LA SCHEDA DEL REDATTORE SOCIALE
Unicef: presentato rapporto sull'infanzia 2003
11 dicembre 2002
Ogni anno 11 milioni di bambini sotto i cinque anni
muoiono per malattie che possono essere facilmente curate con i vaccini. Nel
mondo 211 milioni di minori lavorano. Dal 1990, oltre due milioni di bambini
sono stati uccisi nelle guerre.
“Dati scomodi”, che disegnano uno “scenario cupo”:
così Giovanni Micali, presidente del Comitato italiano per l’Unicef, ha
commentato le cifre del Rapporto 2003, dal titolo “La condizione dell’infanzia
nel mondo - Partecipazione dei bambini”, presentato stamani alla Sala stampa
estera. “La partecipazione dei ragazzi – ha chiarito Micali – è fondamentale, e
gli adulti sono chiamati a dare maggior credito alle parole anche scomode dei
minori”.
La condizione dell’infanzia nel mondo
- Ai bambini non registrati
alla nascita viene negata un’identità, un nome e una nazionalità; nel
2000, oltre 50 milioni di neonati non sono stati registrati, cioè il 41% delle
nascite nel mondo. Tra le aree con meno
registrazioni, segnaliamo: l’Africa Subsahariana, dove il 71% dei bambini non
viene registrato, seguito dall’Asia Meridionale, con il 56%.
- 11 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno a
causa di malattie che possono essere facilmente prevenute con i vaccini.
- Circa 120 milioni di bambini in età scolare non vanno a
scuola, di cui il 53% femmine; in Africa Sub- sahariana e in Asia meridionale
oltre 50 milioni di bambine in età scolare non hanno accesso all’istruzione.
- Quasi ogni paese ha una popolazione di adolescenti che lotta
per sopravvivere nelle strade delle grandi città: i dati più recenti stimano
che il numero di questi giovani si aggiri intorno ai 100 milioni.
- Vaccinazioni: nel 2001, tra i paesi con più alte percentuali
di bambini di un anno che hanno completato la vaccinazione contro DPT
(difterite, pertosse e tetano) troviamo: Cuba (99%), Vitnam(98%), Brasile
(97%), Federazione Russa (96%), USA (94%); in fondo alla lista, troviamo:
Repubblica Centroafricana (23%), Nigeria (26%), Ciad (27%), Niger (31%).
- Povertà: è la principale causa dei 150 milioni di bambini
sottopeso nei paesi in via di sviluppo, che aumenta il rischio di morte e
compromette lo sviluppo fisico e mentale.
- Dal 1990, oltre 2 milioni di bambini sono stati uccisi e 6
milioni sono stati gravemente feriti nelle guerre. Si stima che 300.000 minori,
di cui 120.000 solo in Africa, siano stati arruolati con la forza in corpi
militari, per diventare soldati, facchini, messaggeri, cuochi e schiavi
sessuali.
- AIDS: 6.000 giovani al giorno contraggono il virus
dell’HIV/AIDS. 14 milioni di bambini sotto i 15 anni hanno perduto uno o
entrambi i genitori a causa dell’AIDS. La preoccupazione è particolarmente
forte per i 10 paesi dell’Africa subsahariana in cui oltre il 15% dei bambini
con meno di 15 anni sono orfani: Botswana, Burundi, Lesotho, Malawi, Mozambico,
Repubblica Centroafricana, Ruanda, Swaziland, Zambia e Zibabwe. Si prevede che
il numero degli orfani sia destinato a salire e che entro il 2010 in Botswana,
Lesoto, Swaziland e Zimbabwe più del 20% dei bambini con meno di 15 anni
saranno orfani.
In alcuni paesi, oltre il 50% degli orfani tra 0 e 14 anni hanno perso uno o
entrambi i genitori a causa dell’AIDS: Zimbabwe (77% di orfani a causa
dell’AIDS), Botswana (71%), Zambia (65%), Swaziland (59%), Kenya (54%), Lesoto
(54%), Uganda (51%).
