oggi, con tutti i tuoni e le saette, non saremmo mai mancate, così altre centomila.

Siamo però sfuggite di mano ai media, perchè c'era di tutto e il contrario di tutto, siamo sfuggite di mano alle signore della politica, anzi le abbiamo fatte andare via. Ho visto su un lato la ministra della vecchia minestra, ancora piu smagrita, come in un passaggio di testimone con il malatissimo Fassino: mi sono avvicinata con l'amica Marcelline, dicendole che lei dalla Guinea quì in Italia, era in regola, mentre chi era irregolare era proprio lei, la signora Livia, che aveva accolto le donne migranti con i Cpt...ho visto il suo viso torcersi in una smorfia di dolorosa sufficenza ma Marcelline ha riso molto. Ho incontrato amiche che non vedevo da più di vent'anni, altre conosciute in rete negli scorsi giorni...poi tutte ad occupare, simbolicamente s'intende, il palco di piazza Navona, quello che non vogliamo vedere: la rappresentanza. E giù a urlare :"non abbiamo fiducia nello stato, ma
quale pacchetto quale sicurezza, l'autodifesa è l'unica certezza".

Queste parole, più di tutte le altre, mi sembrano dire l'essenza di questa marea, che non ha proposto niente, ma ha allontanato con forza, che ha vissuto pienamente anche per chi non c'era, che è pronta ad
andare e a tornare, che ha visto piccolissime donne bambine e quelle tanto anziane che non vogliono dirti quanto hanno vissuto, tutte insieme, sfuggite di mano, anzi diciamo, sfuggite da quel palmo violento che il potere di destra e sinistra, abbatte sulla donna come una sberla e pensa che siamo lì a tendere noi la nostra mano, come a chiedere pane e amore. A noi che ci hanno fatto abbuffare di infamità, come l'amore che è protezione di protettori- amore geloso- amore di
possesso- amore servile- amore sacro -amore profano- amore e rispetto-amore e devozione...

Siamo state capaci ancora una volta di sorridere del nostro dramma, ma di dirvi che dovete fare attenzione a questo debutto, che le badanti possono essere delle infaticabili streghe, alcune magari anche vecchie e bruttissime ma credetemi oggi erano giovani e belle e forti, e si vedeva che ci volevamo molto bene.

Ringraziamo l'informazione, per averci dato un po' di ore di microfono e luce.

E credetemi, è stata una grande non ordinaria e
ordinata manifestazione, e se non sono stata convincente...è la stanchezza, quella che le immagini della tv non ti raccontano mai.Sul vagone al ritorno, una di noi ci ha letto i tarocchi, il passato il
presente il futuro. E come disse la nostra sorella O'Hara : "dopo tutto Domani è un altro giorno".

 Da Repubblica    - 26-11-2007
Tanta gente in strada a Roma nonostante la pioggia. Cacciate Prestigiacomo e Carfagna, aggrediti due giornalisti

Violenza sulle donne, a Roma in centomila
"Contro la paura, riprendiamoci i nostri diritti"
Dacia Maraini: "Grande partecipazione, sbagliato escludere chiunque"


In piazza Navona contestate anche i ministri Turco, Pollastrini e Melandri. "Occupato" il gazebo de La7


ROMA - Comincia male: fischi alle deputate di Forza Italia Mara Carfagna e Stefania Prestigiacomo; spintoni e calci a un fotografo e a un giornalista con l'unico torto di essere maschi; insulti ai ministri Pollastrini, Turco e Melandri che hanno "osato" tentare di mettere il cappello, facendosi intervistare da microfoni e telecamere, su una manifestazione che - va detto - è stato organizzata dal basso, da associazioni che non hanno mai l'onore delle cronache eppure fanno un lavoro sommerso e oscuro ma importantissimo.

