breve di cronaca
L'azienduola
Spoleto online - 21-11-2007
Che cosa produce la scuola-impresa?

Ormai sono cosciente di lavorare in un'azienda... ma in un'azienda di serie B!


Quando, anni fa, decisi di fare l'insegnante e fui assunto nella scuola in quel ruolo, non immaginavo certo di dover operare in un'azienda.

Anzi, ero convinto (ingenuamente) che il mondo della scuola fosse estraneo ed immune da ogni logica capitalista. Anche per questo scelsi l'insegnamento, che reputavo una professione creativa e pensavo offrisse molto tempo libero, un bene più prezioso del denaro.

A distanza di anni dal mio esordio lavorativo, eccomi catapultato in un ingranaggio di fabbricazione industriale, con la differenza che nella scuola non si producono merci di consumo. Del resto, non mi pare di aver ricevuto una preparazione idonea a svolgere un'attività manifatturiera - ma si sa, viviamo nell'era della "flessibilità"!

Ormai sento sempre più spesso adoperare un lessico tipicamente imprenditoriale (ma senza avere alcuna imprenditoria e alcun imprenditore... Ah, dimenticavo i "presidi-manager! Eh eh eh!): termini e locuzioni come "economizzare", "profitto", "utenza", "competitività", "produttività", "tagliare i rami secchi" e via dicendo, sono diventati di uso assai comune, soprattutto tra i cosiddetti "dirigenti scolastici", che non sono più esperti di psico-pedagogia e didattica, ma pretendono di essere considerati "presidi-manager". Perlomeno, in tanti si proclamano e si reputano "manager", ma sono in pochi a saper decidere abilmente, e con la dovuta trasparenza, come, quando e perché spendere i soldi, laddove ci sono.

Inoltre, anche nella Scuola Pubblica si sono ormai affermati alcune tipologie di organigramma e alcuni metodi di gestione mutuati dalla struttura manageriale dell'impresa neocapitalista, ma che applicati nella realtà delle scuole si rivelano assolutamente inappropriati, infausti e devastanti.

All'interno di questo assetto gerarchico sono presenti vari livelli di comando e subordinazione. Si pensi, ad esempio, al "collaboratore-vicario" che, stando all'attuale normativa, viene designato dall'alto, direttamente dal dirigente (prima, invece, era il Collegio dei docenti che eleggeva democraticamente, cioè dal basso, i suoi referenti, a supportare il preside nell'incarico direttivo).

Si pensi alle R.S.U., ossia i rappresentanti sindacali che sono eletti dal personale lavorativo, docente e non docente. Si pensi alle "funzioni strumentali", ossia le ex "funzioni-obiettivo", che nella realtà si sono rivelate quali "disfunzioni" con un solo obiettivo: accaparrarsi i fondi aggiuntivi.

In altri termini, si cerca di emulare, in maniera comunque maldestra, la mentalità economicistica, i sistemi ed i rapporti produttivi, i comportamenti e gli schemi psicologici, la terminologia e l'apparato gerarchico, di chiara provenienza industriale, all'interno di un ambiente come la Scuola Pubblica, cioè nel contesto di un'istituzione statale che dovrebbe perseguire come suo fine supremo "la formazione dell'uomo e del cittadino" così come detta la nostra Costituzione (altro che fabbricazione di merci! ). E' evidente a tutte le persone dotate di buon senso o di raziocinio, che si tratta di uno scopo diametralmente opposto a quello che è l'interesse primario di un'azienda, cioè il profitto economico privato.

La Mor-Attila, Fi-oro-ni e i vari "manager" della scuola, in buona o in mala fede confondono tali obiettivi, alterando e snaturando il senso originario dell'azione educativa, una funzione che è sempre più affine a quella di un'agenzia di collocamento o, peggio ancora, a quella di un' area di parcheggio per disoccupati permanenti.

Ma perché nessuno mi ha avvertito quando feci il mio ingresso nella scuola? Probabilmente, qualcuno potrebbe obiettare: "Ora che lo sai, perché non te ne vai?". Ma questa sarebbe un'obiezione di stampo aziendalista e come tale la rigetto!

L.G.

  discussione chiusa  condividi pdf