- Lavoro minorile e sfruttamento: 211 milioni di minori
lavorano; 180 milioni di bambini tra i 5 e i 17 anni sono coinvolti nelle
peggiori forme di lavoro minorile, un bambino su otto nel mondo.
- Tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni: i paesi con i
più alti tassi di mortalità infantile sono: Sierra Leone (316 morti su mille
nati), Niger (265 su mille), Angola (260), Afghanistan (257), Liberia (235),
Mali (231), Somalia (225), Guinea-Bissau (211), Congo (Rep.Dem.) (205), Zambia
(202), Ciad (200), Burkina Faso (197), Mozambico (197), Burundi (190).
- Tratta dei minori: è un business da un miliardo di dollari
l’anno, e si stima che ogni anno coinvolga 1.200.000 bambini e adolescenti.
Nell’Africa subsahariana sta raggiungendo proporzioni preoccupanti il traffico
dei minori destinati a essere sfruttati in lavori agricoli e domestici. La
tratta delle bambine avviate alla prostituzione nel Sudest asiatico è un
problema di enormi dimensioni; il traffico è spesso gestito da autorità di
polizia, parenti e tutori, e tutti si dividono i profitti.
Si è registrato un notevole incremento nel numero delle ragazzine provenienti
dalla Moldavia, dalla Romania e dall’Ucraina trasferite clandestinamente in
Europa occidentale da bande criminali con base in Albania, in
Bosnia-Erzegovina, in Kosovo e ex-Jugoslavia.
La
partecipazione implica un impegno rivolto a incoraggiare i ragazzi e a metterli
in condizione di esprimere le loro opinioni sulle questioni che li riguardano.
In pratica, la partecipazione richiede che gli adulti ascoltino i bambini, in
tutte le loro molteplici e variegate forme di comunicazione, assicurando loro
la libertà di esprimersi e tenendo le loro opinioni in dovuta considerazione,
specialmente quando si adottano decisioni che li riguardano direttamente.
Il principio che i bambini e i ragazzi dovrebbero essere consultati su ciò che li riguarda incontra spesso le resistenze di coloro che vi scorgono una limitazione dell’autorità degli adulti in seno alla famiglia e alla società. Ma ascoltare le opinioni dei bambini e dei ragazzi non significa dover abbracciare a ogni costo i loro punti di vista. Piuttosto, interessare i bambini e i ragazzi al dialogo, coinvolgendoli in un proficuo scambio di idee, permette loro di apprendere i meccanismi attraverso cui influire in modo costruttivo sulla realtà che li circonda. Il dare e il ricevere proprio della partecipazione stimola i ragazzi a un’assunzione progressiva di responsabilità, contribuendo alla loro formazione quali futuri cittadini tolleranti, attivi e democratici.
La partecipazione può assumere
diverse forme di adesione, impegno e coinvolgimento ma non sempre risulta
attiva, socialmente di rilievo, propositiva, significativa o costruttiva. Per
essere autentica la partecipazione deve nascere dai bambini e dai ragazzi
stessi, deve muovere dalle loro parole, deve essere legata alla loro realtà
peculiare, perseguire le loro convinzioni e i loro sogni, le loro speranze e i
loro interessi. Ai bambini si devono offrire le informazioni, il sostegno e le
condizioni indispensabili che consentano di partecipare concretamente e con modalità
che garantiscano la loro dignità e autostima.
Ma
più di ogni altra cosa, una partecipazione autentica e significativa esige un
mutamento radicale del modo di pensare e di agire degli adulti: si deve passare
da un approccio tendente all’esclusione a un altro teso alla comprensione e
valorizzazione dei bambini e delle loro capacità; da una realtà definita
esclusivamente dagli adulti a una in cui i bambini e i ragazzi possano
contribuire a costruire il mondo in cui desiderano vivere.
COSA SI INTENDE PER PARTECIPAZIONE DEI RAGAZZI?
