breve di cronaca
La stanza dei figli
Il Manifesto - 23-05-2001
La stanza dei figli
di GIANFRANCO BETTIN

Forse bastava guardarli da vicino, senza aspettare che fosse un'équipe di studiosi europei a dircelo. Forse bastava seguire con attenzione le cronache a volte sconvolgenti, spesso inquietanti. Forse, in realtà, bastava osservare davvero la "stanza del figlio" che c'è in tutte le case, per cogliere quei segni di tristezza e disillusione precoce, e di depressione, che l'Organizzazione mondiale della sanità ha rintracciato evidenti - e più presenti che in altri paesi - nei giovani veneti.
La ricerca - il primo "rapporto sullo stato di salute e sugli stili di vita dei giovani in età scolare" condotto dalla regione Veneto con l'ufficio europeo dell'Oms - riguarda il rapporto tra i ragazzi dagli 11 ai 15 anni e alcuni aspetti significativi della propria vita. Ciò che distingue i ragazzi del Nordest, o almeno della sua regione più dinamica e contraddittoria, è la maggiore facilità con cui cadono nella depressione e la maggiore frequenza di disturbi di origine psicosomatica, di cattivo umore, nervosismo, insofferenza. Più della metà dichiara di avvertire questi disagi "tutte le settimane". Questa dichiarazione si accompagna con quella, di oltre la metà del campione, di non soffrire in realtà di guai di natura fisica. Si gode, in genere, di buona salute ma, fra i disturbi fisiologici denunciati, prevalgono quelli del sonno (27%) o il mal di testa (32%), disturbi, cioè, spesso riconducibili proprio a tensioni o malessere interiori o rinvianti agli stili di vita. Anche nel rapporto con la scuola, la situazione fa pensare: più del 30% dichiara di "non amarla" o di "non sopportarla proprio". Sono in particolare i ragazzi che provengono da famiglie di basso livello socio-economico, gli stessi che risultano più permeabili all'influenza della televisione, mentre assai più trasversale risulta la percezione che comunque, in famiglia, non si è molto sostenuti e non si ripongono vere speranze nel curriculum scolastico. La disaffezione allo studio comincia in casa, insomma, e nel corso degli anni appena successivi (tra i 16 e i 20) la caduta della scolarizzazione ne registra l'onda lunga, accentuata dall'attrazione del mercato del lavoro e della possibilità di godere facilmente di un "reddito tutto per sé", oltre che di una "stanza".
L'indagine non è che l'ultima di una serie che conferma in modo univoco questo diffuso malessere. E' vano tuttavia attenderci che provochi serie riflessioni e, soprattutto, cambiamenti nelle priorità e negli stili di vita di un'area e di una comunità intossicate dalla logica - non dall' etica - della produttività e dell'accumulazione. Questi ragazzi, precocemente consegnati al rischio di un senile e patologico, perché innaturale, conformismo, si dovranno arrangiare nelle giungle del mercato e della competizione. Sperando che se la cavino e possano un giorno dire, come Bob Dylan splendido neosessantenne: "Ah, ero molto più vecchio allora/ sono molto più giovane ora".


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