L'imbroglio della scuola digitale
Antonio Vigilante - 19-02-2007
Da molto tempo penso e dico che i docenti devono diventare protagonisti dell'insegnamento. Questo per me vuol dire, tra l'altro, dominare pienamente gli strumenti della propria professione; essere autori (magari insieme agli studenti) dei manuali che adoperano e di qualsiasi altro strumento didattico. Mi piace pensare che le scuole possano diventare luoghi in cui si crea cultura, si elaborano testi e multimedia privi di copyright, si condividono esperienze. Dal mondo dell'informatica ci viene quella che è con ogni probabilità l'ultima evoluzione significativa nel concetto di cultura: la filosofia del software libero, del copyleft, dell'open source. Una filosofia che può provocare una vera rivoluzione nel nostro modo di concepire e diffondere opere culturali, combattendo attivamente quella concezione mercantile e consumistica della cultura che è un aspetto significativo dell'attuale degrado della cultura stessa. Anche il Ministero pensa che i docenti devvano diventare "protagonisti del processo di evoluzione del mondo scolastico". Purtroppo, concepisce questa evoluzione come uno sviluppo di quella concezione mercantile e consumistica della cultura che la scuola dovrebbe combattere.

Il Progetto DiGi Scuola intende coinvolgere in un triennio 3.300 docenti e 33.000 studenti (che strane cifre), con lo scopo, a prima vista, di diffondere la didattica multimediale e l'alfabetizzazione informatica dei docenti. Non ho nulla contro la didattica multimediale. O meglio: contro l'uso del computer nella didattica. Da quattro anni gestisco un Laboratorio didattico di scienze sociali on-line , ed il bilancio mi sembra assolutamente positivo. Ma non si tratta di uno strumento per tenere lezioni on-line. Abbastanza presto ho capito che è una idiozia insegnare on-line ciò che puoi insegnare dal vivo - con la tua viva voce, con la passione del tuo gesticolare, con l'interazione e la prossemica. Nel mio Laboratorio si tengono discussioni on-line su temi di attualità. Si dirà che anche le discussioni on-line sono una idiozia, e che è meglio tenerle in classe. Non è così. Le discussioni on-line offrono non pochi vantaggi: la scrittura costringe a uno sforzo di riflessione e di espressione maggiore; è possibile rileggere tutto e diventare consapevoli del procedere delle proprie argomentazioni e dei loro limiti; le discussioni restano in archivio, possono essere rilette e studiate con calma. Le lezioni on-line vanno bene quando hai i tuoi studenti a mille chilometri. E' sciocco incontrare con la mediazione del computer chi hai davanti a te tutte le mattine. Ma - si dirà ancora - non sempre i prodotti multimediali sostituiscono la lezione. A volte fanno da supporto. E' il caso delle presentazioni create con PowerPoint (o con l'open source Impress). Personalmente, ritengo che una presentazione multimediale riesca a rendere fredda e noiosa qualsiasi lezione; lo scorrere stesso delle slides costringe il docente ad una esposizione distaccata, per punti, che non è certo la più adatta a coinvolgere gli studenti. Nulla comunque che possa realmente rivoluzionare l'insegnamento o migliorarlo significativamente. La qualità dell'insegnamento dipende da due cose: la capacità comunicativa e relazionale del docente e la rilevanza dei contenuti culturali. Se manca una di queste due cose, non c'è presentazione multimediale che serva a salvare la scuola dalla noia - quando non dalla rabbia. Tra gli obiettivi del progetto Digi Scuola c'è quello di "ridurre la dispersione scolastica, migliorando il rendimento degli studenti". Il ragionamento è semplice: la scuola non piace perché noiosa. Bene: rendiamo la scuola più piacevole. Cosa piace ai giovani? Il computer e la televisione. E allora rendiamo la scuola più digitale e più televisiva. Purtroppo l'analisi del fenomeno della dispersione scolastica porta a conclusioni meno ottimistiche. La scuola perde per strada coloro che maggiormente ne hanno bisogno. Ragazzini delle classi popolari, che si smarriscono tra le medie e il biennio delle superiori. Sono quelli che i docenti chiamano "non scolarizzati", perché poco e male si adeguono alle richieste - anche comportamentali - dell'istituzione. Una istituzione che è dolorosamente lontana da loro - ed è qui il problema. Non sarà l'introduzione di qualche trucchetto multimediale a risolvere il problema. Ma il progetto ha anche altri obiettivi, più concreti: "creare un mercato elettronico dei contenuti digitali per la didattica" e "promuovere lo sviluppo dell'industria italiana di contenuti didattici digitali di qualità, adottando elevati standard tecnologici e linee guida pedagogico-didattiche". Traduzione: aiutare qualcuno a far soldi vendendo alle scuole delle lezioni multimediali creati da specialisti. Dov'è finito il protagonismo dei docenti? Protagonismo significa, per il Ministero, lasciarsi indottrinare per bene, farsi promotori dell'acquisto e quindi diventare fruitori dei preziosi strimenti didattici, con ogni probabilità creati da qualcuno che non ha mai messo piede in un'aula scolastica. Eppure i docenti da anni producono materiale didattico. Lezioni, esercitazioni, presentazioni multimediali, blog didattici, esperienze, aree di progetto. Per rendere realmente protagonisti i docenti sarebbe stato sufficiente mettere in rete tutto questo materiale, favorire lo scambio e l'arricchimento reciproco. Ma tutto questo materiale ha un vizio d'origine. Non costa nulla, non fa guadagnare nessuno. Non è difficile prevedere una progressiva emarginazione del docente che crea materiale didattico gratuito, questo rompiscatole che non ha capito che il suo ruolo nella società è quello di vendere la cultura come un bene di consumo qualsiasi.

