Sopra la inattualità del coccodrillo
Salvo Bascone - 01-05-2007
Lettera aperta all'on. Alba Sasso

Gentile onorevole,

Alcuni episodi di cronaca recente avranno sicuramente colpito la Sua sensibilità, la Sua come la mia e credo anche quella della maggior parte della cosiddetta opinione pubblica; alludo, in particolare, a due episodi che appaiono come i più gravi dell'ormai lunga catena di fatti, e soprattutto di immagini, che hanno costituito l'assalto mediatico al pianeta scuola di questi ultimi mesi.
Più gravi perché qui c'è la morte. Non si tratta del colore delle mutandine della professoressa vattelapesca e di simili facezie dell'italico bullismo né starò a tediarLa su tali argomenti; per questi, mi permetto solo un umile rinvio a un mio recente intervento, lungo, noioso e articolato. Qui è diverso, qui c'è la morte.

EPISODIO n. 1 - Marco (o più verosimilmente Matteo) ha sedici anni, frequenta la seconda classe di un istituto tecnico di Torino; un martedì ha deciso di farla finita: prima si è piantato un coltello nel petto e poi si è lanciato dal quarto piano. È stato scritto che l'ha fatta finita perché era gay e per questo deriso dai compagni di classe. Io dico, e lo dico a Lei, on. Sasso, e a quelli che come Lei parlano di diritti di cittadinanza e di nuova cittadinanza europea, che il ragazzo l'ha fatta finita semplicemente perché ha avuto l'estrema e tragica consapevolezza di non poterli mai avere questi diritti di cittadinanza perché, innanzi tutto, era frocio, "frocio", on. Sasso, e non "gay".
Curioso ma, mentre scrivo, mi accorgo che il correttore ortografico del mio computer corregge (e quindi non accetta) la parola italiana "frocio" e non corregge l'anglosassone "gay", provare per credere.
Non si tratta, comunque e ovviamente, di semplice problema di ordine etimologico o lessicale.
"Gay" è un orribile termine anglosassone politicamente corretto; se sei gay sei accettato, per niente emarginato; puoi fare spettacolo per le strade a utile beneficio delle telecamere (lo chiamano "Gay Pride"), se poi vai in televisione a fare la bella statuina nel presepe dell'immondezzaio televisivo, ti danno pure un sacco di soldi e magari diventi pure un vip. "Frocio" no!

"frò|cio, agg., s.m., CO volg., omosessuale maschio" [DE MAURO]

La parola italiana "frocio", sebbene comune, sebbene nazionalpopolare, non è accettata perché conserva ancora tutta la sua rudezza che sa ancora di caserma e di azione cattolica, puzza ancora di rancio e di seminaristi. Se sei frocio e non gay non vai in televisione, non sei in video, dunque non hai cittadinanza.
Marco (o più verosimilmente Matteo) se n'è andato senza lasciarci foto, immagini, icone e santini.
Tra un anno, Lei, on. Sasso, si ricorderà dei calci al down di Torino e del colore delle mutandine della professoressa vattelapesca ma di Marco (o più verosimilmente Matteo) non si ricorderà più nessuno.

- Marco (o più verosimilmente Matteo) NON ha un video on line della sua morte; non Le pare, on. Sasso, che questo sia già di per sé un primo motivo di esclusione dalla cittadinanza?
- Marco (o più verosimilmente Matteo) era figlio di una madre filippina cioè di una madre extracomunitaria; secondo motivo di esclusione dalla cittadinanza, Le pare?
- Marco (o più verosimilmente Matteo) andava bene a scuola, aveva 7 e 8 in tutte le materie e 10 in condotta.

Ora mi chiedo e Le chiedo, on. Sasso, come fa un ragazzo che è frocio, che ha una madre filippina e che ha pure 7 e 8 in tutte le materie e 10 in condotta a potere avere diritto di cittadinanza dentro la nostra attuale scuola democratica, quella che ogni giorno predica bene e razzola come può, quella che ogni giorno premia l'analfabetismo e il conformismo di massa?
La diversità di Marco (o più verosimilmente Matteo) non sta tanto, o comunque, nel suo essere frocio e nel suo avere una madre filippina ma in quel 7 e 8 in tutte le materie e 10 in condotta.
Forse la vecchia scuola gentiliana, quella autoritaria e classista, avrebbe in qualche modo accolto e valorizzato un ragazzo così; di sicuro quella di oggi, quella scuola che persone come Lei hanno contribuito a costruire, non ha spazi sufficienti per accoglierlo. Uno così va emarginato, va messo fuori dalla scuola a forma di casetta del mulino bianco tanto cara alla nostra politica di destra e di sinistra.