Gli argomenti che giustificano e
avvalorano l’importanza della partecipazione dei ragazzi sono vari e tra questi
i seguenti:
OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO E DEL DOCUMENTO FINALE DELLA
SESSIONE SPECIALE DELL’ONU “UN MONDO A MISURA DI BAMBINO” Come parte dei loro sforzi per favorire lo sviluppo, gli stati
membri dell’ONU si sono impegnati a conseguire otto obiettivi prioritari (gli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio) entro il 2015, sei dei quali sono
direttamente collegati alla condizione dell’infanzia. Questi otto obiettivi
sono strettamente correlati ai principali impegni assunti durante la Sessione
Speciale delle Nazioni Unite del 2002 sull’infanzia, per i quali tutti i
governi degli stati membri si adopereranno per promuovere e tutelare i
diritti di ogni bambino o adolescente. Ciò che appare sempre più evidente è che se i diritti e il
benessere dei bambini non verranno adeguatamente promossi e tutelati dai
governi, le organizzazioni nazionali e i loro vari partner internazionali,
gli obiettivi di sviluppo non saranno mai conseguiti. Le opinioni, la perspicacia, le esperienze, le capacità e
l’energia dei bambini e dei giovani rappresentano delle risorse inutilizzate,
utili per il conseguimento delle promesse e degli obiettivi sanciti nella
Dichiarazione del Millennio e nel documento “Un mondo a misura di bambino”.
Ciò non significa che gli adulti, i governi e la società civile debbano
perciò sentirsi autorizzati a non tener fede ai loro doveri o a scaricare
questo fardello sui bambini e i ragazzi. Questo nuovo approccio richiede
invece nuove forme di collaborazione e di interazione degli adulti con i
giovani e i bambini, affinché le loro opinioni vengano ricercate e richieste,
ascoltate e tenute in dovuta considerazione tanto in seno alla famiglia e
alla scuola quanto all’interno della collettività, delle nostre
organizzazioni e della stessa società. |
1. Promuovere una partecipazione che
sia per i bambini e gli adolescenti significativa e di qualità è fondamentale
per assicurare la loro crescita e il loro sviluppo. Un bambino incoraggiato a
relazionarsi con la realtà circostante sin dalla prima infanzia avrà la
possibilità di affinare le sue capacità intellettive durante l’età dello
sviluppo, di rispondere prontamente alle opportunità educative e di affrontare
la fase dell’adolescenza con la fiducia, la determinazione e le capacità
necessarie per contribuire a un dialogo e a un confronto democratico in seno
alla famiglia, alla scuola, alla collettività e al paese.
2. I bambini e i ragazzi hanno
dimostrato che quando vengono coinvolti possono realmente fare la differenza
nella realtà che li circonda. Hanno idee, intuizioni ed esperienze capaci di
arricchire la visione della realtà degli adulti e danno un contributo positivo
per migliorare gli interventi degli adulti.
3. L’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite si è impegnata a costruire “un mondo a misura di bambino” e al termine
della Sessione Speciale dell’ONU sull’infanzia, nel maggio del 2002, i leader
del mondo hanno espresso la volontà di cambiare il mondo non solo per i
bambini, ma anche e soprattutto con la loro partecipazione.
4. La costruzione della democrazia è
fondamentale per la pace e lo sviluppo internazionale. I valori democratici,
come il rispetto dei diritti e della dignità d’ogni persona, delle diversità e
del diritto a partecipare alle decisioni di interesse comune, si apprendono
meglio e più facilmente durante l’infanzia.
5. La spinta a partecipare è innata
in tutti gli esseri umani, pronta a germogliare in ogni nuovo nato, a essere
attivata in ognuno dei due miliardi di bambini presenti oggi al mondo.
6. Il punto non è se i bambini
debbano partecipare, ma come debbano partecipare; una questione che
rappresenta oggi, mentre milioni di bambini sono affamati, ammalati e
sfruttati, un nodo di cruciale importanza. Il nostro obiettivo prioritario deve
essere favorire l’interazione di ogni bambino con il suo ambiente sociale di
riferimento, migliorando la qualità dell’interazione stessa.
