Per una nuova prospettiva della
politica scolastica
1.
La scuola ha bisogno che sia riattivato e ulteriormente sostenuto un processo
profondo e condiviso di innovazione all’interno di una prospettiva alta che non
può non basarsi sul mandato che le deriva dalla Costituzione. Un processo
innovativo che deve svilupparsi da un dibattito ampio nel Paese, che deve
individuare i punti critici su cui intensificare il cambiamento, che deve poter
disporre delle risorse necessarie verso cui orientarsi
in modo condiviso, che deve vedere protagonisti attivi e responsabili i
soggetti della scuola.
Il
nuovo titolo V deve essere assunto nelle sue potenzialità: i tre soggetti
istituzionali (Stato, Regioni/Province/Comuni e Scuole), che a diverso titolo
hanno un mandato costituzionale sulla formazione, devono esprimere al massimo
le loro possibilità di azione all’interno dello
sviluppo del sistema formativo nazionale e territoriale.
2.
Gli elementi centrali di tale processo possono essere:
-Garantire
che la scuola dell’infanzia non venga ridotta dalla
dimensione di vera scuola a momento assistenziale e marginale. (Significa
arginare gli anticipi e soprattutto
impedire che venga vanificato il valore pedagogico
degli orientamenti del 1991 e dei campi di esperienza)
-Garantire
a tutte le scuole la possibilità di affermare il tempo
scuola come “tempo disteso”, risultato di un progetto pedagogico-didattico
coerente e non come schizofrenica giustapposizione/assemblaggio di frammenti
formativi. (In particolare confermare e rafforzare la reale
praticabilità del modello “tempo pieno” come pratica virtuosa in grado di
tenere insieme il bisogno sociale e la qualità del processo formativo.
Significa adottare forme di organizzazione del lavoro
che sostengano la piena corresponsabilità).
-Garantire
la ricchezza e coerenza del curricolo verticale. (Sostenere la filosofia e le
pratiche degli istituti comprensivi, impedendo che vengano
messe in atto forme di separazione e personalizzazione precoce dei percorsi
formativi, impedendo che l’attivazione di forme organizzative superate e
semplificatrici riducano la qualità dell’insegnamento/apprendimento, impedendo
che forme di valutazione possano segnare già dai primi anni di scuola il
destino dei ragazzi).
-Garantire
a tutti tra i 14 e i 16 anni percorsi pieni di
istruzione. (In particolare ai ragazzi in difficoltà scolastica a 13-14 anni
non si deve proporre meno istruzione ma
percorsi di istruzione, senza aggettivi, di maggiore
qualità in grado di intercettarli e di seguirli nel loro individuali e
irrepetibili stili di apprendimento Anche per questa fascia scolare il rinnovamento
dell’impianto culturale e curricolare diventa determinante: garantire pari
opportunità a 16 anni ).
-Garantire
a tutti tra i 16 e i 18/19 anni percorsi formativi.
(Si deve costruire un sistema integrato in grado di sostenere la formazione
culturale adeguata e la sua valorizzazione in termini di competenze
professionali)
3. La riforma (che
deve risultare significativa e rilevante) e
l’obbligatorietà dei bienni della scuola secondaria superiore rappresentano lo
snodo di innovazione centrale e fondamentale per il significato e per la
ricaduta che può avere sull’intero sistema (la riforma dei bienni indurrà
innovazione sia nell’intero primo ciclo e sia nei percorsi formativi
successivi).
Diventa dunque prioritario e determinante
che, attorno ad una prospettiva significativa, il mondo della scuola e quello
della politica riescano ad avviare un’azione in cui la costruzione di un
progetto riformatore per la scuola non risulti separato dal concreto fare
scuola, che riesca, anzi, a far sì che gli assi portanti di tale progetto
diventino contemporaneamente le indicazioni di lavoro per le scuole per valorizzarne pienamente l’autonomia
organizzativa e didattica e come
pratiche per riprendere e rilanciare il processo di innovazione che serve per
una scuola democratica.