Non c'è dubbio che sia cominciata sbagliata questa manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne. Ma in mezzo a questi episodi ci sono decine di migliaia di donne - centomila dicono le organizzatrici; 40 mila la questura - di tutte le razze che sono sfilate pacifiche, sorridenti, motivate, consapevoli per dire basta al femminicidio. I confini del caso compaiono qua e là sui cartelli indossati da donne-testimoni: un milione e 150 le vittime di violenze in Italia, il 5, 4% del totale, il 3,5% ha subito violenza sessuale e il 70 per cento di queste violenze portano la firma di familiari e parenti.

"L'assassino non bussa, ha le chiavi di casa" è scritto su uno degli striscioni a metà del corteo. Una come Dacia Mariani, ad esempio - anima del movimento femminista negli anni settanta, oggi in marcia in via Cavour come una ragazzina con gli occhi azzurrissimi che riescono sempre a guardare oltre e lontano - parte da qui, dalla grande partecipazione, dalle donne che tornano in piazza: "Sono commossa, era dagli anni Settanta che non si vedeva una manifestazione così". Gli insulti, gli ostracismi, sono quella parte sbagliata che alla fine spunta quasi sempre fuori nelle manifestazioni, come quelli che bruciano le bandiere o fanno i cori contro Nassyria. Una parte, non il tutto. Un pezzo, non l'insieme. Infatti: "Non sono d'accordo con la contestazione, hanno fatto malissimo. Sbagliato anche cacciare gli uomini, loro sono degli alleati" dice la scrittrice. Meno comprensivo il giudizio delle ministre. "Questa violenza verbale va solo contro le donne" taglia corto Giovanna Melandri. "La contestazione di qualcuno va a discapito di tutte" rincara la dose Livia Turco. Più morbida la Pollastrini: "Cerchiamo il lato positivo: tante, tantissime donne per dire basta alla violenza". Il problema è che a fine serata della giornata si parla più per le polemiche che per i contenuti.

Il fatto è che la manifestazione, organizzata molto in sordina, quasi ignorata fino a due-tre giorni fa, è stata messa in piedi da un gruppo di collettivi femministi tra cui Amatrix, Libellule, Feramenta, Associazione femminista via dei Volsci, a cui sicuramente non fa difetto la rabbia e le idee chiare. "L'idea della manifestazione è stata nostra" spiega Amelia, "non vogliamo cappelli politici anche perché delle scelte di questa politica non condividiamo quasi nulla. E non vogliamo uomini, abbiamo fatto una scelta sessista e separatista perché in questo modo si capisca che il problema in Italia è di tipo culturale e serve scardinare la società di tipo patriarcale...".

Amelia è un fiume in piena ed è alla testa del corteo quando alle 14 e 45 minuti, dopo un acquazzone memorabile, il grande striscione "La violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha confini" muove i primi passi. C'è emozione e soddisfazione. Sono tante, un concentramento enorme, oltre ogni aspettativa. Le donne dei campi rom improvvisano danze etniche. "Siamo del campo di via Candoni e ieri abbiamo deciso di venire al corteo. Lo abbiamo comunicato agli uomini del campo e siamo qui" spiega Daniela sfoggiando un sorriso molto dorato. Futurica è più giovane, ha 16 anni: "Quanta violenza c'è nei campi rom contro le donne? Come in tutto il mondo...". Si muove il camion rosso con la musica sparata a palla e lo striscione: "La violenza contro le donne non dipende dal passaporto, la fanno gli uomini".

Poco dopo l'inizio di via Cavour, sul lato sinistro della strada, lungo il marciapiede, svetta l'ex ministro Stefania Prestigiacomo e il collo di pelliccia dell'onorevole Mara Carfagna. Qualcuno dice che sono con i bodygard, più semplicemente, forse, il loro autista. Comunque sia, inaccettabile per le organizzatrici. E' il primo momento di tensione. I cori si alzano in fretta: "Fuori i fascisti da questo corteo"; "La violenza sulle donne non si strumentalizza, sei una fascista non sei una donna". L'ex ministro prosegue dritta, qualche centinaio di metri, faccia tesa: "La nostra presenza qui non è una provocazione, siamo donne, non abbiamo una bandiera politica. Certo se questo è il livello di tolleranza di una manifestazione contro la violenza...".

