E’
forse passato troppo sotto silenzio il dato rilevato dalla Commissione di indagine sull’esclusione sociale (1) relativo ai minori
poveri che, nel 2003, hanno rappresentato il 22,1% dei soggetti in condizioni
di povertà nel nostro Paese, dato per altro in crescita dello 0,3% rispetto
all’anno 2002. Pur consapevoli che questo dato va letto avendo ben presenti le
diverse situazioni familiari e connettendolo con altri elementi di specificità
quali la realtà dei minori immigrati e quella dei piccoli rom,
non possiamo tuttavia non vedere in esso elementi di forte preoccupazione, in
modo particolare se pensiamo che questo avviene in Italia, e cioè in uno degli
otto paesi maggiormente industrializzati del mondo. E non possiamo non legarlo
alle – tante – analisi condotte sul fenomeno del lavoro precoce e minorile,
fenomeno tutt’altro che irrilevante, con aspetti di
forte diversità a seconda delle realtà territoriali
alle quali si fa riferimento, non riconducibile a parametri unicamente numerici
e che troppo spesso rischia di essere non valutato nella giusta dimensione a
causa della forte incidenza che nel nostro Paese ha il lavoro sommerso.
Abbiamo a disposizione non poche letture ed analisi sulla materia, che –
proprio per la sua complessità – viene interpretata
dagli enti di ricerca, istituzioni, organizzazioni sindacali con esiti lontani
fra di loro per risultati, ma anche per rispondenza alla consistenza reale del
fenomeno.
Dati e statistiche
A partire dal dicembre 1999, l’ISTAT ha avviato un progetto triennale per
sviluppare definizioni e metodologie, in collaborazione con l’ILO (International Labour Office), al
fine di quantificare e qualificare il lavoro minorile in Italia (2). L’indagine ha fornito, per l’anno 2000, una stima di
circa 147.000 minori di nazionalità italiana, con età compresa fra i 7 ed i 14
anni, che hanno svolto una qualche attività lavorativa (vedi figure
1 e 2; fonte Istat).
Questo numero costituisce il 3,1% del totale dei minori
compresi in quella fascia di età, rappresentando
un’incidenza non trascurabile se confrontata con le statistiche internazionali
fornite dall’ILO che collocano l’Italia ben oltre la media europea dell’1,5%, e
oltre quella del 2% dei principali paesi occidentali.
Altri istituti forniscono stime diverse sui minori impegnati in attività
lavorative in Italia, per esempio
Come sottolineato dal rapporto CNEL 2005 (5),
le differenze delle stime in questo complesso settore sono causate
dall’adozione di metodologie diverse per la rilevazione e valutazione dei dati.
In ogni caso, è innegabile che ci si trovi di fronte ad una realtà di forte
significatività sociale, concordemente situata in modo prioritario all’interno di alcuni settori economici ben definiti: il settore
agricolo, quello delle piccole e piccolissime aziende, che presentano una forte
concentrazione manifatturiera ed un elevato ricorso ad attività contoterziste (ambiente che, non a caso, spesso
"incrocia" l’economia sommersa), alcuni settori dell’artigianato
(calzaturiero, abbigliamento), il settore edile.
I dati dell’attività di vigilanza dell’INPS nel 2003 riscontravano 384 casi di
lavoratori al di sotto dell’età minima di assunzione,
mentre – sempre nel 2003 – l’attività ispettiva svolta dal Ministero del lavoro
(fonte: rapporto CNEL) evidenziava come, su 3.000 aziende ispezionate, siano
stati trovati 1.678 minori risultati irregolari (su un totale di 3.979), il ché
significa che per circa un lavoratore minore su due si è riscontrata una
violazione alla normativa di riferimento. Nel corso del 2004 sono state
ispezionate 4.730 aziende all’interno delle quali erano
occupati complessivamente 4.931 minori, di cui 440 extracomunitari. Fra
questi, i minori impiegati in violazione della normativa vigente sono stati
1.854, di cui 172 extracomunitari.
Il 2004 vede dunque l’incidenza di lavoratori minori irregolari in notevole
crescita, pari al 60% del totale, con un’aggravante: i dati del 2004 non possono
nei fatti essere confrontati con quelli del
D’altra parte, quanto sia percepibile e complessa la gravità di questo fenomeno
viene confermato dai dati che emergono dall’indagine
svolta nel Lazio dall’Osservatorio sul Lavoro Minorile della Fondazione del
Banco di Napoli: solo a Roma i minori tra i 7 ed i 14 anni impiegati in
attività di lavoro precoce sono circa 8 mila: 688 tra i 7 e i 10 anni, 3.795
tra gli 11 e i 13 anni, 3.647 i 14enni. Si tratta per lo più di bambini
stranieri costretti a vivere ai margini della società, svolgendo pesanti lavori
di pulizia, vendendo prodotti agli angoli delle strade o semplicemente
chiedendo l’elemosina. E’ evidente, quindi, che intorno a questa tematica si incrociano una pluralità di questioni, di
notevole complessità: il lavoro sommerso, l’abbandono scolastico, una cattiva
percezione dell’importanza di un percorso adeguato di istruzione e di
formazione, l’immigrazione, una domanda di lavoro da parte delle imprese
piccole e medie, ancora orientata a soggetti con titolo di studio o qualifiche
professionali medio-basse, come dimostra l’indagine Excelsior condotta da Unioncamere
(6), politiche familiari e politiche di inclusione sociale ancora
insufficienti.