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 Anna Pizzuti    - 20-02-2007
Un articolo, questo di Antonio Viglilante, che mi tocca da vicino e contiene diversi spunti di discussione.
Il primo: Da quattro anni gestisco un Laboratorio didattico di scienze sociali on-line**, scrive Vigilante - ed il bilancio mi sembra assolutamente positivo. Ma non si tratta - prosegue - di uno strumento per tenere lezioni on-line. Abbastanza presto ho capito che è una idiozia insegnare on-line ciò che puoi insegnare dal vivo - con la tua viva voce, con la passione del tuo gesticolare, con l'interazione e la prossemica. Nel mio Laboratorio si tengono discussioni on-line su temi di attualità. Si dirà che anche le discussioni on-line sono una idiozia, e che è meglio tenerle in classe. Non è così (…) Le lezioni on-line vanno bene quando hai i tuoi studenti a mille chilometri. E' sciocco incontrare con la mediazione del computer chi hai davanti a te tutte le mattine.”
Ecco, caro Antonio, la scuola è bella perché è varia. Certo che il rapporto umano, il clima, lo scambio, lo sguardo, soprattutto, contano moltissimo, come conta l’uscire di casa, l’essere in un altro luogo, ad esempio. Erano, infatti, queste due ultime le qualità sulle quali si arroccavano i miei alunni – veramente soprattutto le mie alunne – casalinghe del corso serale, di fronte alla proposta dell’uso di una piattaforma on-line, come supporto (esterno) alle lezioni. “Per noi il bello della scuola è lo stare insieme – mi dicevano – e lei vuole rinchiuderci di nuovo in casa” Ed erano molto convincenti, salvo poi appassionarsi a questa nuova scoperta, per la quale le avevo anche formate, e sentirsi fiere di acquisire questo valore aggiunto che non stava solo nei contenuti (molti, viste le possibilità che offre la piattaforma Moodle) ma anche, forse soprattutto, nell’imparare a dominare i totem computer ed internet ed a sperimentarne le aperture. In più, le occasioni collaborative, a scuola durante la formazione, quelle da da casa nella produzione non sono state certo meno utili e significative. L’incontrarsi diventava ancora più articolato e lo scambio, anche con me docente, ancora più ricco. Tanto che continua ancora oggi, tra me pensionata e le alunne diplomate. Che hanno nostalgia della scuola e vanno a riguardarsi gli argomenti ed i percorsi.
Il secondo “La qualità dell'insegnamento dipende da due cose: la capacità comunicativa e relazionale del docente e la rilevanza dei contenuti culturali. Se manca una di queste due cose, non c'è presentazione multimediale che serva a salvare la scuola dalla noia - quando non dalla rabbia.
Verissimo e sperimentato.ma non solo in merito alle slides, come potrebbero dirti anche tanti altri colleghi. Noia e rabbia sono condizioni troppo complesse, intrecciano il vicino, nell’aula, con il lontano, non nascono mai da sole. E non esistono ricette o trucchi miracolosi.
Il terzo “Tra gli obiettivi del progetto Digi Scuola c'è quello di "ridurre la dispersione scolastica, migliorando il rendimento degli studenti". Il ragionamento è semplice: la scuola non piace perché noiosa. Bene: rendiamo la scuola più piacevole. Cosa piace ai giovani? Il computer e la televisione. E allora rendiamo la scuola più digitale e più televisiva.”
Qui la risposta la trovo nelle tue parole precedenti, e mi scuso per il luogo comune nel quale sono costretta ad impantanarmi. Se la tecnologia è fine a se stessa e non diventa mezzo per.. , se non serve ad arricchire i linguaggi, ad aprire, se non è una delle facce della “ capacità comunicativa e relazionale del docente e della rilevanza dei contenuti culturali , è meglio lasciarla stare.
E veniamo a DIgi scuola. Mi ritrovo, su invito, non su richiesta, nel gruppo dei tutor. Invito accettato per una ragione molto semplice: non lasciar finire lì – in quanto pensionata – qualcosa che ho imparato e sperimentato con piacere. Spero, però, di poter contribuire anche con qualche critica. Sicuramente quella sull’aspetto “ mercantilistico ” sarà la prima. Che però ne sottende un’altra, che non riguarda il progetto in sé, ma la sua – perdonami il neologismo - retrocondizione . La quale attiene a qualcosa che anche tu, in qualche modo, rilevi: la difficoltà, in questo campo, a fare in modo che i docenti si attrezzino per dominare pienamente gli strumenti della propria professione; essere autori (magari insieme agli studenti) dei manuali che adoperano e di qualsiasi altro strumento didattico. .
Da docente femmina e di letteratura e storia in una scuola con corpo docente a prevalenza maschile, ho dovuto combattere strenuamente per accedere, con gli alunni, nei laboratori di informatica e per dimostrare, con il lavoro comune, il senso e l’utilità di quello che facevamo. Ma sono stati scontri stimolanti, anche divertenti, se vogliamo. Tristi,invece, la solitudine e l’impossibilità di “disseminazione .
Quando ho verificato gli aspetti di questo DIgi scuola, mi è venuto un po’ da piangere, perché l’imparare ad usare percorsi creati da altri, io lo vivrei come una sconfitta. O, al limite, un accontentarsi del poco. O del semplice esistente. Anche se l’esperienza dei vari ForTic, almeno per come l’ho vissuta io, potrebbe, in parte, spiegare (non giustificare) la scelta.
Magari la verifica diretta che farò nei prossimi giorni ( giovedì e venerdì a Montecatini) mi consentirà di capire meglio.

