E' trascorso ormai parecchio tempo, da quando il forse dimenticato "
Progetto Buonsenso" fece capolino in prossimità della scadenza di mandato del governo Berlusconi e su cui in tanti, compreso il
sottoscritto dibattemmo con durezza e serrata analisi.
Già allora si delineava una sorta di santa alleanza fra chi comunque di fondo condivideva un'idea della scuola che era completamente appiattita sui "
desiderata" degli organismi di gestione economica della UE e che, pertanto, concordemente intendeva avviare un ciclo espansivo del mercato della formazione e dell'istruzione.
Non c'era in questi nuovi profeti la visione illichiana della critica alla scuola statale, non li muoveva certo un'idea libertaria di scuola, una concezione del momento educativo come costruzione critica del sistema di saperi.
Chi, nel mondo della scuola, o fuori di questo, allora segnalò i rischi di questo abbraccio di strutture ideologiche che muovevano da comuni visioni del nuovo imperante politicamente corretto, avanzò, non da ultimo, la segnalazione che la vigilanza non sarebbe dovuta venir meno se il quadro politico fosse stato sparigliato.
E' passato ora in concreto un anno, da quando il nuovo governo si è insediato nel paese, e le peggiori preoccupazioni hanno trovato un fedelissimo e sconcertante riscontro.
Lasciando pure stare altri aspetti del quadro istituzionale e normativo, dalla giustizia all'informazione, tanto per dire, è proprio il settore della scuola, posto come un fiore all'occhiello della nuova compagine, che si è risolto in un disastro totale e, volendo chiamare le cose con il loro nome, in una presa in giro di utenza dei servizi e dei lavoratori (docenti e personale ATA).
Che ci volesse proprio il governo di centro sinistra per dare l'affondo definitivo alla scuola pubblica non era scontato ma era stato presunto da alcuni, come chi scrive, che mai avevano affidato la propria sicurezza nel nuovo governo.
Certo se il ciclo della stagione di lotta non si fosse interrotto, se l'afasia non avesse preso un po' tutto il movimento che era anche trasversale nelle scuole e nella società, forse qualche errore marchiano in meno la nuova struttura di governo poteva anche non compierlo, ma non è detto; talora la falsa coscienza rende più ciechi di un acido corrosivo.
Del resto sintomi ve n'erano stati sin dalla campagna elettorale: dalle grida di dolore di Rutelli & C. che al solo sentire di abolire la legge Moratti cadevano in deliquio, alla teorizzazione dell'aberrante logica del "
cacciavite" con cui hanno dato da bere per mesi che erano lì al lavoro per smontare il giocattolo berlusconiano.
Di fatto, hanno utilizzato solo un'astuta tecnica di depistaggio: si sono presentati in giro per l'Italia con un pacioso ministro che giocava a fare il libertario, fingendo di ascoltare tutti e poi, in definitiva, finendo per giocare su un tavolo solo, il solito, quello con cui da sempre ha giocato la democrazia cristiana: chiesa, sindacato confederale e i nipotini di Peppone.
N'è venuta fuori un'idea di scuola parecchio somigliante ai circoletti parrocchiali dove si deve vivere della carità dei fedeli e sperare nei contributi del cielo.
Si era solo all'inizio: affinché si avviasse un periodo d'oscuramento e di sordina delle proteste, sono state bloccate (ma non abolite), grazie anche a qualche ricorso ben presentato e alle esternazioni del garante della privacy, le assurdità del tutor, del portfolio, e di alcune pesanti ed incostituzionali incongruenze della scheda di valutazione; ma il tutto si è fermato lì.
Poi, solleticando le urgenze autoritarie e le angosce da bullismo, presenti in molti docenti, si è ripescato, imbellettandolo con nuovi nomi, il voto in condotta.
Dato che la classe docente è, nel complesso, da sempre, assai meno avvertita, tanto per dire, dei lavoratori di una qualunque fabbrichetta, il risultato, dal punto di vista del governo, è stato ottimo.
Silenzio o quasi, su tutti i fronti, calo generale del livello di pressione e via andare!
Poi, pian piano, la lenta (ma non troppo) limatura degli investimenti che, nella legislatura presente ha raggiunto un massimo storico. La finanziaria, è cosa risaputa, ha fatto il resto.
Ecco allora che ritorna l'ideologia dei "
buonsensisti", quelli che predicano l'avvento della nuova scuola dell'autonomia, abile paravento per permettere, da una parte di non affrontare mai seriamente temi come la visione della laicità dello stato e dell'unitarietà dei saperi e che, con il secondo paravento dei livelli essenziali, rovesceranno sulle scuole scelte come i percorsi programmatori di storia, di geografia e, mai gridato, anzi solo sussurrato, quello di scienze.
