Il Manifesto, 12 ottobre

 

POLITICA/FANTAPOLITICA
La Cina darà Osama a Bush?
Bin Laden «è nello Xinjiang». La Cina lo cederà (con contropartite) a Bush che vincerà le elezioni

S.D.Q.

Una storia che sembra un fiction e che potrebbe innescare, se fosse confermata, una sequela di effetti inquietanti non solo sulla «guerra al terrorismo» ma anche sui rapporti fra Stati uniti e Cina e sui futuri equilibri mondiali. La storia è divisa in diversi capitoli: Capitolo primo, Osama bin Laden è nascosto in Cina - e più esattamente fra i monti Zaskar al confine con il Pakistan, nello Xinjiang, la provincia nel nord-ovest della Cina abitata da popolazioni uigure di religione musulmana, impegnate da anni in una aspra lotta anche armata con Pechino. Capitolo secondo, Osama si sarebbe rifugiato nello Xinjiang nell'estate scorsa - la conferma verrebbe dai satelliti - insieme a una cinquantina di mujaheddin e al numero due di al Qaeda, il medico egiziano al-Zawahiri, dopo aver strappato un accordo di asilo con le autorità cinesi in cambio della promessa di far cessare la guerriglia dei cino-musulmani uiguri. Capitolo terzo, Washington e Pechino starebbero negoziando un altro accordo supersegreto secondo cui la Cina consegnerebbe Osama agli americani - a per questo unità speciali statunitensi e pakistane starebbero aspettando solo il via dal lato del Pakistan dei monti Zaskar. Capitolo quarto, in cambio di Osama e della sua personale rielezione a quel punto garantita alla Casa bianca, Bush nel secondo mandato presenterebbe Pechino non solo come il nuovo grande alleato nella «guerra al terrorismo» ma gli regalerebbe lo status di nazione più favorita con relativi contratti miliaradari negli investimenti e commerci, mettendo una pietra sopra - come nel caso di altri regimi magari un po' fetenti ma amici - ai problemi relativi ai diritti umani.

Il capitolo quinto, che sarebbe l'ultimo della storia, è l'unico a essere ancora tutto in bianco, da scrivere. E scrivere la conclusione di questo puzzle non sarebbe facile.

L'autore di questa storia che al momento sa molto di fanta-politica è Gordon Thomas, un giornalista gallese che vive in Irlanda, che l'ha scritta per quotidiano spagnolo El mundo e che viene presentato come «un ex esperto in servizi di spionaggio e autore di libri sulla Cia e il Mossad» (dal suo sito internet i libri risultano essere addirittura 53).

A mo' di conferma della sua storia, Thomas presenta alcuni elementi - ad esempio il fatto che lo Xinjiang «dall'arrivo di Osama bin Laden è stato relativamente tranquillo» - e alcune analogie con il passato - ad esempio con il famoso e cinico accordo accordo anti-Carter che il candidato repubblicano Ronald Reagan strinse nel `79 con l'Iran khomeinista - «pagato con enormi somme di denaro agli ayatollah iraniani» - alla vigilia delle elezioni presidenziali negli Stati uniti per assicurarsi che gli ostaggi americani rinchiusi nell'ambasciata Usa di Tehran non fossero liberati prima del voto di novembre. Carter non fu rieletto, Reagan vinse le elezioni e gli ostaggi furono liberati esattamente lo stesso giorno del suo insediamento alla Casa bianca.

Negli Stati uniti, all'interno dell'entourage di Kerry è forte il timore di un'altra «October surprise». La testa di Bin Laden regalerebbe a Bush la conferma alla presidenza su un piatto d'argento. L'asso nella manica, su questo nessun dubbio. E in questi mesi è circolata più volte la voce che la primula rossa saudita fosse già caduta in trappola e si aspettasse solo il momento opportuno per presentarlo al pubblico televisivo.

Thomas scrive che a tirare le fila dell'accordo segreto Cina-Usa sarebbero i soliti Dick Cheney e Donald Rumsfeld e che la possibilità di un simile accordo sarebbe stata discussa all'inizio dell'anno dopo un incontro fra il segretario alla difesa in visita in estremo oriente ed esponenti di alto livello del governo cinese. Non resta che aspettare, alla fine di ottobre manca poco.