IMPEGNARSI NELLA VITA
La partecipazione non solo viene
percepita in modo differente durante le varie fasi dell’infanzia, ma assume
anche caratteri e forme diverse. Incoraggiare la partecipazione implica non
solo ascoltare bambini e ragazzi più maturi, brillanti e spigliati, ma tutti i
giovani indistintamente, quale che sia la loro età o capacità. I bambini
partecipano attivamente sin dalla nascita e la loro capacità di esprimere i
propri bisogni e frustrazioni, sogni e aspirazioni muta con l’età, divenendo
sempre più complessa durante l’adolescenza e l’età adulta. Sebbene la
partecipazione dei bambini più piccoli differisca enormemente da quella dei
giovani, vi è comunque una continuità evolutiva nello sviluppo delle capacità
del ragazzo, che collega i primi passi di un bambino alle azioni politiche di
un adolescente.
migliore inizio possibile
L’effettiva partecipazione alla vita e alla società dei ragazzi
più grandi dipende da quanto la loro partecipazione sia stata stimolata nelle
prime fasi dell’infanzia. Se i genitori
e chi assiste il bambino assecondano nel primo anno di vita la sua inclinazione
naturale, l’interrelazione che ne discende contribuisce al benessere emotivo
del bambino. Al contrario, quando il processo di costruzione dei legami
affettivi è alterato da maltrattamenti, mancanza di cure o dal ripetuto
cambiamento delle persone che si occupano del bambino, il risultato che ne
deriva può comportare, tra le altre conseguenze, mancanza di fiducia del
bambino negli adulti e nella loro autorità, incapacità di dare e ricevere
affetto, insufficiente comprensione dei sentimenti altrui, mancato sviluppo di
una coscienza critica o del sentimento di solidarietà nei confronti
dell’altro. Tali prevedibili effetti
negativi sono alla base della grande preoccupazione per il crescente fenomeno dei bambini orfani a
causa dell’AIDS, specialmente nell’Africa Sub-sahariana.
Aumentare le occasioni di
partecipazione del bambino
Il dovere di offrire ai bambini le
migliori condizioni possibili da cui muovere i primi passi nella vita,
promuovendo e accrescendo le loro opportunità di partecipazione, spetta alle
famiglie, alle amministrazioni locali, alla società civile e al settore
privato. Ai governi nazionali spetta il
compito di predisporre il quadro politico e la cornice istituzionale – nonché
la stessa leadership – capace di sostenere adeguatamente le iniziative a
carattere locale.
Un esempio di tali iniziative è il Progetto
Genitori Capaci attuato nelle Filippine, attraverso il quale si insegna
alle famiglie come ascoltare e comprendere ciò che il bambino tenta di
comunicare. I genitori imparano, tra le altre cose, l’importanza di leggere
racconti ai figli o di guardare insieme a loro i programmi educativi trasmessi
in televisione. Il progetto ha migliorato l’alimentazione dei bambini e ha
ridotto sia i maltrattamenti sia le punizioni eccessive da parte dei genitori.
PER UN APPRENDIMENTO PARTECIPATIVO
La
scuola è tra
i luoghi principali ove i bambini apprendono nozioni
fondamentali e imparano a comprendere la realtà circostante, dove intraprendono
il processo di socializzazione e diventano consapevoli delle aspettative che la
società nutre nei loro confronti in qualità di futuri cittadini. Spesso ciò ha comportato l’imposizione di un
obbedienza e di una sottomissione assoluta. Oggi, però, sono sempre di più le
scuole dove mette in pratica un diverso modello di socializzazione, dove si
permette ai bambini di pensare criticamente e divenire consapevoli
dei propri diritti e delle proprie
responsabilità, dove i bambini e i ragazzi si preparano attivamente al futuro
ruolo di cittadini.
L’istruzione delle ragazze
Tutte le organizzazioni per lo
sviluppo hanno ormai da tempo riconosciuto l’efficacia, in termini di
costi-benefici, di investire nell’istruzione femminile, nonché l’urgente
necessità di operare in tal senso, soprattutto nell’Africa Sub-sahariana e in
Asia meridionale, dove oltre 50 milioni di bambine in età scolare non hanno
accesso all’istruzione elementare.