 gabriella barbi    - 22-02-2007
Articolo che mi trova d'accordo in tutti i suoi punti.
Da stampare ed affiggere nelle sale professori di tutte le scuole!
Gabriella Barbi

(docente di Matematica in un ITI ad indirizzo informatico)

 Luciano Pes    - 22-02-2007
Bello l'articolo di Antonio( credo abbia ragione su tutto o quasi). Mentre è normale e anche giusto, che gli editori cerchino di vendere oggetti didattici, non è per nulla normale ( e giusto) che le istituzioni pubbliche si adoperino a loro vantaggio. Gli editori giustamente diranno che produrre contenuti di qualità costa, semplicemente perchè occorre pagare gli autori dei contenuti e una filiera complessa costituita da grafici, attori per la vocalizzazione, esperti in animazioni. La mia risposta è questa : piano, piano, un pon oggi, un pon domani, si può costruire con pochi soldi e mettere a disposizione di tutti, quello che digi scuola tenterà di venderci. Nel sito della nostra scuola www.liceoeleonora.com è già presente :
1- una completa storia della filosofia
2- un intero percorso di fisica, dalle elementari alle superiori
3- stiamo per produrre un intero sito di materiali e servizi per l'insegnamento dell'inglese
4- stiamo chiedendo un finanziamento alla regione sardegna per produrre un intero corso dalle medie alle superiori per italiano e storia.
In questo modo, quando DIGI scuola ci proporrà di acquistare i materiali, noi potremo rispondere : no grazie, i materiali li abbiamo già, ce li siamo prodotti noi.
Se solo fossimo uniti, con il semplice fondo di istituto, gemellandoci, costituendo una specie di associazione temporanea, potremmo produrre più oggetti didattici noi di DIGI scuola. In sostanza, basterebbe che ogni scuola producesse un intero corso di materiali condivisibili e fosse disposta a scambiarli, per rendere innocua un'operazione sbagliata come DIGI scuola.
Luciano Pes
Cagliari

 Redazione    - 23-02-2007
Per info sul Convegno che si conclude oggi a Montecatini New Millennium Learners. Scuole, tecnologie, apprendimento, leggi in http://www.iuline.it

 Monica Terenghi    - 26-02-2007
Ciao. Sono un’insegnante di matematica all’ITSOS M.Curie di Cernusco s/N (MI) e mi ritrovo solo in parte in quanto scrive Antonio Vigilante (molto di più invece nel commento di Anna Pizzuti).
Sgombero subito il campo: penso che qualunque insegnante sappia che la lezione in presenza non sia sostituibile da alcun oggetto didattico multimediale, per quanto accattivante e ben congegnato esso possa essere. Questo vale in particolar modo nel caso in cui i soggetti che la lezione vuole coinvolgere siano ragazzi (il discorso è invece, anche se solo in parte, diverso nel caso degli adulti).
Mi limito quindi agli oggetti multimediali pensati come supporto all’attività in presenza dell’insegnante, siano essi strumenti utilizzati “in diretta”, cioè in aula durante la lezione, o “in differita”, cioè in attività che gli studenti svolgono in momenti diversi, ma che hanno poi una ricaduta effettiva in classe.
