Un punto da cui partire

 

Il punto da cui partire per costruire un ragionamento argomentato è quello di provare a definire e a condividere i possibili traguardi formativi da garantire ai ragazzi che lasciano il periodo della loro vita dedicato centralmente alla formazione, per inserirsi nel mondo adulto.

Quale bagaglio ciascuno deve aver costruito quando lascia il percorso della formazione iniziale? Quale formazione di base deve essere posseduta (costruita nell’infanzia e nell’adolescenza) per vivere pienamente la propria cittadinanza?

1. Si deve possedere in modo profondo, persistente e al più alto livello di consapevolezza quegli strumenti culturali che permettano di leggere la realtà che ci circonda nelle sue svariate sfaccettature (competenze culturali). Una formazione culturale profonda, persistente e pervasiva in grado di permettere l’autonomia nel continuare a fruire per tutta la vita delle sollecitazioni culturali.

2. Si deve anche aver sviluppato e valorizzato le proprie competenze culturali in termini di competenze professionali in modo da potersi rapportare con l’inserimento nell’attività di lavoro

 

Non interessa indagare in questa sede se tra le due forme di competenza ci sia una differenza ”qualitativa”, certamente vi è una differenza in “peso specifico”: le competenze culturali hanno un alto peso specifico, di poco inferiore a quello del “fluido” in cui sono immerse, e la parte che emerge è quindi relativamente piccola. Le competenze culturali sono “profonde”, rappresentano il consolidamento di strumenti conoscitivi e di abilità all’interno di mondi di significati culturali, con una forte valenza storica e sono caratterizzate dai caratteri della persistenza, trasversalità, trasferibilità essendo la base al sostegno delle altre competenze. Le competenze culturali non sono raggiungibili con procedure “automatiche”, sono il frutto di un lavoro di insegnamento/apprendimento lungo e complesso che coinvolge più ambiti disciplinari; sono parte perciò del tempo dell’istruzione che è riflessione, approfondimento, esercizio, ritorno. Non ci sono scorciatoie per costruire competenze culturali che siano profonde e persistenti.

 

Il problema che ne deriva è centrale per tutta la riflessione: attraverso quali percorsi formativi tra i 14 e i 18/19 anni è possibile garantire il raggiungimento dei due obiettivi individuati?

Tra le possibili strade mi pare stia emergendo una polarizzazione tra due prospettive:

1.       Costruire due percorsi formativi alternativi tra loro; uno “lungo” per il raggiungimento di alcune professioni che all’inizio sia di sola istruzione (liceale) e che in seguito (università e formazione superiore) si avvicini alle professioni più alte; un secondo riferito agli altri lavori per i quali l’istruzione e la formazione professionali rappresentano un tutt’uno già dai quattordici anni. In questa prospettiva i percorsi formativi dopo il primo ciclo configurano due sistemi centrati ciascuno su principi educativi diversi (quello tipico del liceo “gentiliano” e quello, tutto da costruire denominato “istruzione e formazione professionale” che abbia la sua origine nel superamento delle attuali esperienze degli istituti tecnici, degli istituti professionali e della formazione professionale regionale) 

2.       Costruire percorsi formativi che prevedano un biennio iniziale (unitario) centrato sull’istruzione, differenziato in riferimento ai grandi campi del sapere ma unitario nella valenza formativa e percorsi successivi diversificati in cui si realizzi, in diversa modalità, l’integrazione tra istruzione e formazione professionale. In questa seconda prospettiva si individuano come sotto-sistemi quello dell’istruzione e quello della formazione professionale, che veicola i necessari contenuti di istruzione ma non si pone come percorso ad esso equivalente e in alternativa.

 

La prima impostazione è alla base della legge 53/03 anche se in essa vengono aggiunti il percorso dell’apprendistato e quello dell’alternanza. La seconda corrisponde alla proposta che in questa riflessione si vuole sostenere, individuando un’altra traduzione, tra le possibili, del nuovo Titolo V.