Nella provincia pakistana del
Belucistan, per esempio, dove il tasso di alfabetizzazione femminile è pari al
2%, l’ufficio locale dell’UNICEF ha conseguito importanti risultati per la
promozione dell’istruzione femminile, anche grazie all’impegno di un movimento
scout altamente motivato. Fino ad allora non si era mai verificato che dei
ragazzi contribuissero a promuovere i diritti delle bambine. Gli scout sono
andati casa per casa a monitorare la frequenza scolastica delle ragazze,
cercando di convincere i padri a iscrivere a scuola le figlie. Nei casi in cui
nei villaggi non esistevano scuole elementari femminili gli scout hanno fatto
sì che le scuole maschili ammettessero anche le ragazze; se il tragitto per
recarsi a scuola si presentava lungo e pericoloso gli scout si offrivano di
accompagnare le ragazze fino alle rispettive scuole. Il primo anno di
attuazione del programma ha ottenuto risultati incoraggianti: ogni scuola
interessata dal progetto ha registrato l’iscrizione di circa 10-15 nuove
ragazze, permettendo nel complesso l’accesso a scuola di 2.500 nuove ragazze.
Le scuole
L’UNICEF continua a battersi per
l’adozione di metodologie didattiche che favoriscano al massimo la
partecipazione dei bambini e dei ragazzi, metodologie che promuovano l’apprendimento
partecipativo, piuttosto che la trasmissione e l’assimilazione di nozioni e
conoscenze in modo acritico e passivo.
L’esperienza dimostra che se l’insegnamento
stimola nei bambini l’apprendimento
attraverso l’esperienza, se è collegato alla vita e al contesto della loro
comunità, sarà anche un insegnamento capace di favorire l’iscrizione delle
bambine e il completamento del normale ciclo di studi.
Le scuole coinvolte nel progetto
“Escuela Nueva” in diversi paesi dell’America Latina, come, ad esempio, in
Colombia, in Guatemala, in Guyana e in Honduras, sono organizzate in gruppi di
diverse età, nei quali si dà la massima importanza ai diritti dei bambini e
alla loro partecipazione democratica.
Un recente studio condotto in 25 scuole di due delle più violente aree
della Colombia conferma la convinzione che i valori della collaborazione, della
convivenza e della risoluzione pacifica dei conflitti possano essere trasmessi
attraverso l’insegnamento. Lo studio ha rivelato che 15 scuole che utilizzano
la metodologia prevista dal progetto “Escuela Nueva” hanno ottenuto un
risultato diretto e significativo in termini di partecipazione e di
comportamenti democratici degli studenti che vi si erano diplomati, in seno
alle rispettive comunità di provenienza, nonché sui comportamenti di voto dei
loro genitori. Il modello della “Escuela Nueva”, ha concluso lo studio, è in
continua evoluzione, grazie alla creatività degli insegnanti, degli studenti,
dei genitori e delle varie comunità che hanno compreso i potenziali benefici
del cambiamento.
Lo sport
L’importanza
dello sport per lo sviluppo fisico e mentale del bambino è ampiamente
riconosciuta. Oggi vi è una convinzione crescente che lo sport abbia la grande
potenzialità di contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo
del Millennio, e per tale ragione il Segretario Generale dell’ONU Kofi A. Annan
ha nominato una commissione di esperti in materia di Sport per lo Sviluppo, la Salute e la Pace,
incaricati di elaborare una serie di raccomandazioni per fare dello sport uno
strumento di sviluppo.
Gli adolescenti sono i beneficiari
diretti dell’eredità del mondo, il gruppo di età che sto per accedere ai vantaggi e alle opportunità dell’età adulta.