E non parlo, ovviamente, delle presentazioni power point (che non sono altro, in fondo, che i “vecchi” lucidi abbelliti, neanche sempre, con qualche “effetto speciale”). E non parlo neanche di tanti materiali che si trovano in rete, che altro non sono che pagine di testo riprodotte sul monitor, materiali che magari si vantano di essere interattivi solo perché corredati da un test con feedback vero/falso; per materiali di questo tipo (e non lo dico in senso spregiativo) funzionano molto meglio la carta, i libri.
L’era digitale ci mette invece altro a disposizione, non per sostituire, ma, appunto: altro! Qualcosa in più.
Parlo quindi di oggetti multimediali che portino davvero un valore aggiunto alla capacità comunicativa del docente (comunque indispensabile!), ad esempio oggetti davvero interattivi, che aiutino gli studenti nell’acchiappare i concetti, nell’esplorazione, nella scoperta, nella collaborazione.
Ma dove sono oggetti multimediali così? Non è che ce ne siano molti, anzi.
E quindi che si fa? Si sfruttano le occasioni che ci si presentano.
Anch’io, qualche giorno fa, sono stata invitata (come scrive anche Anna Pizzuti) a fare il tutor per DiGi Scuola e ho accettato, pur condividendo le perplessità già espresse da Antonio e da altri che hanno commentato il suo articolo. Non ho ancora visto i materiali che le case editrici hanno preparato per questo progetto, ma perché non cogliere l’occasione per discutere con i colleghi e dare indicazioni, se ce ne sarà bisogno, su cosa davvero servirebbe a noi insegnanti?
Inoltre, a parte le occasioni che si presentano da sole, ci sono anche quelle che uno si va a cercare.
Collaboro infatti al progetto Sloop, dove si sta costruendo una comunità di insegnanti (e non solo) con l’obiettivo di trasferire la logica open source all’open content. Il CNR di Palermo, partner del progetto, sta mettendo a punto il FreeLOms, un repository (ma in realtà ben più di questo) dove si potranno inserire, prelevare, modificare materiali didattici multimediali liberamente. Nell’ambito di questo progetto ho recentemente ricoperto il ruolo di tutor nel corso "PE2: Produrre e scambiare Free Learning Object", al quale hanno partecipato una quarantina di corsisti di tutta Italia (in prevalenza insegnanti, dalla scuola primaria all’università), e che è stata una bellissima e riuscita esperienza di apprendimento collaborativo. Il materiale utilizzato nel corso è ora liberamente accessibile. Saremo anche presenti al MoodleMoot di Reggio Emilia.
E comunque… l’oggetto multimediale è solo uno strumento, e come tale può essere usato bene o male o semplicemente in modo sterile. Usarlo bene significa, innanzi tutto, costruire un percorso all’interno del quale ha senso utilizzarlo. E’ per questo che accanto al FreeLOms è necessario che ci sia una comunità, dove ci si possa confrontare e imparare insieme a potenziare la nostra professionalità.
Vi aspetto quindi in Sloop.
Ciao a tutti.
Monica Terenghi

