Il Manifesto, 12 ottobre
POLITICA/FANTAPOLITICA
Bin Laden «è nello
Xinjiang».
S.D.Q.
Una
storia che sembra un fiction e che potrebbe innescare,
se fosse confermata, una sequela di effetti inquietanti non solo sulla «guerra
al terrorismo» ma anche sui rapporti fra Stati uniti e Cina e sui futuri
equilibri mondiali. La storia è divisa in diversi capitoli: Capitolo primo, Osama bin Laden
è nascosto in Cina - e più esattamente fra i monti Zaskar
al confine con il Pakistan, nello Xinjiang, la
provincia nel nord-ovest della Cina abitata da popolazioni uigure
di religione musulmana, impegnate da anni in una aspra
lotta anche armata con Pechino. Capitolo secondo, Osama
si sarebbe rifugiato nello Xinjiang nell'estate scorsa
- la conferma verrebbe dai satelliti - insieme a una
cinquantina di mujaheddin e al numero due di al
Qaeda, il medico egiziano al-Zawahiri,
dopo aver strappato un accordo di asilo con le autorità cinesi in cambio della
promessa di far cessare la guerriglia dei cino-musulmani
uiguri. Capitolo terzo, Washington
e Pechino starebbero negoziando un altro accordo supersegreto secondo cui
Il capitolo quinto, che sarebbe
l'ultimo della storia, è l'unico a essere ancora tutto in bianco, da scrivere.
E scrivere la conclusione di questo puzzle non sarebbe facile.
L'autore di questa storia che al
momento sa molto di fanta-politica è Gordon Thomas, un giornalista gallese che vive in Irlanda, che
l'ha scritta per quotidiano spagnolo El mundo e che viene
presentato come «un ex esperto in servizi di spionaggio e autore di libri sulla
Cia e il Mossad» (dal suo
sito internet i libri risultano essere addirittura 53).
A mo' di conferma della sua
storia, Thomas presenta alcuni elementi - ad esempio
il fatto che lo Xinjiang «dall'arrivo di Osama bin Laden
è stato relativamente tranquillo» - e alcune analogie con il passato - ad
esempio con il famoso e cinico accordo accordo
anti-Carter che il candidato repubblicano Ronald Reagan strinse nel `79 con l'Iran khomeinista
- «pagato con enormi somme di denaro agli ayatollah iraniani» - alla vigilia
delle elezioni presidenziali negli Stati uniti per assicurarsi che gli ostaggi
americani rinchiusi nell'ambasciata Usa di Tehran non
fossero liberati prima del voto di novembre. Carter non fu rieletto, Reagan vinse le elezioni e gli ostaggi furono liberati
esattamente lo stesso giorno del suo insediamento alla Casa bianca.
Negli Stati uniti, all'interno
dell'entourage di Kerry è forte il timore di un'altra «October surprise». La testa di Bin
Laden regalerebbe a Bush la
conferma alla presidenza su un piatto d'argento. L'asso nella
manica, su questo nessun dubbio. E in questi mesi è circolata più volte
la voce che la primula rossa saudita fosse già caduta
in trappola e si aspettasse solo il momento opportuno per presentarlo al
pubblico televisivo.
Thomas scrive che a tirare le fila
dell'accordo segreto Cina-Usa sarebbero i soliti Dick Cheney e Donald
Rumsfeld e che la possibilità di un simile accordo
sarebbe stata discussa all'inizio dell'anno dopo un incontro fra il segretario
alla difesa in visita in estremo oriente ed esponenti di alto livello del
governo cinese. Non resta che aspettare, alla fine di ottobre
manca poco.