Eppure, in ogni società gli adolescenti rappresentano il gruppo di età che più
facilmente cade vittima dell’emarginazione e degli abusi, dello sfruttamento e
della mancanza di rispetto, posti come sono
in un limbo pieno di insidie e di pericoli, non più abbastanza giovani
da ispirare uno spirito di protezione negli adulti, ma neanche grandi a
sufficienza per avvalersi del potere e
delle opportunità proprie del mondo degli adulti. Quasi ogni paese ha una
popolazione di adolescenti che lotta per sopravvivere nelle strade delle grandi
città: i dati più recenti stimano che il numero di questi giovani si aggiri
intorno ai 100 milioni.
In
Brasile, i ragazzi e le ragazze che
vivono nelle strade dei centri urbani hanno trovato nel Movimento Nazionale
dei Ragazzi e delle Ragazze di Strada
uno spazio di partecipazione, che ha permesso di acquisire
consapevolezza dei loro diritti, di riorganizzare le prospettive di vita per il
futuro e di lottare per i propri diritti. Nel 1985 educatori provenienti da
tutto il paese, già impegnati nel lavoro con i ragazzi di strada, decisero di
fondare il Movimento, dopo un incontro nazionale a cui avevano
partecipato delegazioni composte da adolescenti che rappresentavano i vari
gruppi locali. Il movimento ha svolto un’azione positiva nella riforma della
legislazione nazionale e ha giocato un ruolo di primo piano nella denuncia
dell’assassinio indiscriminato dei ragazzi di strada. Attraverso la loro
partecipazione al Movimento i ragazzi e le ragazze che hanno vissuto
nelle strade imparano a reinserirsi
nella vita familiare e comunitaria, a capire l’importanza di frequentare la
scuola e a riappropriarsi di un proprio spazio dove possono battersi per i loro
diritti.
Per
colmare la distanza che separa la realtà in cui viviamo da un mondo in cui le
opinioni dei bambini siano richieste e ascoltate, occorre un processo in cui
tutti – i bambini, gli adulti, le famiglie, le comunità locali, quelle
cittadine e le diverse organizzazioni
della società civile - acquisiscano capacità nuove. Nel momento stesso in cui i
bambini crescono e si sviluppano, la loro partecipazione passa dalla sfera
privata a quella pubblica, dal contesto locale a quello globale.
La
famiglia, in quanto primo luogo ove i bambini imparano a partecipare,
rappresenta il contesto ideale dove i bambini possono imparare a esprimere le
loro opinioni mentre rispettano quelle altrui. Come ha rilevato in una delle
sue prime sedute il Comitato per i diritti dell’infanzia “Tradizionalmente il
bambino è concepito come un componente subordinato della famiglia, passivo e
invisibile. Solo recentemente i bambini hanno cominciato ad acquisire
‘visibilità’ […] e questo orientamento
si sta ampliando, allo scopo di offrire loro maggiori opportunità di essere
ascoltati e rispettati […]. A sua volta la famiglia diventa il luogo ideale in cui i singoli componenti,
bambini inclusi, imparano a sperimentare nuove forme di partecipazione
democratica”.
Riconoscendo
il ruolo cruciale e vitale svolto dalla famiglia, molte organizzazioni hanno
sviluppato campagne di informazione e di
sensibilizzazione dirette ai genitori e alle famiglie, al fine di
sostenere gli sforzi volti a incoraggiare la partecipazione dei ragazzi. L’Ufficio
regionale dell’UNICEF per l’America Latina e i Caraibi, per esempio, ha
elaborato una serie di linee-guida, che fanno appello al potere pubblico perché
sostenga in vari modi il nucleo familiare: materialmente ed economicamente,
responsabilizzando i genitori e predisponendo programmi che sostengano il loro
impegno, applicando leggi e provvedimenti che combattano la violenza domestica
e il maltrattamento dei bambini.
Per ottimizzare la partecipazione dei
bambini
e dei ragazzi si deve ridisegnare il mondo degli adulti.
Ciò significa incoraggiare i bambini e i ragazzi affinché sviluppino e
perfezionino le loro capacità e mettano in pratica i valori della democrazia.