 Mario Agati    - 06-05-2007
Ringrazio Antonio per avermi segnalato in un commento al mio blog (www.agatimario.blogspot.com) questo bell'articolo e relativi commenti.
Anche se io continuo a pensare che se ben usate le Nuove Tecnologie possono contribuire a rendere più efficace la didattica (in funzione, ovviamente di un approccio pedagogico meditato), sono assolutamente d'accordo sulla necessità di riflettere ulteriormente sulla profusione di iniziative (spesso NON ingenue dal punto di vista del mercato) piovute sulla scuola.

Iu un mio recente post (scusate l'autocitazione!), infatti, sostengo che è necessario fermarci un momento per vedere com'è la scuola reale (e non quella virtuale disegnata da monitoraggi più o meno ministeriali...).

E per cominciare a ri-disegnare la mappa reale della nostra scuola potremmo partire da qualche semplice domanda…

Nell’ultimo decennio (e un po’ di più) sulla scuola italiana sono state riversate quintalate di meritorie attività (piano informatico 1, 2, 3… fortic 1, 2, 3… puntoedu, bdp, formazione on line delle fo, convegni, congressi, workshop…) volte a diffondere l’uso delle TE nei percorsi di apprendimento; qual è la reale ricaduta didattica di cotanta profusione di energie e danaro?

Nell’ultimo decennio (e un po’ di più) non vi è stato convegno, congresso, seminario, corso di formazione (esemplari, a questo proposito i programmi e i contenuti dei fortic B), pubblicazione… sulle Tecnologie Educative (e dintorni) che non abbia in qualche modo decantato le pedagogie di ispirazione – approssimo per brevità – costruttivista (costruzionismo, cooperative learning, lerning by doing, comunità di pratica, comunità di conoscenza…) e che non abbia fatto balenare l’idea che le nuove tecnologie rendessero possibili i sogni di antichi pedagoghi (Don Milani, Freinet, Papert…); qual è la reale consistenza quantitativa e qualitativa delle attività didattiche ispirate a tale afflato di “neo-attivismo”?

