breve di cronaca
Un attualissimo reperto archeologico
newsletter ADi - 09-03-2007
IRI 1991: Proposta di schema di legge per i tecnici superiori

Sul sito ADi è stata pubblicata la proposta di disegno di legge per la preparazione di "Tecnici superiori", formulata dall'IRI nel 1991, quando ne era Presidente Romano Prodi. Il testo fu formulato da Livio Pescia che era allora responsabile della formazione IRI. Quel testo inviato ai competenti Ministeri del Lavoro e della Pubblica Istruzione, rimase lettera morta. L'ADI ha voluto pubblicare quella proposta perchè è ancora di incredibile attualità. Oggi a distanza di 16 anni siamo a ritessere il filo interrotto di quel discorso. C'è evidentemente qualcosa di malato nel nostro sistema.


Elementi per un disegno di legge

L'IRI, anche a seguito di esperienze fatte sul campo (corsi di istruzione tecnico superiore svolti in collaborazione tra le Università e le Aziende del gruppo) ha elaborato una proposta contenente elementi per un disegno di legge destinato ad istituire e regolare un gradino del sistema pubblico d'istruzione superiore (successivo, cioè, alla scuola secondaria superiore) destinato a formare attraverso un ciclo di due o più anni tecnici superiori destinati al sistema produttivo (soprattutto professionalità di tipo tecnologico e amministrativo)
Nelle pagine che seguono vengono pubblicati uno schema contenente elementi per un disegno di legge ed il relativo commento.
La proposta è stata elaborata come contributo alla definizione della legislazione in materia di istruzione post-secondaria, preannunciata nell'art. 7 della legge 341 del 19.11.90 sugli ordinamenti universitari.

Il fabbisogno di tecnici superiori

Il fabbisogno di tali figure da parte del sistema produttivo italiano (e che ha indotto l'IRI a tentare di "prodursele" in casa con iniziative giustificate solo a causa della situazione di emergenza provocata dalle lacune vistose del sistema educativo pubblico) è ben noto, (anche se non si valutano abbastanza gli effetti negativi futuri dell'assenza di questa leva di politica industriale) e si dà qui per dimostrato; lo prova tra l'altro la necessità di impiegare, nonostante la loro scarsità, i laureati tecnici in posizioni inadatte sottodimensionate con conseguenti fenomeni di spreco, frustrazione, sottoutilizzo ed alti tassi di costoso turn-over. Le prospettive offerte dal nuovo diploma universitario - da considerarsi un'utile risposta in alcuni settori, ma non l'unica necessaria - vengono esaminate più oltre nella parte dedicata all'illustrazione della proposta

Italia: unico Paese europeo privo dell'istruzione superiore

Attualmente l'Italia è l'unico paese CEE a non avere il doppio sistema di istruzione superiore.
In Europa, accanto alle istituzioni accademiche, caratterizzate dalla prevalente formazione scientifica, esistono canali ed organismi caratterizzati da una formazione prevalentemente pratica.
Questi ultimi, soprattutto in paesi come la RFT, l'Olanda, la Danimarca (ma è molto importante anche l'esperienza inglese e francese), forniscono al sistema produttivo un formidabile potenziale di risorse umane.

