6. La necessità di ripensare a fondo la questione dei libri di testo della primaria

Tutta la complessa materia delle procedure per la definizione dei contenuti, delle dimensioni, dei costi, delle norme tecniche per la compilazione dei libri di testo, nonché delle modalità di adozione degli stessi, non è affatto una questione di forma ma, al contrario, investe la scuola nelle sue fondamentali tematiche: cosa e come si insegna; quali sono gli strumenti più idonei per facilitare l’apprendimento; quale spazio può e deve essere lasciato alla libertà docente e all’autonomia degli istituti.

Quando, il 24 maggio 2003, è apparsa sul Corriere della Sera la notizia che “il Ministro dell’istruzione ha chiesto agli editori di libri scolastici di produrre nuovi testi più semplici per la scuola primaria: non più un contenitore di singole materie ma un insieme di unità di apprendimento” si è avviato un dibattito che ha avuto poca attenzione e che vale la pena di riprendere e rilanciare.

È intervenuto per primo Benedetto Vertecchi affermando che si deve prendere atto che il “sussidiario” nella sua forma tradizionale “ha risposto alle esigenze di un Paese culturalmente deprivato, al primo livello di alfabetizzazione” e che, alla luce della quantità di mezzi di informazione di cui oggi i bambini dispongono, “la funzione enciclopedica del sussidiario è superata”. Lo scopo di un libro di uso didattico, afferma sempre Vertecchi, dovrebbe quindi diventare quello “di produrre una rete organizzativa delle conoscenze: un bambino oggi apprende attraverso internet, la tv, ha esperienze formative con i genitori, viaggia. Insomma lo spazio delle materie tradizionali non è più solo uno spazio di documentazione ma diventa uno spazio concettuale di organizzazione”.

Sullo stesso argomento, Luciano Corradini, si è mostrato più cauto affermando che “la soppressione del vecchio e glorioso sussidiario può rappresentare un’occasione importante di rinnovamento della didattica, oppure può diventare un’occasione di disorientamento per i docenti, le famiglie e i bambini: non ci sono più i vecchi programmi e le nuove indicazioni non sono ancora sperimentate. Il sussidiario è l’ultima innovazione in un quadro in movimento, di cui resta difficile immaginare come andrà esattamente a finire” e segnalando il rischio di “abbandonare una strada vecchia e di non avviarsi con chiarezza su una strada nuova” senza che sia stato possibile “valutare la consistenza e la qualità delle proposte alternative che per ora non sono note”. “Che ci debba essere un’innovazione appare comprensibile, anche negli strumenti con cui si realizza il lavoro scolastico” ma, conclude Corradini, bisognerà vedere “se verrà riconosciuta ai docenti la possibilità di intervenire nella messa a punto degli strumenti del loro lavoro”.

È poi intervenuto Maurizio Tiriticco, proponendo di chiedersi, anche alla luce delle considerazioni espresse dal Ministro e dai precedenti interventi, “se i libri di testo siano ancora necessari o meno”. Infatti, argomenta Tirittico, “se la disciplina è un unicum chiuso in se stesso, quindi rappresentabile univocamente in migliaia di libri di testo, le <<unità di apprendimento realizzate attraverso un intreccio di discipline>> – così si legge sul Corsera – non possono essere univoche, vanno create in situazione per quel gruppo alunni da quel gruppo codocente”.

Se l’obiettivo è quello di “attivare spazi di apprendimento lungo i quali e in forza dei quali il bambino impari ad organizzare e a disciplinare a poco a poco le sue strategie cognitive e le sue conoscenze”, afferma Titittico, la modalità di insegnare e apprendere “non può essere ricondotta ad una modellizzazione valida per tutte le situazioni. E’ una modalità che va inventata hic et nunc e che non può essere confezionata dall’esterno da autori, anche bravissimi, ma che non operano in quella particolare situazione”

La svolta che si deve effettuare “non necessita di ulteriori libri di testo, che offrano già predisposte unità di apprendimento”, conclude Tirittico, ma “occorre aiutare gli insegnanti ad organizzare le loro attività producendo essi stessi materiali pluridisciplinari coerenti con i percorsi formativi proposti al gruppo alunni”; occorre quindi “fare più formazione dei formatori, fornire linee guida, materiali, anche on line, aprire più spazi per la circolazione della documentazione ad hoc, per gli scambi di esperienze... Mi sembra che quanto ho detto non solo sia coerente con lo sviluppo della autonomia delle istituzioni scolastiche ma sia anche una condizione per un suo reale rafforzamento”.

A un anno di distanza da questo rapido confronto sono arrivati nella scuola, affinché venissero scelti,  entro maggio 2004 per essere adottati per l’anno scolastico 2004/2005, i nuovi testi predisposti dagli autori delle varie case editrici tenendo conto delle indicazioni del Ministro e dei nuovi piani di studio.

La prima sommaria impressione, nel vedere i nuovi volumi, è che non si è fatta la scelta radicale di abbandonare la logica enciclopedica del vecchio sussidiario, ma che si siano semplicemente un po’ ristrette un le pagine riservate agli ambiti disciplinari, utilizzando lo spazio recuperato, assieme a quello permesso dall’incremento complessivo del numero delle pagine, per affiancare alle parti disciplinari alcune unità interdisciplinari, spesso denominate, forse per richiamare la terminologia dei nuovi piani di studio o anche per compiacere il Ministero, “unità d’apprendimento” o, addirittura, “ologrammi”. 

Non sono stati pochi gli insegnanti che hanno lamentato un complessivo peggioramento della qualità e della chiarezza dei volumi e alcuni hanno scelto di adottare i libri predisposti, nel precedente anno, sulla base dei precedenti programmi.