La priorità da affrontare e approfondire con urgenza: quali bienni? Come costruirli?

 

Se il biennio unitario assume la centralità fin qui sollecitata e auspicata allora proprio la sua profonda riforma diventa l’asse di riferimento per l’intero processo di innovazione del sistema formativo.

Alla base del ragionamento si pone da un lato l’importanza del biennio come fascia scolare dotata di propria identità curricolare e dall’altro la centralità dell’investimento sulla qualità della scuola (la riduzione della dispersione è strettamente legata alla qualità del fare scuola)

 

Le effettive possibilità di riuscita si basano sulla capacità di valutazione e assunzione delle difficoltà e degli ostacoli da affrontare nel realizzare percorsi di studio rivolti al “non uno di meno” che, cioè, non abbassino il livello dei risultati e riescano ad intercettare la maggior parte dei ragazzi della fascia di età:

- La condivisione di estendere l’obbligo di istruzione nel biennio della scuola secondaria di secondo grado deve ulteriormente essere rafforzata ed estesa. Servono approfondimenti che ne evidenzino la valenza civile e sociale e un lungo lavoro di ricerca attorno alla fattibilità.

- La proposta di biennio unitario (elemento e snodo coerente all’interno del percorso di formazione 3-19) non è riconducibile a quelle su cui si era operato negli anni settanta e ottanta. Il ritardo nella riflessione è perciò da recuperare e va collocato all’interno del più ampio dibattito che tiene dentro le problematiche dell’intero periodo scolare dagli 11 ai 16 anni, che, indubbiamente, è quello più complesso e difficile.

- L’innovazione del percorso di istruzione deve essere profondo. Gli attuali bienni non rappresentano un modello adeguato; né l’impianto del ginnasio, né quello dei bienni degli istituti tecnici e professionali sono in grado di corrispondere ai bisogni formativi della fascia di età.

 

Però non si parte da zero. La scuola ha realizzato negli ultimi decenni esperienze, buone pratiche e innovazioni di alto livello, ha costruito competenze fondamentali per l’innovazione; partendo da esse e avendo individuato i punti di criticità, soprattutto quelli che producono gli alti tassi di dispersione scolastica in questa fascia di età si può riuscire a rilanciare il processo cambiamento del biennio.

Diventa dunque fondamentale che si avvii, già dal prossimo settembre, un processo rivolto a promuovere (nell’autonomia delle scuole e delle loro reti, con il sostegno degli Enti Locali) iniziative diffuse rivolte al miglioramento della qualità/centralità del biennio da affiancare ad una rinnovata riflessione sul suo significato formativo che coinvolga al più alto livello la scuola, l’Università, i centri di ricerca, l’associazionismo professionale e disciplinare.

In una prima approssimazione i campi di lavoro potrebbero essere:

1.       I risultati, anche in termini di competenze, da raggiungere alla conclusione del biennio e in riferimento al rapporto con la formazione professionale (modalità del riconoscimento di crediti formativi) […]

 

2.       Il curricolo. Assumendo la riflessione sugli obiettivi formativi da costruire/raggiungere nei due anni si deve lavorare sull’impianto curricolare in grado di sorreggerli  (il lavoro dei dipartimenti in particolare attorno allo sviluppo della dimensione laboratoriale di tutte le discipline e con attenzione per quelle che maggiormente sono rilevanti nella dispersione). Particolare importanza ha il rapporto che si viene a definire tra le discipline comuni e quelle che caratterizzano l’indirizzo: è determinante che non siano segnate da una diversa valenza culturale e formativa generale; è un problema che va riproposto fortemente non avendo trovato adeguate e coerenti soluzioni nelle esperienze passate[1] […]

 

3.       Il protagonismo degli studenti. Si deve operare per la costruzione di un mondo di significati condivisi; sta cambiando profondamente il modo di concepire e vivere l’adolescenza ed è reale il rischio di ridurre sotto una soglia minima il mondo di significati condivisi rendendo difficoltosa la comunicazione tra le generazioni che convivono a scuola.

La scuola rappresenta, può rappresentare, un luogo in cui agli adolescenti viene offerto un ruolo attivo che non deve essere ridotto alla sola “socializzazione”, è invece proprio l’avventura culturale e le forme di “protagonismo” che ad essa si possono collegare a rappresentare la centralità dell’esperienza scolastica. Schematicamente si possono individuare tre forme di protagonismo scolastico da garantire a tutti gli studenti: lo spazio di autonomia, la partecipazione al governo della scuola e la partecipazione attiva al rapporto insegnamento/apprendimento.