Ma non è un problema di colore politico. Pochi metri dopo, infatti, un fotografo e un paio di giornalisti s'imbattono nel rigore separatista delle femministe organizzatrici. Cori, spintoni, fuori anche loro.

Via via che il corteo si libera lungo via Cavour la violenza contro le donne torna il tema, quello vero, il principale. Quello a cui l'Onu domani ha dedicato una giornata mondiale. Per cui il presidente della Repubblica Giorgio Napoletano ha inviato un messaggio al ministro Pollastrini parlando di "drammatica violazione dei diritti umani" e augurando che l'iter della legge a tutela della donne possa concludersi presto in Parlamento. Qualche spezzone, a dir la verità, non condivide neppure l'impostazione della legge: "Fiducia nello stato non ne abbiamo / l'autodifesa è nostra e non la deleghiamo". Nel mirino degli slogan ci finisce il pacchetto giustizia: "Se la violenza è sotto il tetto che ce faccio cò sto pacchetto"; "non ci stiamo in un pacchetto violenza, vogliamo una cultura del rispetto". Monica Pepe, la più gettonata tra le organizzatrici: "Un episodio come quello della morte di Giovanna Reggiani è stato strumentalizzato per dare vita a un pacchetto sicurezza xenofobo e razzista".

Le femministe sono tornate, non c'è dubbio. Lo dicono le colonne sonore prescelte: con Loredana Bertè cantano "non sono una signora ma una con poche stelle nella vita"; con Fiorella Mannoia intonano "quello che le donne non dicono". Gli abiti parlano degli anni settanta: gonne lunghe e giacconi, mini e calze colorate, zeppe, fasce colorate in testa; trecce o capelli cortissimi.

L'intolleranza separatista non si ferma. Intorno a piazza Venezia si aggiunge al corteo - ahiloro - un gruppo di senegalesi con tamburi, treccine e ritmo. Sono bravi e fanno allegria. Durano venti minuti. E' in azione una specie di servizio d'ordine che fa la spola lungo i lati del corteo per controllare che non ci siano uomini. "Dovete andare via, non potete stare qui...". Malandobo, il leader del gruppo etnico resta un po' perplesso: "Ma noi siamo contro la violenza...". Succede che un gruppo di donne decide di fare da "protezione" ai gruppo di intrusi. Sono tanti i pezzi del corteo che non condividono questa impostazione. Paola, ad esempio: "Siamo qui, contente di partecipare e di manifestare per una cosa molto seria. Ma che tutto questo sia appaltato a una banda di separatiste sessiste non ci sta bene".

La testa del corteo arriva in piazza Navona due ore dopo la partenza da piazza della Repubblica. Finirà di affluire intorno alle sei e mezzo. Altre polemiche, i ministri contestati, le telecamere abbuiate. "Se dovete intervistare qualcuno, sentite noi e non i ministri" polemizza Monica Pepe. In realtà le uniche che dovevano parlare, oggi, dovevano essere le donne violate. Hanno sfilato anche loro, in silenzio, con rabbia, lo striscione in una mano, il figlio nell'altra. Questo corteo era in loro nome.

CLAUDIA FUSANI

 il Manifesto    - 27-11-2007
Ministre fischiate dal corteo

Denunciare qual è la realtà quotidiana che tante donne vivono, intervenire perchè si cambino le leggi ma anche il senso comune, mettendo in discussione il punto di vista e l'identità maschile, sono obiettivi che devono appartenere a tutti Paolo Ferrero Andare alla manifestazione con la scorta... non ci posso credere. Non siamo mica un paese in guerra, che bisogno c'è di andare in giro scortate? Siamo al limite dell'umorismo. Allora la contestazione se la sono andata a cercare Franca Rame, Turco, Melandri e Pollastrini.