EPISODIO n. 2 - 16 Aprile 2007, Blacksburg (USA), Virginia Polytechnic Institute and State University, lo studente sudcoreano Seung-Hui Cho fa fuori 32 persone nel campus prima di togliersi la vita ma prima, al contrario del nostro buon Marco (o più verosimilmente Matteo), ha opportunamente provveduto a lasciare innumerevoli tracce di sé (soprattutto informatiche) con tanto di foto (che lo ritraggono in pose alla De Niro nel mitico Taxi Driver) e un formidabile video kamikaze style che opportunamente inviato alla NBC News di New York lo ha già proiettato dentro al pantheon mediatico d'inizio secolo.

Una volta, l'adagio popolare diceva "si fa ma non si dice"; oggi, più che il fare conta il "si dice".
Noi che abbiamo studiato e siamo tanto colti sappiamo che tutto questo, in termini culturali e alti, si traduce nella nota legge di McLuhan "Il mezzo è il messaggio".
Loro, e qui alludo soprattutto ai nostri italioti bulletti scolastici, essendo semianalfabeti, non conoscono la legge di McLuhan ma la applicano a meraviglia perché l'hanno dentro, l'hanno codificata nel loro DNA, DNA che noi abbiamo provveduto a trasmettergli.

"Tutti, almeno una volta nella vita, saranno famosi per 15 minuti"; d'accordo, ma forse lo stesso Andy Wharol non aveva ben considerato che si può fare di più, oltre i famosi 15 minuti: è la morte che ti celebra e ti santifica per sempre in video. Nell'Età della comunicazione globale è la moderna estetica o, forse meglio, poetica del kamikaze islamico che sembra vincente.

Nel bel sito del Virginia Tech campeggia il motto "Invent the Future" e poi "We are the hokies. We will prevail"; intanto il futuro è tutto suo, è di Seung-Hui Cho. Fa una certa impressione vedere come la versione inglese di wikipedia gli dedichi di già una voce così lunga e documentata degna di entrare nella storia; è lunga e documentata quanto quella dedicata a "Lee Harvey Oswald" che uccise Kennedy a Dallas nel '63. Sempre provare per credere.

Ora, gentile onorevole, essendomi occupato parecchio, in queste ultime settimane, proprio di fatti e misfatti in materia di bullismo, di violenza nelle scuole, di divieto all'uso dei cellulari e cose simili, Le devo confessare che mi accade un fatto assai curioso: tutte le volte che mi occupo di questi episodi (come, in particolare, dei due gravi di cui ho fin qui parlato), mi capita di associare, mentalmente e automaticamente, questi fatti a Lei.
"Ma cosa c'entro io?" penserà giustamente Lei.
E anch'io mi chiedo: "Ma cosa c'entra mai una persona stimabile come sicuramente è l'on. Alba Sasso, dei DS prossimi PD, vicepresidente della VII commissione Cultura della Camera dei deputati, con questi fatti e fenomeni?"
Eppure qualcosa che giustifichi questa mia malsana associazione mentale ci deve pur essere e infatti, andando a rovistare tra le mie ricerche, trovo che in un suo intervento ("La violenza che chiede violenza", Fuoriregistro, datato 23-11-2006), intervento dedicato proprio ai fenomeni di bullismo (e lì, eravamo appena agli inizi), Lei giustamente s'indignava contro tutto questo "Ora tutti sanno di centinaia di video on line, con un elenco di efferatezze e barbarie da far rabbrividire" e, subito dopo, "E pensiamo davvero che a tutto questo sia estranea una cultura della scuola incapace di motivare, di creare stimoli alla ricerca, alla gratificazione, al piacere dello studio? Siamo sicuri che adottare indulgenza e arrendevolezza sia il modo migliore di procedere?"