Spetterà agli adulti condividere con loro il controllo e il potere decisionale
così come le informazioni a propria
disposizione.
Per
poter elaborare delle opinioni proprie i bambini devono poter accedere a
informazioni adeguate e comprensibili in relazione al loro peculiare livello o
stadio di sviluppo intellettivo. In molte situazioni l’accesso alle
informazioni diventa una questione di vita o di morte, specialmente oggi,
quando si è nel pieno della pandemia dell’HIV/AIDS. L’ignoranza o una scarsa
conoscenza della malattia è largamente diffusa tra i giovani: studi effettuati
in più di 40 paesi dimostrano che oltre il 50% dei giovani compresi alla fascia
di età tra i 15 e i 24 anni non ha una corretta conoscenza delle modalità
attraverso cui l’HIV/AIDS si trasmette.
Bambini
e giovani non hanno di fatto alcuna visibilità nelle politiche pubbliche o
delle opinioni espresse a livello nazionale. Perfino nelle società democratiche
più avanzate che perseguono l’interesse degli elettori, i bambini e i ragazzi
tendono a essere emarginati, nella supposizione che a parlare per loro saranno
i genitori. Una soluzione a tale stato di cose è la crescita esponenziale dei
parlamenti dei ragazzi, che rappresentano una risposta positiva all’esigenza
sia di ascoltare le opinioni dei giovani
sia di favorire lo sviluppo della cittadinanza democratica.
I RAGAZZI ALLA SESSIONE SPECIALE
DELL’ONU SULL’INFANZIA
L’idea di una
partecipazione significativa, a livello internazionale, dei ragazzi è
stata concretamente realizzata alla
Sessione Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU sull’infanzia. Mai prima di
allora tanti bambini avevano preso parte a un evento ufficiale di tale livello
e i risultati sono stati di grande rilievo. Dal dibattito intergenerazionale
fino alla riunione del Consiglio di Sicurezza, i bambini erano presenti
ovunque, facendo sentire la loro voce e le loro posizioni, che sono state
tenute nella seria e dovuta considerazione.
Il Movimento mondiale per l’infanzia
In vista della
Sessione Speciale, il Movimento mondiale per l’infanzia ha riunito
adulti, adolescenti e bambini, attivisti, sostenitori e promotori dei diritti
dell’infanzia: tutti coloro, insomma, che
sono sinceramente interessati alla creazione di un mondo a misura di bambino. Pur riconoscendo che non si può
pretendere che bambini e adolescenti affrontino da soli le priorità del mondo
finora evase, questa forte alleanza ha abbracciato l’idea che il lavoro non
possa nemmeno essere svolto dagli adulti senza l’apporto delle prospettive e della passione
propria dei bambini.
Il Forum dei ragazzi
Oltre 400 tra
bambini e ragazzi, rappresentanti più di 150 paesi del mondo, si sono recati a
New York nel maggio del 2002 per partecipare alla Sessione Speciale delle
Nazioni Unite. Molti erano adolescenti, ma vi erano anche molti bambini, i più
piccoli di appena 10 anni. Al Forum dei ragazzi, durato tre giorni, i giovani
si sono divisi in otto diversi gruppi, per discutere altrettante tematiche
ritenute di fondamentale importanza, che hanno individuato in quelle dello
sfruttamento e dell’abuso, dell’ambiente, della protezione dalla guerra, della
partecipazione dei ragazzi, della salute, dell’HIV/AIDS, della povertà e
dell’istruzione. Alla cerimonia di
chiusura le adesioni raccolte con la campagna “Say Yes for Children”, quasi 95
milioni, sono state presentate a Nelson
Mandela e Graça Machel. Il documento dei ragazzi “Un mondo a nostra misura” è stato letto solennemente alla Sessione
Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU sull’infanzia dalla tredicenne boliviana Gabriela Azurduy
Arrieta e dalla diciassettenne di Monaco Audrey Cheynut.