Applausi dalla Cgil Emilia Romagna. Dalla Campania si stacca una ragazza: «Posso fare una foto?. Come no, sorriso. Poi la Toscana, ancora applausi e felicitazioni. Passa il collettivo delle universitarie, musica a palla e doccia fredda: la giovane dal furgoncino rosso (con la scritta «scapperò da questa casa galera che mi fa prigioniera») comincia a urlare: «Ministre, che ci siete venute a fare, la vostra presenza qui è inutile». Alle quattro e mezza in via Cavour Livia Turco, a braccetto con Maura Cossutta, aspettava le sue compagne, quelle dell'Udi. Ma stavano in fondo, per questo il corteo le è sfilato davanti. Con alterne vicende: cordialità e non.
E' andata così alle politiche che hanno partecipato alla manifestazione contro la violenza. Le promotrici avevano chiesto di evitare «strumentalizzazioni» da sinistra e da destra. Avevano anche rifiutato l'adesione dei partiti della ex Casa delle libertà, anche se rappresentati da donne, perché chi era al Family Day è portatore di «politiche razziste familiste e ostili al riconoscimenti di lesbiche, gay e trans». La critica si estendeva alle forze del governo che hanno varato il pacchetto sicurezza. Le ministre e le sottosegretarie sono le benvenute, avevano detto e scritto, «purché la loro presenza sia senza ambiguità e di stimolo a politiche serie, non legate all'emergenza e senza ricorso alla sola repressione». Più chiaro di così.
Le politiche, ieri al corteo, c'erano. Erano centomila, le centomila donne che sfilavano, ciascuna 'politica' alla sua maniera, nei centri antiviolenza, nei collettivi, nelle case delle donne, nelle trincee del femminismo e dell'autorganizzazione femminile. Le altre 'politiche', le rappresentanti nelle istituzioni, erano poche e, come era giusto, ciascuna a suo posto. Turco nello striscione dell'Udi, Cinzia Dato in quello delle socialiste. A Santa Maria Maggiore arrivano le forziste Stefania Prestigiacomo, scortata dai suoi guardioni, e Mara Carfagna. Un gruppo di donne le avvicina, le circonda e insomma le persuade ad allontanarsi. «Pacificamente», dicono le organizzatrici. La piazza non le voleva, e loro cercavano il caso? Missione mezzo compiuta: dopo l'allontanamento, hanno ricevuto la solidarietà delle ministre Barbara Pollastrini, Turco e di Titti Di Salvo (Sd), oltreché dei partiti della destra. Anche le donne della Cgil Lombardia si dissociano «decisamente dai comportamenti di quante hanno contestato la presenza di donne della politica e dei giornalisti» (si tratterebbe di un giornalista e un fotografo, allontanati da uno spezzone di separatista). La replica arriva da Arcigay, un'organizzazione che non ha condiviso la scelta di un corteo di sole donne, ma l'ha rispettata. «Una inutile e sfrontata provocazione», dice Aurelio Mancuso, il presidente. «La Prestigiacomo, quando era ministro alle Pari Opportunità, ha taciuto su tutte le politiche maschiliste del governo di centrodestra e, non ha avuto nemmeno il buon gusto di dimettersi quando è stata approvata l'orrenda legge sulla fecondazione assistita».
A Piazza Navona, a fine giornata, è toccata alle donne del governo di centrosinistra. Le promotrici avevano deciso di non fare comizi, per significare una contestazione ai rituali leaderistici delle manifestazioni tradizionali. C'era uno schermo che proiettava i dati della violenza maschile contro le donne, alternati a interviste a femministe e altre immagini. Quando il corteo è entrato in piazza, intorno alle 18, si è trovato di fronte un'imponente postazione della tv La7, da dove si svolgeva una trasmissione. Ma aveva tutta l'aria di un palco 'ufficiale'. C'era Giovanna Melandri e Livia Turco. Pollastrini aveva appena finito di parlare. Un gruppo di donne di un centro antiviolenza si è arrampicato sul palco. Un po' di parapiglia, un po' di imbarazzo per quella che Melandri stessa ha poi definito «qualche violenza verbale». La trasmissione si interrompe. La polizia viene fatta scorrere ai lati, ma non serve a niente, tranne che a far incassare agli agenti la loro parte di slogan. E infatti dopo qualche minuto si allontanano. «La7 col suo palco ha strumentalizzato la manifestazione», spiega Monica Pepe, una portavoce del comitato promotore. «Noi non siamo state chiamate a parlare e solo noi, in quanto organizzatrici, potevamo dire il senso di questa iniziativa». Insomma, tutte intervistate, tranne le protagoniste.Il corteo, comunque, ormai è finito. Le universitarie, bellissime, ballano Donna Summer. Che tutta Forza italia le sta contestando, definendole violente e via scendendo, qui non arriva. Alesssandra Mussolini dice di essere stata consigliata dalla polizia di non farsi vedere. Nientemeno. «Manifestazione allegra, gioiosa», dice la scrittrice Lidia Ravera. «Se poi qualche oca ha mandato al diavolo la Turco e la Melandri, non significa che si debba fare diventare questo il centro di tutto». Al centro c'era una bella giornata di donne contro la violenza degli uomini. Anche se di oche in piazza, noi croniste, non ne abbiamo viste.

