Everest
Marino Bocchi - 20-05-2001
“I tibetani lo chiamano Chomolungma, 'Madre della terra', i nepalesi Sagarmatha, 'Cima nel mare delle onde', per tutto il resto del mondo è l'Everest, come fu chiamato a metà del 1800, in omaggio a Sir George Everest, un oscuro funzionario inglese. Con i suoi 8848 metri d'altezza é la più alta montagna del mondo, un superlativo e perciò un mito universale, che attirò da subito, e attira ancora, la fantasia degli uomini e naturalmente degli alpinisti” .(www.planetmountain.com/Special/libri/narrativa/ombreverest.html).
Temba Tseri e’ un giovane studente nepalese, ha sedici anni e le cinque dita della mano destra amputate: l’anno scorso aveva tentato la scalata all’Everest, lo aveva bloccato il freddo intenso a pochi metri dalla vetta che gli aveva congelato le dita, sarebbe stato il piu’ giovane a farcela, roba da Guinness dei primati se non fosse che al ragazzo del Guiness probabilmente non frega niente, essendo quella montagna, per lui, un cono di luce divina, un traguardo di purezza, una delle mille e una incarnazioni della Madre. Ma Temba ha comunque raggiunto il record, Temba non si e’ arreso. Racconta il Corriere del 25 maggio che i genitori lo hanno incoraggiato: “Non abbiamo paura, anzi siamo felici che ci provi di nuovo», aveva dichiarato la madre Lakpa Dikk…. A contribuire al finanziamento della salita sono stati anche i compagni di scuola del Vanasthali Institute, che hanno fatto una colletta raccogliendo 50 mila rupie (un milione di lire)”.
Alcuni giorni fa Temba “ha raggiunto l’Everest insieme a una spedizione francese diretta dal ventottenne Bertrand Roche, che poi si è gettato in parapendio insieme alla moglie Claire, mentre il ragazzo rientrava a piedi”, scansando, penso io, le migliaia di lattine di Coca cola, gli avanzi del cibo e i rifiuti organici decomposti che i tanti turisti occidentali lasciano ogni anno sul cammino, Anonimi travet della new economy, eleganti signori in giacca e cravatta superaccessoriati per l’occasione con le piu’ sofisticate trappole tecnologiche, perche’ il loro unico Dio (Temba invece ne ha tanti) gli ha lasciato scritto da qualche parte che loro sono gli eletti, a cui e’ destinata la profanazione della Terra.
A questa elegante e presuntuosa gens appartiene di certo anche il futuro ministro AN dell’ambiente Matteoli, il quale insieme al suo futuro governo la pensa come Bush, a proposito della “priorita’ assoluta dello sviluppo economico sulle preoccupazioni ecologiche” (La Stampa, 19 maggio). E aggiunge, tradendo l' inequivocabile sostrato linguistico-ideologico: “L’Europa sogna, mentre Bush guarda la realtà e traccia il solco per tutti”. Non solo Matteoli ritiene che anche “l’Italia dovrebbe strappare il protocollo di Kyoto, sottoscritto da cento paesi per ridurre del 5% le emissioni di gas che causano l’effetto serra e il cambiamento di clima” ma e’ pure convinto che la difesa dell’ambiente deve essere meno ideologizzata, “deve tener conto dell’esistenza dell’uomo e delle sue attività sul territorio”, per cui sotto con la cementificazione contrattata con gli italiani da Berlusconi e meno vincoli di tutela dei parchi. Vale a dire, suppongo, qualche cabinovia e funivia in piu’, su cui le festanti comitive studentesce potranno esercitarsi, perche’ raggiungere l’Everest non deve essere poi così difficile per un giovane occidentale dotato di tante buone merendine e disposto a salire sulle spalle di un qualche sherpa nepalese che l’accompagni nel viaggio.

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