Nonostante
Marino Bocchi - 27-10-2007
Perché Bertinotti è milanista, anzi "militante della fazione rossonera", nonostante Berlusconi? Perchè "il colore rossonero mi ricordava quello degli anarchici" (Gazzetta dello sport, 24 ottobre). Milanista nonostante.....
Si chieda ad un cattolico di rinunciare alla sua fede perché si è scoperto che Padre Pio, fatto santo dalla Chiesa, per i suoi miracoli ricorreva anche a qualche trucchetto (Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia del '900, Einaudi). Cattolico nonostante....
E nonostante il comunismo sia fallito e fuori moda, c'e' ancora chi si ostina a dichiararsi comunista e chi anarchico, benché proprio per mano anarchica sia stata assassinata la bella, incantevole imperatrice Sissy, moglie di quel Francesco Giuseppe che, nonostante il mestiere impostogli dal titolo, era in fondo un brav'uomo.
Figlio della mia generazione, sono stato educato alla cultura del nonostante, che come insegnanti ci affligge e tormenta, e ci fa arrossire di vergogna ogni volta che vogliamo dare un aiuto a qualcuno dei nostri studenti che non ce la fa, e allora scriviamo e imploriamo allo scrutinio che lui o lei si impegna, si affanna, nonostante le lacune insuperate, a volte insuperabili, in questa o quella disciplina. Tradotta in un sintagma burocratico, questa parola inflazionata ha perso il suo nobile e bel significato di origine, che rinvia ad un sereno epicureismo, ad una pacata accettazione del destino umano. Toglietela dal contesto professionale, dall'uso ipocrita e ingannevole con cui spesso la si impiega, a voler rinviare, procrastinare, nascondere, mediare sempre e comunque (perciò in altri decenni lo si sarebbe definito un termine esemplarmente democristiano) e vedrete che il nonostante ci rende più liberi nelle nostre autodeterminazioni, più flessibili nei nostri giudizi anche se piu' insicuri e instabili, più tentati dal rigore del dubbio che dalle molli certezze dei luoghi comuni acquisiti.

Ma non è più tempo di indulgere al nonostante. Oggi trionfa il riduzionismo razionalista, di cui la meritocrazia è solo una delle tante varianti. C'e' e ci deve essere un solo e univoco criterio di merito, cosi' come di scienza, di politica, di ragione, di ordine sociale ed economico: è quello misurabile, quantificabile, testabile con presunti strumenti oggettivi. Il nonostante espone la realtà e il pensiero che la riproduce ad una potenzialmente infinita serie di subordinate, ma rallenta gli esiti, le conclusioni. Rende la complessità della vita a scapito però della sua immediata usabilità. Frena e a volte blocca i processi decisionali a scapito dell'efficienza, in nome della quale i riduzionisti, i meritocratici per esempio, impongono la logica del sistema binario: A o B, o dentro o fuori, o ce la fai o non ce la fai, e chi resta indietro peggio per lui. E non perdiamo tempo in chiacchiere, dicono. Perché ogni chiacchiera puzza di fancazzismo (a proposito: nell'intervista alla Gazzetta Bertinotti, fa l'elogio del bar in quanto "spazio libero, iperbolico", dove si può spararle grosse. Per fortuna che in Italia c'e' ancora qualche sano e vecchio socialista). Il modello è unico, il resto è retorica e ideologia Peccato che la razionalità, di cui il riduzionismo razionalista è una caricatura, e che ama esplorare gli infiniti mondi possibili, le traiettorie che scartano, i sentieri che si interrompono, e poi magari riprendono, e si intersecano e si sovrappongono, e a volte non ci capisce più niente, sia un'altra cosa. E lo dice la scienza. Lo affermano le teorie del caos, lo sosteneva Gould riguardo all'evoluzione. Ma i nuovi pedanti, come Giordano Bruno apostrofò i puritani del '500, non se ne avvedono. I puritani di oggi, come quelli di allora impegnati a definire i canoni della Nuova Dottrina, non li cercano più nelle parole del Libro ma in quelle dei testi delle facoltà di Scienze economiche. Eccola la parola magica, la formula passepartout, l'Economia, dalla quale essi mutuano i concetti, lo stile, il linguaggio: tutto, e il Sapere e la scuola in primis, devono diventare prodotto, risorse, crediti e via elencando.

Mi ricordo, sarà un paio di anni fa, di aver ascoltato su Radio Radicale uno di loro, un parlamentare ex bocconiano poi passato con Berlusconi che teneva una rubrica settimanale di argomenti economici, decantare le virtù del Sommo sacerdote di questa Chiesa Universale, Milton Friedman, le cui teorie monetariste, negli anni '70, erano riuscite a riportare i conti del Cile in ordine, nonostante Pinochet, anzi grazie a Pinochet, menzionato però appena di sfuggita, come danno collaterale E allora, pur da emerito ignorante in materia, mi permetto di raccomandare a questi amici e compagni, la lettura di un bellissimo saggio appena tradotto in italiano da Adelphi, ma uscito in edizione originale prima in inglese e poi in francese nel '19. Si tratta di Le conseguenze economiche della pace. L'autore è John Maynard Keynes che fece parte della delegazione britannica incaricata di negoziare la pace con la Germania, da cui si dimise ritenendo che quegli accordi umilianti imposti alla parte sconfitta avrebbero condotto l'Europa al disastro. E lo fece utilizzando nella diagnosi, oltre alle sue straordinarie competenze economiche, anche le sue conoscenze storiche, sociologiche, scientifiche. Il tutto condito da una visione alta ed etica della posta in gioco e reso in uno stile letterario da grande scrittore. Analizzando tabelle, elaborando dati, cifre e statistiche, Keynes fu cosi' in grado di prevedere in anticipo su tutti gli altri ciò che la grettezza avida e cinica e il corto respiro dei potenti vincitori e dei loro organi di propaganda, precludevano alla vista. L'immane tragedia in cui l'Europa sarebbe precipitata col nazismo e la seconda guerra mondiale. Se oggi ci fossero economisti come Keynes l'Economia sarebbe ancora una scienza, aiuterebbe ancora a interpretare e interrogare il mondo. Invece ci tocca sopportare le lezioni di quelli che riducono l'intera realtà, nelle sue varie e complesse articolazioni, ad una serie di capitoli di partita doppia, spese sociali da ridurre, rami secchi da tagliare, meriti servili da promuovere. E non si avvedono di essere molto somiglianti a quella combriccola di Versailles di cui Keynes diede uno sprezzante ritratto, citando le streghe del Macbeth: "Bello è il brutto, e brutto il bello/Voliamo per la nebbia e l'aria sozza".

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 Ciro Vona    - 28-10-2007
Quello che lei chiama riduzionismo razionalista contiene in sé il germe di una catastrofe. Tutto quello che possiamo fare per opporci è continuare a lavorare nelle scuole per coltivare intelligenze critiche e conservare la speranza che, com’è sempre accaduto, anche stavolta, alla fine, la ragione abbia la meglio sulla forza.