Daniela Preziosi

 il Manifesto    - 27-11-2007
Effetto palco, fuori programma


Si fa presto a dire «intolleranza», come fa la presidente del Telefono Rosa, o addirittura «ingiustificabile prevaricazione», come fa la presidente dei senatori dell'Ulivo Anna Finocchiaro. Si fa presto a giocare con le parole, come fa la ministra Melandri, dando delle «violente» alle militanti anti-violenza che l'hanno contestata. Si fa presto a titolare sulle contestazioni a Melandri, Turco, Pollastrini, Prestigiacomo, come fanno in coro le tv, dopo aver contribuito con le dirette a mettere al centro della scena le politiche di professione.

La verità è che le organizzatrici erano state chiare nelle loro intenzioni della vigilia: non volevano tra loro personalità politiche che avessero aderito al family day, che avessero preso posizioni familiste contrarie vuoi all'autodeterminazione femminile vuoi al riconoscimento di gay trans e lesbiche, che avessero dato il loro ok al pacchetto sicurezza, che avessero dato fiato alle campagne razziste anti-migranti in nome della tutela delle donne. Non erano esclusioni ad personam, e nemmeno riportabili alle consuete discriminanti dello scacchiere politico, destra-sinistra o governo-opposizione. Erano discriminanti politiche di merito, rivolte a destra e a sinistra, all'opposizione e al governo, che sarebbe stato opportuno prendere sul serio, perché sul serio vincolavano il programma anti-violenza della manifestazione a un orientamento anti-familista, anti-omofobico, anti-securitario, anti-razzista.

Ministre ed ex-ministre non l'hanno preso sul serio, bypassando allegramente i loro trascorsi familisti (Prestigiacomo) e le loro connivenze securitarie (Turco, Pollastrini, Melandri). E figurandosi - al solito - una manifestazione di donne come un giulivo raduno impolitico, tenuto insieme dal minimo comun denominatore del no alle botte e agli stupri e indifferente al (o manipolabile dal) modo in cui la politica istituzionale declina quotidianamente il tema della violenza. Ci hanno aggiunto infine il sale e il pepe dell'arrivo al corteo sotto scorta (Prestigiacomo, anche se su questo particolare le testimonianze divergono), e dell'automatico accomodarsi sotto i riflettori de La7 (Turco, Pollastrini e Melandri). Come non avessero mai sentito dire, queste ultime, che alle forme della rappresentazione mediatica il movimento femminista è da sempre sensibile quanto e più che alle forme della rappresentanza politica. E che se una manifestazione sceglie di concludersi in una piazza senza palco e senza leader, non è per fare spazio a una leadership di governo su un palco televisivo.

Ida Dominijanni