Senza apparente stupore
Emanuela Cerutti - 24-03-2007
Settimana dura per i bambini sans-papiers della zona nord-est di Parigi.
Lunedì la polizia ha bloccato una signora che attendeva la figlia all'uscita di una scuola materna. I presenti, insegnanti, genitori, passanti anche, hanno reagito e la signora ha potuto per il momento tornarsene a casa con la piccola.
Stessa sorpresa per un nonno che, il giorno dopo, aspettava i due nipoti alla fine delle lezioni: il nuovo intervento dei cittadini, però, questa volta non ha avuto successo: la polizia ha fatto ricorso ai gas lacrimogeni per disperdere la folla e il nonno è stato arrestato.
Alcuni esempi tra i tanti.
I Sindacati stigmatizzano e denunciano il clima di violenza che si respira: una violenza che provoca paura e ostilità.
La paura di chi si sente rifiutato, minacciato, impedito nel suo minimo diritto ad un'esistenza degna di un tale nome; di chi deve nascondersi senza aver commesso nessun delitto; di chi ha chiesto all'occidente scintillante di tenere accesa una lampadina per lui.
L'ostilità verso istituzioni e strutture di chi ogni giorno si fa carico del problema, uomini e donne, mamme, papà, amici, che cercano mediazioni tra la legge e la giustizia, prima che sia troppo tardi per l'una e per l'altra.
Nelle scuole, le primarie soprattutto, dove cuccioli alti un metro hanno già imparato a correre e a nascondersi senza far domande, ci si attiva: si preparano dossier salvavita, si partecipa ad incontri, si moltiplicano gli sforzi educativi per un'integrazione possibile.
E i bambini? I bambini sans-papiers?
Stanno.
Osservano, al momento dell'iscrizione al Collège, che non cambieranno quartiere come molti compagni per scegliere una scuola media diversa, qualificata, sperimentale, privata magari. No, se ce la faranno loro resteranno lì, nella scuola accanto, vicino alla loro famiglia o a quella che li accoglie. Qualche volta scuotono la testa, con un sorriso triste e un "si studia troppo là, puaf..." che neppure Pinocchio riuscirebbe a dire così male.
Qualche volta spariscono, per giorni, e nessuno sa bene dove. Quando riappaiono è per un saluto veloce, prima della partenza per un'altra destinazione più lontana, più sicura, più sola.
Intanto l'Occidente scintillante accende le luci di Pigalle e fiumi di turisti si catapultano da un cielo low-cost direttamente nella culla del piacere multietnico, deliziandosi delle proprie fortune.
I bambini sans-papiers, quando escono da scuola, passano senza apparente stupore.
Dentro, però covano dubbi e sentono ribellioni, vivono interrogativi che occorre coraggio a rendere pubblici. Qualcuno ci è riuscito, li ha raccolti, li ha trasformati in messaggio capace di attraversare i media, sperando nelll'unica risposta possibile al loro grido: lasciateli crescere qui.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Fernando Simone    - 24-03-2007
Ho letto con interesse ed ho guardato con un senso di rabbia impotente il breve ed efficace filmato. Poco o nulla sappiamo davvero di quello che ci accade attorno. Per una vita, com'è giusto che sia, ci mobilitiamo, ma tanti ci cadono attorno e nemmeno ne conosciamo la tradegia. La sinistra, non solo la nostra, è presa dagli ingranaggi del potere. Così buona parte del mondo non ha possibilità di riscatto. Sono stanco di sentirmi dire che facciamo il possibile. Bisogna voler fare l'impossibile.

 Alfonso Auriemma    - 25-03-2007
Questa poi è la verità che si tenta di far sparire nell'orgia delle celebrazioni acritiche per gli accordi del 1957. Su questi temi occorrerebbe fermarsi, riflettere, organizzare le lotte che un tempo furono delle sinistra. Facciamole circolare queste denunce perché molti non sanno. Se il contandino semina, qualcosa prima o poi la raccoglie.

 Michele Tabano    - 25-03-2007
Anche la Francia sembra imbarbarirsi. Se la politica non cambia, noi abbiamo una sola strada: ribellarci. Se non lo feremo, i nostri figli ci riterranno complici di chi sta costruendo un mondo senza speranze e non avranno certamente torto. Come fare? Non so. Cominciamo a organizzare la protesta dandoci delle parole d'ordine condivise da siti come questo, che non sono omologati, e partiamo da gesti simbolici: il governo finanzia l'Afghanistan? E allora, per fare un esempio, compaia una bandiera della pace ad ogni finestra. Hanno tagliato i fondi per la scuola? Gli insegnanti facciano una colletta, acquistino una pagina di un grande giornale e dicano ciò che pensano: non ne possiamo più, badate a quello che fate! Viene il 25 aprile? Organizziamoci e sommergiamo il Parlamento di lettere che domandano il rispetto della Costituzione. Io non dico che sia facile far sentire il dissenso, ma non possiamo rassegnarci. Misuriamo le nsotre forze, facciamolo civilmente, ma ribelliamoci!