L’INTERVISTA / Il segretario di Rifondazione chiede una
consultazione aperta anche ai «delegati di movimenti ed enti locali» |
«Primarie sui programmi. E se perdo
mi adeguo»
Bertinotti sfida il centrosinistra: su pensioni e guerra
la linea del Prc può vincere. Al governo nostri ministri ma io no
ROMA - «Le primarie? Sì, ma non sui candidati. Meglio farle sul
programma». Fausto Bertinotti non si accontenta della proposta di Romano Prodi
e rilancia. Ma così facendo sa bene di aprire una nuova offensiva nei confronti
del centrosinistra. E di mettere in difficoltà i suoi alleati: «Perché sulle
pensioni o sulla guerra non dovremmo essere noi a vincere? Alla fine sull’Iraq,
in Parlamento, è passata la nostra linea». Ma se da una parte c’è la sfida,
dall’altra c’è l’accettazione delle regole del gioco: «È chiaro che dovremo
accettare le decisioni prese dalla maggioranza che rappresenta le opposizioni».
In altre parole: se dovessero vincere i favorevoli all’innalzamento dell’età
pensionabile e alla linea dell’Onu sull’Iraq, Rifondazione comunista non farà
problemi. Insomma, la partita è aperta. E il leader del Prc preme l’acceleratore
perché si giochi subito: «È molto probabile che si voti già nel 2005». Ma
«ovviamente» gli accordi questa volta dovranno contemplare l’ingresso di
Rifondazione nel governo, senza chiudere le porte chiuse anche a ministeri
importanti («perché no l’Economia?»). Una cosa però è certa: «Io non farò mai
il ministro». Promesso da Fausto Bertinotti.
Nei giorni scorsi ha detto che se si dovesse andare alle primarie si
presenterebbe anche lei. Lo conferma?
«Sì, ma preferisco parlare di programma piuttosto che di nomi. Siamo alla fine
di un’epoca in cui hanno dominato le politiche neoliberiste ed un impianto
presidenzialistico. Bene: le primarie per scegliere il candidato sono figlie di
quella fase storica. Oltretutto la leadership di Prodi è un fatto indiscusso».
E qual è il programma di Rifondazione comunista?
«La premessa è che nel mondo si è ormai esaurita la fase neoliberista. E
che la globalizzazione ha rivelato la sua vera natura con la guerra e la crisi
economica. Occorre rilanciare una politica di riforma, di programmazione».
Come si traduce a livello italiano?
«In alcuni punti che consideriamo essenziali come la ripartizione del
reddito e la valorizzazione del lavoro. Non vuol dire solo aumento delle
retribuzioni, ma permettere l’esercizio dei diritti universali della
popolazione: beni ambientali, acqua, cibo, casa. Ci vogliono interventi
pubblici. Prima però occorre fare una bonifica delle leggi più inquinanti
approvate dalla Casa delle Libertà».
Quali?
«Penso alla legge Biagi sul lavoro, alla Bossi-Fini sull’immigrazione e alla
Moratti sulla scuola. Poi alla procreazione assistita, anche se, dato che
riguarda la persona, a decidere potrebbe essere il referendum».
Non parla dell’Iraq.
«Perché rientra nella fase costruttiva, non nella bonifica».
Da sempre il Prc considera il ritiro delle truppe un punto irrinunciabile.
«Sì, ma non si può ragionare in termini di paletti sulla linea dell’Onu come fa
Enrico Letta. Perché allora, se si scende su questo piano, non posso non
ricordare che in Parlamento tutte le opposizioni hanno votato per ritirare le
truppe dall’Iraq. Compreso lo stesso Letta, anche se non era esattamente la sua
linea».
Neanche quella di Romano Prodi.
«Certamente. Come si vede quel paletto è stato già abbattuto una volta. E
attenzione a non fare discorsi del tipo "prima si mettono d’accordo tutti
i partiti del centrosinistra, poi si passa alla trattativa con
Rifondazione"».
Esiste un metodo alternativo?
«Facciamo le primarie, ma sul programma».
In che modo?
«Come si fa in fabbrica di fronte ad un accordo sindacale. Si sottopone al
voto una piattaforma che comprende i punti più importanti e, dopo un confronto
democratico, vince la maggioranza. Sarebbe bello se si pronunciassero tutti gli
elettori delle opposizioni. Se poi risulta troppo complicato si eleggano i
delegati. Ma non solo dei partiti: anche quelli dei movimenti e dei governi
locali».
E se dovesse prevalere una linea favorevole all’innalzamento dell’età
pensionabile?
«Perché si deve dare per scontato che prevalga quella posizione? Per quanto ci
riguarda noi potremmo proporre il contrario, cioè l’abbassamento del tetto
attuale».
E sull’Iraq?
«Non si può dimenticare che c’è di mezzo il limite invalicabile della
Costituzione, contraria alla guerra. Daremo battaglia, decisi a non concedere
alcuna deroga al principio anche in presenza di un via libera delle Nazioni
Unite. Ma se dovessero prevalere i favorevoli all’Onu come condizione
sufficiente accetteremmo. Ovviamente solo se a pronunciarsi sarà davvero tutto
il popolo delle opposizioni o chi lo rappresenta pienamente».
C’è una differenza sostanziale fra Kerry e Bush?
«Sono contrario ad appendersi al candidato meno peggio, anche perché sono
entrambi per una visione del mondo unipolare. L’opposizione dovrebbe invece
puntare sulla costruzione di un ruolo autonomo dell’Europa a favore della pace
nel mondo».
Molti, nel centrosinistra, sono convinti che per le Politiche non si
arriverà al 2006.
«Credo anch’io che si voterà nella prossima primavera. Per questo dobbiamo
aprire presto il dibattito sul programma. Siamo già in ritardo».
Bertinotti farà parte del governo in caso di vittoria?
«Io no, non entrerò nella squadra. Ma il partito ci sarà».
Con ministri in poltrone strategiche tipo il Welfare?
«E perché no l’Economia?».