breve di cronaca
Si salva perché va a scuola
Corriere della Sera - 23-06-2002


...«Anche io sono viva senza sapere perché - è il racconto della compaesana Maryam, 16 anni, - la terra ha cominciato a tremare, abbiamo cercato di scappare, non ce l'abbiamo fatta. Mia madre, mia sorella e i suoi due bambini sono rimasti sotto le rovine. Io sono stata salvata perché i soccorritori hanno scorto la mia mano emergere dalle macerie».
«Tutte le case tremavano, mi sono sentita perduta. Eppure io mi trovo a Rasht, a circa 170 chilometri da Qazvin», scrive sul sito della Bbc la ricercatrice finlandese Sari Kuivalainen. «Ho una sorella che vive in quella zona. Qualcuno è in grado di darmi sue notizie?», aggiunge disperata Denise McMullan, dal Canada.
«E’ stato terrificante vedere case e palazzi crollare. Sono riuscita a infilarmi in un armadio e così mi sono salvata», fa sapere Clive, con la sua e-mail. Sono le urla dal silenzio della morte, dall'inferno, che ieri mattina si sono abbattuti sull’Iran nordoccidentale.
Secondo un comunicato dell’agenzia ufficiale iraniana Irna un terremoto del 6,3 grado della scala Richter ha colpito le province settentrionali, centrali e occidentali di Gilan, Tehran, Kurdestan, Qazvin, Zanjan e Hamedan, (con riflessi fino alla capitale dove la gente è scesa in strada presa dal panico) provocando almeno 500 morti e 2000 feriti, distruggendo 20 villaggi (ma secondo altre fonti sarebbero 60) e 5 mila case e lasciando 25 mila persone senza tetto. Un bilancio provvisorio, destinato ad aggravarsi col passare delle ore, in quanto gli esperti hanno previsto uno sciame sismico che potrebbe andare avanti per settimane.
L’epicentro è stato localizzato ad Avaj(nella provincia di Zanjan) e a Bouin-Zahra, nella provincia di Qazvin. A Qazvin (che dista circa 220 chilometri a ovest della capitale Teheran) secondo il capo della Mezzaluna Rossa, Majid Shalviri, ben 1.000 persone sono state salvate dalle macerie. Bouin-Zahara era stata colpita da un altro terribile terremoto nel settembre 1962 quando però le vittime furono migliaia. Poi per 40 anni il mostro che vive sotto queste montagne sembrò essersi assopito. La provincia di Qazvin, che ha quasi un milione di abitanti, ed è famosa per le sua storia e la sua posizione che ne fa un ponte fra la capitale, il Caucaso e l’Europa, non viene infatti considerata particolarmente a rischio dai sismologi rispetto ad altre zone del Paese ben più fragili e molto più colpite negli anni scorsi. Gilan, ad esempio, nel 1990 fu annientata dal sisma che causò da 50 mila a 150 mila morti. L’alto numero delle vittime si spiega, secondo il professor Fariboz Nateghi, consigliere governativo per l’ingegneria sismica, col «fatto che le case sono fatte per lo più di fango e mattoni e una volta che le pareti cedono, il soffitto crolla sugli abitanti e non lascia scampo». Ieri mattina la scena si è ripetuta. E le immagini della televisione, il racconto degli scampati hanno fatto sapere al mondo le conseguenze: case crollate come scatole di cartone, villaggi rasi al suolo, sopravvissuti che si battevano il capo alla vista del desolante spettacolo, ospedali sovraffollati incapaci, come è successo ad Avaj, di accogliere tutti i feriti. A Esmailabad, il paesello di Mohsen e Maryam, a 10 km da Avaj, un abitante su 9 è deceduto; a Garm Darreh, nella provincia occidentale di Hamedan, sono morti 40 dei 280 abitanti; a Changoureh, il corrispondente dell’agenzia Reuters ha contato circa 150 corpi avvolti nelle coperte e ammucchiati nella piazza o lungo le vie. Molti cadaveri venivano portati via adagiati su scale o vecchie porte per essere seppelliti ai piedi di una collina dove erano state scavate delle tombe. La maggior parte delle vittime è costituita da donne, vecchi e bambini in quanto gli uomini all’ora in cui le forze della natura si sono scatenate erano già nei campi. Non sono mancate le critiche agli aiuti, considerati, proprio dai sopravvissuti di Changoureh, troppo lenti.
«Alle 9 avevamo lanciato la richiesta di soccorso - ha denunciato il «sindaco» Jamshid Amiri - ma al pomeriggio non si era visto nessuno. Avevamo chiesto dei cani per localizzare eventuali superstiti fra le rovine, ma non ce ne hanno mandato neanche uno». Eppure il villaggio di Changoureh sarebbe dovuto essere un posto privilegiato: ospita molte seconde case di ricchi abitanti della capitale o di Qazvin. Eppure nessuna delle abitazioni è rimasta intatta. Forse per calmare il malcontento il presidente Mohammed Khatami ha inviato un messaggio di condoglianze alla nazione e ha sollecitato il ministro degli Interni a impegnarsi personalmente per garantire la massima assistenza.

Costantino Muscau



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