Prevenzione e tutela sociale
Sarebbe probabilmente opportuno affrontare la questione
in modo efficiente e tempestivo, sia dal punto di vista della prevenzione sia
da quello di una vigilanza orientata a favorire la conoscenza dell’entità del
fenomeno ed il suo superamento; sono numerosi gli interventi necessari: dalla
costruzione di un modello scolastico modulato in base ad età e attitudini, alla
necessità di costruire una sintesi positiva delle
diverse soggettività; dall’analisi delle ragioni vere dell’abbandono scolastico
a un’analisi più attenta e compiuta delle tipologie di lavoro minorile, in cui
si scandagli con precisione i settori economici che ne fanno uso; Dall’analisi
dei ruoli svolti (dalla famiglia, dalla scuola e dal contesto socioeconomico
del territorio) alla realizzazione di compiute politiche di conciliazione e di
sostegno alla genitorialità. Dalla realizzazione di azioni positive indispensabili a superare ogni forma di
discriminazione alla capacità di realizzare concrete ed efficaci politiche per
la legalità e contro il sommerso.
Tuttavia, se vogliamo affrontare con realismo la
questione, riteniamo non si debba trascurare il contributo che può venire
dall’individuazione di modalità concrete con le quali favorire l’interagire dei
soggetti che per loro mission dialogano e
conoscono la realtà del mercato del lavoro e più direttamente si occupano di
vigilanza e di lotta al sommerso: pensiamo, in primo luogo, all’Ispettorato del
lavoro, all’INPS, all’INAIL. Alla possibilità che da un lato
questi soggetti mettano a disposizione le loro banche dati per sapere quanti
sono i minori che lavorano, a quale età hanno iniziato a farlo, con quale
tipologia di contratto, con quali mansioni, in quali settori, aggiornandole in
modo costante così da poter monitorare davvero se quel diverso rapporto fra
mondo del lavoro e formazione che dovrebbe essere alla base della recente
riforma dell’apprendistato. E dall’altro affrontino, nelle loro attività
di vigilanza e di lotta al sommerso, il problema del lavoro minorile e del
lavoro precoce con grande attenzione: pensiamo
all’introduzione di diverse modalità di controllo delle aziende al cui interno
si registrino irregolarità nei confronti di lavoratori minori o si scoprano a
lavorare adolescenti al di sotto dei 15 anni; modalità che dovrebbero prevedere
il monitoraggio di quelle aziende per almeno un triennio al fine di svolgere
un’opera vera di disincentivazione per le altre che avessero la medesima
intenzione.
Siamo consapevoli che è una "piccola" proposta, ma siamo anche
convinti che è necessario partire da dove si può iniziare subito, con la
certezza di ottenere risultati spendibili e confrontabili. Da tempo si parla
della necessità di passare dal welfare assistenziale al welfare delle
opportunità: ci pare che questo potrebbe rappresentare un punto d’avvio di
indiscutibile valore: etico, ma non solo.
(1) "Rapporto sulle
politiche contro la povertà e l’esclusione sociale - anno 2004",
Commissione di Indagine sull’Esclusione Sociale - Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali. http://www.welfare.gov.it/EaChannel/Aggiornamenti/poverta070605.htm
(2) "Indagine ISTAT 2000 –
Bambini, lavori e lavoretti - Verso un Sistema Informativo sul
Lavoro Minorile, primi risultati", ISTAT – Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, giornata internazionale sul lavoro minorile, 12 giugno 2002.
(3) "Osservatorio sul Lavoro Minorile", diramazione della
Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia. http://www.osservatoriolavorominorile.it
(4) "Indagine IRES-CGIL : 400 mila bambini
sfruttati in Italia" – www.rassegna.it
14 aprile 2004
(5) "Lavoro minorile: le misure legislative e le politiche a favore
dell’inclusione sociale, Osservazioni e Proposte" - Rapporto CNEL 2005. http://www.cnel.it/
(6) Sistema Informativo "Excelsior",
Unioncamere, Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali e Unione Europea (FSE). http://excelsior.unioncamere.net/