Errore storico perpetuare il monopolio universitario

Se noi volgiamo lo sguardo in avanti ci rendiamo conto che può essere un grave errore storico perpetuare il monopolio dell'istituzione accademica.
E' preferibile non scaricare su tale sistema tutta la nuova crescente domanda di formazione tecnica e professionale superiore successiva alla scuola secondaria che si preannuncia all'orizzonte dell'anno 2000. L'istituzione universitaria rischia veramente di venire soffocata e distolta dai suoi compiti tradizionali, che sono sempre più centrali per la società contemporanea basata sulla conoscenza. Essa, che ancora non si solleva dalla crisi di affidabilità dovuta al massiccio incremento della domanda di istruzione degli ultimi decenni, come potrà salvaguardare il suo alto ed indispensabile compito scientifico (del quale giustamente in questo caso ha il monopolio) se sarà spinta a rincorrere tutti i multiformi tipi di formazione e di addestramento, molti dei quali sono basati su obiettivi, contenuti e processi d apprendimento estranei alla propria attuale competenza?
Con l'istituzione del Diploma universitario si fa pressante l'esigenza di differenziare il sistema di istru zione superiore; c'è infatti il rischio che il diploma venga impropriamente utilizzato come occasione per canalizzare tutta la nuova e d iversa domanda (vera o presunta) di cui sopra.
La proposta si fa perciò carico di indicare una organizzazione diversa che si distingue dal modello orga nizzativo universitario su alcuni Punti fondamentali.
Poiché la formazione tecnica e professionale non universitaria a cui si pensa: è abbastanza specifica, cioè non polivalente ad ampio raggio, è mirata, è basata su abilità e conoscenze solo in parte fornite autonomamente dall'istituzione educativa, occorre dar vita ad un modello organizzativo che, a differenza di quello universitario , sia basato sui seguenti criteri:
• massima flessibilità e piena possibilità di discontinui tà nell'erogazione dei corsi
• alta dipendenza e sensibilità nei confronti della domanda del mercato
• numero chiuso
• ampio ricorso a docenti non istituzionali con esperienza lavorativa
• sistema flessibile di certificazione dei titoli e dì erogazione dei finanziamenti pubblici
• coinvolgimento in forma di joint-venture degli organismi che saranno i futuri datori di lavoro
Sembra pertanto preferibile adottare un nuovo modello organizzativo, anziché illudersi che l'ordinamento su cui poggia il diploma universitario sia idoneo ad assumere le suddette caratteristiche. Esso è in grado di garantire invece altri valori che sono quelli dell'autonomia della cultura e della ricerca, dello sviluppo del sapere.

Valorizzare l'esperienza delle scuole a fini speciali

La proposta qui presentata propone di valorizzare (accanto ai diplomi universitari co rrettamente intesi), la positiva esperienza (anche se limitata e condizionata a causa del tipo di ordinamento) della Scuola a Fini Speciali; essa può essere infatti intesa anche come legge di riforma di dette scuole, liberate dal rigido inquadramento nell'organizzazione accademica, attivate mediante un più stretto aggancio con gli ambienti aziendali e professionali.

Una nuova legge per l'Istruzione Tecnica Superiore

Si ritiene, infine, che, nonostante l'opinione contraria, per aprire il canale dell'istruzione superiore tecnica non universitaria, sia necessaria una nuova legge (non fosse altro che per riformare le Scuole a fini speciali che interessano l'industria). Gli ordinamenti e le misure pubbliche oggi esistenti si dimostrano in grado di soddisfare bene il bisogno di brevi corsi (massimo un anno) di inserimento e di formazione post-diploma (di solito promossi dalle Regioni e dalle aziende). Ma la macchina attuale non garantisce un a adeguata risposta in termini di istruzione professionale superiore di durata (da due a quattro anni) e di respiro culturale simile a quello degli altri paesi europei. I corsi di durata almeno biennale sono infatti in numero esiguo (e non solo per mancanza dì fondi) e la grave crisi di cui soffrono le aziende, è la dimostrazione più evidente che la tradizio nale abilità del nostro paese nel piegare l'esistente all'evolversi delle esigenze in questo caso non scatta. Le ragioni sono tante, non ultima il fatto che un giovane non può impegnarsi in due o tre anni di istruzione professionale superiore di durata (da due a quattro anni) e di respiro culturale simile a quello degli altri paesi europei. I corsi di durata almeno biennale sono infatti in numero esiguo (e non solo per mancanza dì fondi) e la grave crisi di cui soffrono le aziende, è la dimostrazione più evidente che la tradizionale abilità del nostro paese nel piegare l'esistente all'evolversi delle esigenze in questo caso non scatta. Le ragioni sono tante, non ultima il fatto che un giovane non può impegnarsi in due o tre anni di istruzione superiore full-time senza una garanzia di qualità e di trasparenza del diploma o che un'azienda non è in grado (nè è giusto chiederglielo) di sostituirsi per periodo così lungo ad un compito che deve essere assolto dalle articolazioni del sistema scolastico pubblico.

Una legge anche se la competenza sarà regionale

Qualora posizioni politiche ed istituzionali facessero propendere per un affidamento della materia qui tratta ta al sistema regionale, anziché al sistema statale, le linee presentate continuerebbero ad essere utilizzabili e la necessità di nuova legislazione ad hoc per le ragioni sopra esposte non verrebbe meno, proprio al fine di pervenire a risultati di livello qualitativamente adeguato.
Si registra, infine, con soddisfazione che la Commissione ministeriale presieduta dall'on. Brocca, ha di recente prodotto un documento sull'organizzazione dell'istruzione post-secondaria, il quale appare in notevole sintonia con le posizioni qui espresse


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