Nell’ultimo decennio (e un po’ di più) decine e decine di studiosi di chiara fama ci raccontano di come il nuovo universo tecnologico (telecomandi, cellulari, videogiochi, mp3, social network…) abbia trasformato il cervello – passatemi la semplificazione - dei nostri ragazzi (next gen, net gen, multitasking, sisomo…) che hanno quindi modalità di interfacciarsi con la realtà del tutto nuove ed atipiche; qualcuno mi sa indicare numeri significativi di docenti che stiano cercando di modificare le proprie strategie didattiche alla luce di queste trasformazioni culturali (e probabilmente psicologiche, neurologiche, antropologiche)?

Può darsi che alla fine scopriamo semplicemente che le nostre scuole sono rimaste il regno dell’istruzionismo, dell’auditorium (io parlo e tu ascolti), della comunicazione unidirezionale (lezioni frontali spesso aggravate da powerpointivite), dei banchini allineati e coperti dentro aule allineate e coperte popolate da alunni (spesso poco allineati e molto coperti) che sempre meno s’interfacciano con vecchi docenti (allineati? Coperti?).

E non è detto che ciò sia necessariamente un male. (Ma se non lo è, diciamocelo chiaramente: così nei prossimi convegni ...)

Perché, fatta questa disanima (pars destruens) dovremmo poi ricominciare a porci quelle domande basilari per rivedere (rilanciare) il nostro (dico nostro nel senso di chi sente comunque di dover fare i conti con la rivoluzione digitale in atto: web 2.0, social software, folksonomie, web semantico, seconde vite, autismi digitali, buolimie cognitive, ecc.) percorso intelletuale e pedagocico:

La scuola deve fare i conti con le TIC? Come?
Le TIC possono migliorare il rapporto educativo? Come?
Le TIC possono curvare la didattica verso il costruttivismo (costruzionismo)? Come?
Le TIC DEVONO curvare la didattica verso il costruttivismo (costruzionismo)? Come?

 Pierfranco Ravotto    - 16-07-2007
Ciao Antonio (e ciao a tutti)
leggo con qualche mese di ritardo il tuo intervento che in gran parte condivido.
Soprattutto per quanto riguarda il "pensare che le scuole possano diventare luoghi in cui si crea cultura, si elaborano testi e multimedia privi di copyright ... la filosofia del software libero, del copyleft, dell'open source" e per le critiche alla filosofia di base del progetto DIGIScuola.
Ho presentato per il prossimo congresso di AICA (prossimo autunno) un intervento che è stato accettato - I Learning Object nel web 2.0 - proprio su questo tema: "DIGI scuola ... propone come "protagonismo" degli insegnanti solo lo scegliere fra i contenuti esistenti e l'assegnare percorsi formativi ... Gli alunni – a discapito di quanto detto sui modi di "interagire, conoscere e comunicare" – sembrano assolutamente dimenticati quali protagonisti.
...

Il progetto DIGI-scuola tenta di rispondere ad un'esigenza reale: promuovere l'uso di strumenti didattici digitali e di formazione in rete per migliorare l'efficacia dell'intervento formativo.
Ma trasla ai contenuti digitali la vecchia logica del libro di testo - gli editori producono i libri, le scuole li adottano – e non coglie la portata più profonda della rivoluzione di Internet che non è solo un nuovo supporto per i contenuti da trasmettere, non è solo un nuovo strumento di comunicazione, ma è un ambiente di partecipazione, di sviluppo di comunità di pratiche, di costruzione della conoscenza.
Invece, come O'Really sottolinea, il mondo Web 2.0 è anche il mondo di ciò che Dan Gillmor chiama “noi, i media”, un mondo in cui non solo poche persone dietro le quinte ma anche chi in precedenza era definito “il pubblico” decide cosa sia importante."


Vedo che Monica vi ha già segnalato il sito SLOOP . L'obiettivo del sito è proprio quello di offrire alla comunità di docenti produttori di free/open learning object un luogo di incontro e di messa in condivisione dei materiali didattici secondo il programma enunciato da Luciano: "piano, piano, un pon oggi, un pon domani, si può costruire con pochi soldi e mettere a disposizione di tutti".

Spero di incontrarvi su SLOOP .

Pierfranco