Budapest: cronologia del massacro
23 ottobre 1956 – I fatti polacchi, dove gli operai avevano dato vita a una
rivolta antisovietica, fanno da detonatore anche in Ungheria. Una imponente
manifestazione studentesca si schiera apertamente a favore del democratico Imre
Nagy e contro il filosovietico (e stalinista) Matyas Rakosi. Gli studenti
chiedono libere elezioni e democratizzazione della vita sociale. Dopo un
raggelante rifiuto formulato alla radio di stato la folla insorge e abbatte le
statue del potere.
A cominciare da quella di Stalin.
24-25 ottobre - Il 24 ottobre Imre
Nagy è eletto presidente del Consiglio del Comitato centrale del partito. Quasi
contemporaneamente entrano a Budapest i primi carri armati sovietici che
incontrano, però, una resistenza accanita. L’esercito regolare ungherese si
schiera al fianco degli insorti. Ciononostante, nel tardo pomeriggio del 25
ottobre, le forze armate sovietiche controllano gran parte della capitale
ungherese.
26-27 ottobre - Imre Nagy è impegnato
in convulse consultazioni per cercare di fermare il massacro: si parla già di
1550 morti e oltre 6000 feriti. All’alba del 27 ottobre gruppi di operai armati
occupano le fabbriche del Paese.
28 ottobre – Tutte le piazze della capitale sono presidiate dai carri
armati russi ma gli scontri sono cessati. Si ripuliscono le strade e si
ripristinano i servizi. Nagy parla la radio e spiega che gli insorti non sono
fascisti – come insinuano i sovietici – ma comunisti che si battono per il loro
Paese. Nel medesimo discorso Nagy annuncia l’imminente ritiro delle truppe
sovietiche.
31 ottobre – Il cardinale Mindszensty, in passato interprete di
intransigenti posizioni anti-sovietiche – viene invitato, dal governo in
carica, a rientrare in patria.
1 novembre 1956 – L’Ungheria sconfessa il Patto di Varsavia, annuncia la
propria neutralità e si rivolge alle Nazioni Unite per avere appoggio e
protezione. Il colonnello Pal Maleter viene nominato ministro della Difesa in
una Budapest sempre più isolata dal resto del mondo. Il 2 novembre Imre Nagy
chiede – con una nota formale – al governo sovietico il ritiro delle truppe
poiché l’Ungheria vuole (…)”l’indipendenza politica (…)”.
3 novembre – Si consuma l’inganno. Le truppe sovietiche – apparentemente –
accolgono l’invito del capo del governo ungherese e abbandonano la capitale
ungherese. Molti carri armati oltrepassano la frontiera tra manifestazioni di
giubilo popolare. La tensione internazionale – nel frattempo – si sposta su un
altro “fronte caldo”: in Egitto dove è scoppiata la crisi del canale di Suez.
Gli avvenimenti ungheresi scompaiono dall’agenda delle priorità occidentali. E
dell’Onu.
4 novembre – Budapest si sveglia all’alba in seguito al furioso fuoco di
artiglieria. Cinquemila carri armati invadono il paese e lo occupano in poche
ore. Nagy si rifugia presso l’ambasciata yugoslava dopo aver rivolto, per
radio, un appello alla nazione mentre in tutto il paese infuriano i
combattimenti. Alle 8 la radio nazionale ungherese cessa le trasmissioni radio.
I combattimenti proseguiranno per alcune settimane fino a quando tutte le
sacche di resistenza furono “liquidate”. Nessuno è in grado di dirlo con
certezza poiché la capitale ungherese era completamente isolata dal resto del
mondo ma si dice che, i caduti tra gli ungheresi, siano stati 25mila.
23 novembre – i sovietici insediano il nuovo governo guidato dal
filo-sovietico Kadar.
24 novembre – Nonostante il solenne impegno assunto dalle autorità
sovietiche di non intraprendere alcuna persecuzione nei confronti dei soggetti
che – per alcune settimane – hanno interpretato il, legittimo, governo
ungherese, Imre Nagy (con la compiacenza del personale dell’ambasciata
yugoslava) viene arrestato. Inizia la “normalizzazione”.
16 giugno 1958 – Con uno scarno comunicato - formulato con la tecnica nota del
“linguaggio di legno” – la Tass annuncia l’esecuzione di Imre Nagy, di Pal
Maleter, MiklosGimez e Jozef Szilagyi dopo un processo svoltosi a porte chiuse.
Il comunicato non chiarisce né il luogo in cui si è svolto il processo, né i
componenti della Corte né, tantomeno, la data e il luogo in cui è avvenuta
l’esecuzione.
Imre Nagy e i suoi collaboratori saranno riabilitati e
restituiti alla memoria storica del proprio paese solo nel 1989: alla caduta
del Muro di Berlino.