Il ruolo della scuola diventa sempre di più determinante nel garantire all’adolescente di poter essere protagonista consapevole della propria crescita. […]

 

4.       Il “clima” in cui avviene l’insegnamento/apprendimento. Il tempo, gli spazi e loro progettazione/ organizzazione/gestione […]

 

5.       Il lavoro nei team insegnanti. In particolare il consiglio di classe e i dipartimenti […]

 

 

[1] Dal modo con cui verrà assunta e trasformata in percorso curricolare la cultura tecnologica dipende una parte considerevole dell’efficacia dell’innovazione nel rendere i bienni equivalenti a livello formativo e in grado di aumentare il successo scolastico. In realtà la tecnologia non è mai stata assunta nella scuola come vero sapere, come approccio originale alla conoscenza, come fattore di cultura o di formazione generale bensì come elemento professionalizzante (in senso specialistico) da scongiurare nei licei e da confinare negli istituti tecnici e professionali; sapere tecnologico e sapere disinteressato rappresentano gli opposti nella scala dei saperi scolastici. La proposta di Bertagna lo ribadisce: la theorìa è ricondotta alla scuola, al liceo, la téchne è ricondotta alla professionalità, alla formazione professionale e su questa si schiaccia la tecnologia.

La ri-costruzione dei curricoli di tecnologia non sarà quindi un'operazione né facile né indolore e nemmeno breve; curricoli che non soffrano di astrattezza e tanto meno si riconducano ad attività addestrative o alla descrizione di tecniche.  Si tratta di capire come la tecnologia  possa rappresentare un vero sapere a scuola e non semplicemente il momento applicativo, professionalizzante dei saperi, come possa “reggere” indirizzi in percorsi di istruzione dopo i 14; percorsi riferiti ad aree tecnologiche che siano comprensivi della cultura tecnologica come elemento della formazione culturale generale e, come tale, elemento del percorso di formazione alle professioni coerente con l’età e lo sviluppo del curricolo verticale.

Se si sarà in grado di sviluppare alcuni riferimenti teorici già disponibili, di valorizzare ciò che già nella scuola è stato fatto, allora potremo fare i conti con una cultura tecnologica non ridotta a soli ambiti specialistici bensì capace di rappresentare un asse importante dell’impianto curricolare e formativo. La scommessa culturale è ancora tutta aperta e deve essere rilanciata.

 

 



[1] Dal modo con cui verrà assunta e trasformata in percorso curricolare la cultura tecnologica dipende una parte considerevole dell’efficacia dell’innovazione nel rendere i bienni equivalenti a livello formativo e in grado di aumentare il successo scolastico. In realtà la tecnologia non è mai stata assunta nella scuola come vero sapere, come approccio originale alla conoscenza, come fattore di cultura o di formazione generale bensì come elemento professionalizzante (in senso specialistico) da scongiurare nei licei e da confinare negli istituti tecnici e professionali; sapere tecnologico e sapere disinteressato rappresentano gli opposti nella scala dei saperi scolastici. La proposta di Bertagna lo ribadisce: la theorìa è ricondotta alla scuola, al liceo, la téchne è ricondotta alla professionalità, alla formazione professionale e su questa si schiaccia la tecnologia.

La ri-costruzione dei curricoli di tecnologia non sarà quindi un'operazione né facile né indolore e nemmeno breve; curricoli che non soffrano di astrattezza e tanto meno si riconducano ad attività addestrative o alla descrizione di tecniche.  Si tratta di capire come la tecnologia  possa rappresentare un vero sapere a scuola e non semplicemente il momento applicativo, professionalizzante dei saperi, come possa “reggere” indirizzi in percorsi di istruzione dopo i 14; percorsi riferiti ad aree tecnologiche che siano comprensivi della cultura tecnologica come elemento della formazione culturale generale e, come tale, elemento del percorso di formazione alle professioni coerente con l’età e lo sviluppo del curricolo verticale.

Se si sarà in grado di sviluppare alcuni riferimenti teorici già disponibili, di valorizzare ciò che già nella scuola è stato fatto, allora potremo fare i conti con una cultura tecnologica non ridotta a soli ambiti specialistici bensì capace di rappresentare un asse importante dell’impianto curricolare e formativo. La scommessa culturale è ancora tutta aperta e deve essere rilanciata.