Sì, scienze, perché la vera vergogna di questo governo, è proprio quella di non aver ancora risposto alla questione, mica tanto per dire, dell'insegnamento dell'evoluzionismo che è stato eliminato dalla Moratti nelle sue indicazioni e, vogliamo scommetterci, non rientrerà nelle nuove indicazioni fioroniane.
Questa delle indicazioni, a parte il segreto su chi, come e perché ne avrà prodotto il nuovo testo, è il dato più significativo di tutta l'intera vicenda e siccome a questa gente non passa neppure per l'anticamera del cervello l'idea di abrogare la legge Moratti, hanno risolto di annacquarla modificandone le indicazioni.
Come se la premessa della legge, il suo corpus valoriale scomparissero modificandone alcune applicazioni che dal corpus stesso dovrebbero derivare.
Si tratta di un mezzuccio da imbonitori di paese, o meglio: si tratta di un efficace sistema perché tutto cambi senza che nulla cambi, permettendo a vaste plaghe del paese di proseguire nel percorso morattiano, lasciando una sensazione di suonata libertà a chi s'illude di trovare agibilità con la tanto sbandierata autonomia.
Quest'ultima poi è assolutamente imbottita di tranquillanti attraverso il sistema delle fondazioni che è l'avvio sperimentale, per ora, della totale privatizzazione della scuola, secondo i "
desiderata" del WTO.
Pure il senso di smarrimento che va diffondendosi nelle scuole, l'idea, prima confusa, ora sempre più netta, che cambiano cavallo e fantino, ma la corsa è sempre sulla medesima pista e le scommesse sono sempre truccate, la percezione chiarissima che c'è un patto d'intenti fra il sindacalismo governativo e lo stesso governo, tutto ciò insomma, serve a snervare le coscienze, a smorzare ogni velleità di protesta o di critica tanto, si sente dire, a che vale?
E' di queste ore la nuova promessa che il tempo pieno sarà al centro di nuove iniziative legislative: Sarà interessante vedere come medieranno fra decisioni già prese in finanziaria e la necessità di non fregarsi ulteriormente, anche col tema della scuola, le elezioni amministrative di maggio, ma si sa il sistema imperante è sempre quello: passata la festa, gabbato lo santo...
Ora sarà bene dire che la situazione è gravissima. Spazi per mediazioni non ce ne sono più. La linea economica del governo attuale punta, come del resto quella dei precedenti, ad un assoluto contenimento delle spese per la scuola mentre la previsione di possibili e prossimi scenari di guerra che potranno interessare vaste aree del pianeta va ingessando il paese in una struttura militare sempre più coesa con quella d'altri paesi che, si suppone, saranno come noi coinvolti negli scontri bellici. La notizia di queste ore sull'inserimento del nostro paese nello scudo missilistico americano non è una facezia da prendere alla leggera.
Questa classe politica che si mostra ad ogni piè sospinto in atto di genuflettersi e di battersi il petto è, in verità, infettata dalla totale mancanza di prospettiva per il futuro.
Essa vede solo orizzonti di fuoco e non sa e non vuole costruire orizzonti di pace. Si aggrappa alla rigidità di vecchie istituzioni e gioca solo a replicare se stessa.
Riuscire a modificare qualcosa nel quadro politico ed istituzionale presente più che impresa ardua pare impossibile. Eppure occorre ripristinare una forte carica di rivolta contro questo stato di cose. Occorre, infatti, che il mondo della scuola assuma un'azione educativa verso i cosiddetti servitori del popolo che vanno trattati non come soggetti diversamente abili, il che sarebbe già un gran vantaggio, non per via delle leggi di tutela, che, nella scuola, sono ogni giorno di più sconcertanti, quanto perché questi cittadini sono, normalmente, fra gli allievi più disponibili, ma come quei bulli che annientano la disciplina del lavoro, mortificano la volontà e il piacere dello stare insieme, umiliano l'esistenza di adulti e minori.
Con questi soggetti, lo sanno tutti quelli che lavorano nella scuola, non basta né serve il voto in condotta, ma solo una costante opera di ricostruzione delle relazioni e di rinforzo della personalità, in uno spazio dove ciascuno sta al suo posto, dove l'educatore è l'educatore e l'allievo e l'allievo.
Occorre che i lavoratori della scuola sappiano acquisire una grande autorevolezza politica e culturale che si conquista sul campo attraverso un solo concetto: mai lasciare la presa.
La posta in gioco non riguarda più la posizione contrattuale o il TFS o la pensione, ma il futuro di questo paese. La scuola è troppo importante per lasciarla nelle mani di quest'incapace ed autoreferenziale classe dirigente.