UN MONDO A MISURA DI BAMBINO
Alla chiusura
della Sessione Speciale dell’ONU sull’infanzia tutti i paesi hanno adottato la
Dichiarazione e il Piano d’azione contenuti nel documento finale “Un mondo a
misura di bambino”, riaffermando il proprio impegno a promuovere e tutelare
i diritti dei bambini e dei ragazzi. Attraverso interventi a carattere
nazionale e la cooperazione internazionale, i governi si sono impegnati a
promuovere migliori condizioni di vita e di salute, a offrire un’educazione di
qualità, a proteggere i bambini dagli abusi, dalla violenza e dallo
sfruttamento, a combattere la piaga dell’HIV/AIDS. Essi si sono impegnati a perseguire tali obiettivi, al fine di
cambiare in meglio il mondo, non solo per ma soprattutto con i bambini e i ragazzi. Una delle più grandi e
importanti lezioni da imparare è che i bambini e i ragazzi sono di gran lunga
più capaci di quanto si possa pensare: saranno essi stessi a farsi avanti per
realizzare le sfide lanciate alla
Sessione Speciale di New York.
Ma per i milioni
di bambini intrappolati nei conflitti armati o che sono costretti a una
non-vita come schiavi dello sfruttamento sessuale o del lavoro minorile, queste
sfide sono di gran lunga più gravose di quelle che qualsiasi bambino possa sopportare. Il mondo deve proteggere i
suoi bambini molto più di quanto non faccia ora, anche aprendo le porte alla
loro partecipazione.
Aprire loro queste
porte è un dovere, non solo perché i bambini che le varcheranno saranno più capaci di difendersi da soli, ma
soprattutto perché noi non possiamo immaginare di costruire un mondo a misura
di bambino senza ascoltare attentamente ciò che essi hanno da dire e da
proporre.
La democrazia non
è mai scontata, né tanto meno garantita. Come ci ha rammentato il Segretario
Generale dell’ONU Kofi Annan “Una delle più grandi sfide del genere umano nel
nuovo secolo sarà quella di lottare per rendere la pratica della democrazia
realmente universale”.
Se vogliamo
raggiungere i traguardi fissati nel documento “Un mondo a misura di bambino”
e se vogliamo conseguire gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, se
vogliamo realmente cambiare questo mondo diviso, devastato, straziato dalle
guerre, diffondendo e promuovendo la pratica della democrazia, se vogliamo
sinceramente creare un mondo a misura di ogni essere umano, riusciremo nel
nostro scopo solo quando ci avvarremmo della piena partecipazione dei bambini e
dei giovani.
Per maggiori informazioni o per
richiedere il Rapporto UNICEF, contattare:
Ufficio Stampa UNICEF Italia
tel: 06/47809233-287-234
e-mail: press@unicef.it
UNICEF
Indirizzo:UNICEF House - 3
United Nations Plaza - - New York 10017 (USA) Tel: +1.212.326.7000, Fax:
+1.212.887.7465 E-mail:netmaster@unicef.org http://www.unicef.org
L'UNICEF, Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, è un'agenzia delle
Nazioni Unite fondata nel 1946 per aiutare i bambini vittime della Seconda
Guerra Mondiale. Nel periodo tra il 1946 al 1953 fu presente in vari paesi
europei, e anche in Italia, con moltissimi interventi a difesa dei bambini. Con
la graduale ripresa dell'economia dei paesi europei, le attività del Fondo
vennero rivolte ai bambini dei paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e
America Latina, fino a che nel 1953, a seguito dei risultati ottenuti, le
Nazioni Unite decisero di prorogare indefinitamente il mandato dell'UNICEF. Nel
1965 l'UNICEF riceve il Premio Nobel per la Pace. Nel 1989 viene approvata la
Convenzione sui Diritti dell'Infanzia nella quale si stabilisce che l'UNICEF
sia parte in causa per garantire il rispetto dei diritti dei bambini di tutto
il mondo. Territorialmente l'UNICEF è presente con proprio personale in 161
paesi. In Italia opera tra l'altro il Centro di ricerca "Innocenti",
situato a Firenze.