Un commentatore del suo intervento (Giovanni Trodella in data 27-11-2006), giustamente scrive "Lei si stupisce, on.Sasso, lei si indigna. La scuola però è sola. Proprio sola, mia cara, e la solitudine stanca". Io, ora me lo ricordo bene e comprendo meglio l'origine della mia malsana associazione mentale tra l'argomento e il Suo nome, nel leggerLa, non fui così benevolo perché avrei voluto chiederLe: "Scusi, on. Sasso, ma Lei in quale paese dei balocchi ha vissuto per tutti questi anni?"
Capisco che avrà pure avuto il suo da fare di insegnante in Puglia, e poi il CIDI e poi il Parlamento, ma mentre si massacrava la scuola italiana, limitandoci almeno agli ultimi dieci anni, Lei dov'era? E stava dalla parte dei massacrati o dalla parte dei massacratori?
Di cosa davvero si stupisce e scandalizza?
"

Che la tendenza fosse questa lo si era già capito una ventina di anni fa (anni '80, Thatcher-Reagan, stato e welfare leggeri, supply side economics cioè mercato come ampliamento dell'offerta e privatizzazione dei servizi).
Accesso a saperi di altissima specializzazione riservato a pochi, addestramento professionale basso e parcellizzato per i molti, precari e flessibili pronti a cambiare lavoro continuamente (grazie a un diffuso sistema di lifelong learning o di educazione permanente), bassa scolarizzazione (che non significa necessariamente bassa scolarità, anzi), banalizzazione dei contenuti a favore delle cosiddette metodologie innovative sempre più supportate da linguaggi iconico-simbolici a discapito della verbalizzazione (toh! non sanno parlare, non sanno scrivere), la valutazione sempre più affidata alla docimologia frettolosa e imbecille dell'onnipresente test; mi scusi, on. Sasso, ma non sono state queste le parole d'ordine, i veri e propri tormentoni dello stupidario scolastico dell'era berlingueriana, che hanno attraversato la scuola italiana nel corso di tutti gli anni '90 e poi dritto dritto, sicuri nella grande vittoria finale, nel cuore di Lisbona 2000?

Contrordine compagni! Ancora una volta ci siamo sbagliati. E' così, on. Sasso?

Adesso Lei si stupisce e si scandalizza dei risultati che sono quelli di una scuola dall'autonomia sgangherata e senza soldi, vilipesa umiliata e derisa, dentro al Grande Circo Barnum dove, accanto all'intramontabile Cogne sempre primo in classifica, tra un calciopoli e un vallettopoli, fa bella mostra di sé la scuola tormentone mediatico, vero ricettacolo di varie "pruderie" nazionali, associata, nei motori di ricerca a parole come risate, scherzi, divertente, sesso, pedofilia et similia.

Quanta tristezza, on. Sasso, è vero?!

Forse è davvero illuminante la fine del Suo intervento; Lei dice: "Certo, a Lisbona di tutto questo non si era parlato. Ma potevamo immaginare di arrivare a tanto? Se sì, nessuno è innocente. Se no, è ancora peggio"
Francamente non saprei, tra le due, scelga Lei on. Sasso, ma se uno, oltre a non essere innocente, è ancora peggio di non essere innocente ma allora che cosa è? O è un cretino o è un criminale; se poi uno è cretino e criminale può anche governare le cose del mondo e decidere del futuro di intere generazioni. Perché se no, o il gioco è truccato o c'è qualcuno che bara.

Gentile onorevole,

sono ormai due o tre settimane che mi arrovello su di una questione che qui, molto umilmente e senz'altro con dubbia utilità, vado a sottoporre alla Sua cortese attenzione.
Davanti ai poderosi sconvolgimenti climatici che, a quanto pare, caratterizzeranno sempre più il nostro futuro, riuscirà il coccodrillo (dico coccodrillo proprio come specie animale) a sopravvivere?
Ora, sappiamo che, nell'eventualità di cataclisma naturale o nucleare, a resistere e a sopravvivere saranno proprio animali come lo scarabeo e simili e quindi, considerando la robusta natura del nostro, si direbbe proprio di sì.
Dunque scarabei, coccodrilli e simili, erediteranno la terra ma più che la terra, così come noi la conosciamo, erediteranno il deserto avendo loro, e di gran lunga, divorato praticamente tutto.

Cordiali saluti.

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