STORIA DELL´ALDILÀ
SIAMO UN PAESE A METÀ CHE AI COLORI DECISI
PREFERISCE IL PASTELLO
L´ITALIA
CHE DEL LIMBO HA FATTO
REPUBBLICA, MERCOLEDÌ 20 OTTOBRE
2004
Se
si abolisse il limbo si finirebbe per abolire noi
italiani che ne abbiamo fatto un luogo d´elezione,
noi che siamo gli eroi della civiltà dello zero a zero, da sempre sospesi tra
pace e guerra
GIOVANNI FILORAMO
Da circa un
mese
Per quel che riguarda il cielo, gli alti prelati del Vaticano potrebbero in
fondo cavarsela con una maxi sanatoria, una sorta di condono dove l´una tantum da pagare, non osiamo immaginare in che forma,
dovrebbe ovviamente essere uguale per tutte le anime da traslocare in Paradiso:
per i bimbi morti senza battesimo, per gli adulti virtuosi che vissero prima di
Cristo, come Platone e Virgilio, ma anche per tutte quelle persone per bene
decedute sì in epoca cristiana, ma in luoghi lontani da Cristo, come era l´America sino al 1492, prima cioè che vi arrivassero i
missionari conquistatori spagnoli.
E però lasciando a Ratzinger e alla sua Commissione
tutta la responsabilità di definire questo avanzamento
di carriere celesti, su di noi ricadranno le conseguenze terrene dell´abolizione del limbo. Perché
eliminare il limbo non significa solo modificare il passato dell´umanità,
ma anche il presente. Sparisce o, se preferite, viene
messa ad esaurimento, per decisionismo teologale, la figura dell´indeciso,
e dunque il momento dell´indecisione, la fase della
preparazione della decisione e perciò, alla fine, il ragionamento, che in
Italia non significa solo bizantinismo. Il limbo è stato ed è il limite ma
anche il pregio di noi italiani, con le nostre virtù cristiane praticate nella
dolcezza dei precristiani, noi che non accettiamo i
toni accesi del fanatismo ma viviamo naturalmente i
valori della religione, noi che vogliamo bene al Crocifisso anche quando non ci
crediamo e comunque senza troppe pratiche spagnole, senza celebrazioni ed
esibizioni fondamentaliste alla Buttiglione,
noi che siamo caritatevoli ma non andiamo a messa, stiamo con la civiltà
ebraica occidentale ma flirtiamo con il terzomondismo degli arabi, siamo stati
comunisti ma dentro
Abolire il limbo significa abolire l´Italia
che al rosso fuoco infernale o al giallo del Paradiso preferisce il pastello,
le sfumature tenui la cui forza sta nella durata, nella sobrietà, nella
discrezione. Del resto, anche da morti, il limbo ci si addice di più del
Paradiso con tutte quelle sue accecanti beatitudini. Sarebbe in fondo molto
meglio per noi soggiornare nel limbo, senza troppi eccessi mistici, «sitting on the fence»
come dicono gli inglesi, sedendo nel recinto tra due giardini. Beati sì ma con
quel tanto di malinconia, di tristezza e "di mancanza", di cui
lungamente disquisirono i teologi del Concilio di Trento, una malinconia che
sempre ci pare necessaria alla felicità, magari passeggiando con i
peripatetici, discutendo di potenza con Aristotele o parlando di Iraq con Pericle o spiegando a Mosé
che anche ai suoi tempi c´era già chi attraversava il
mare, senza miracoli, con le barche e con le navi, con i remi e con le vele e
senza neppure bagnarsi la barba.
Come si sa, i teologi medievali inventarono il limbo, che è appunto il lembo,
vale a dire l´orlo dell´Aldilà,
la parte più estrema, l´anticamera,
non pensando tanto alle anime dei bimbi che morirono quando erano ancora
innocentemente infettati dal peccato originale né certamente a quelle dei
non-nati, degli aborti, degli embrioni e degli ovuli appena fecondati che oggi
preoccupano il ministro Sirchia, il governo Berlusconi, l´onorevole Rutelli e tutti i don Abbondio che hanno paura dei
referendum. Come spiega Jeffrey Burton
Russel nella sua autorevole Storia del Paradiso, più
ancora che per le anime dei bimbi i teologi medievali erano
preoccupati per la sorte «dei loro colleghi filosofi pagani che sembravano
aver riconosciuto tante parti di Verità». Insomma l´invenzione
del Limbo fu un salvataggio corporativo, un riconoscimento per la categoria dei
Professori di Verità. E infatti Dante nel limbo
incontra Omero e Orazio, Ovidio e Lucano, e poi Enea, Anchise, Elettra, Ettore,
Cesare, la regina delle Amazzoni Pantasilea e, in
sereno e signorile isolamento, persino il Saladino, sultano d´Egitto,
celebrato per le virtù cavalleresche e per la sua liberalità. Dunque oggi l´abolizione del limbo
sarebbe il perfezionamento di quel salvataggio dei Professori di Verità,
proprio come vorrebbero fare i sindacati più corporativi all´università:
passaggi di carriera senza concorso.
Certo, l´abolizione del limbo creerebbe fenomeni di immigrazione controllata che muterebbero anche la
composizione anagrafica del Paradiso, innanzitutto infantilizzandolo, ma anche
imbottendolo di dottrina. Perciò il nuovo segretario della Commissione
Teologica, padre Luis Ladaria,
intervistato domenica scorsa dal quotidiano Avvenire, ha detto
che il problema è enorme e che non si possono «anticipare le conclusioni di un
lavoro che è appena cominciato, che coinvolge teologi di tutti i continenti e
che chiama in causa
Qualora davvero abolisse il limbo «come condizione intermedia, senza
sofferenze, ma anche senza la gioia della visione beatifica di Dio»,
Attenzione: questa volta il problema non è burocratico, né si tratta di un
paradosso dell´ironia, è invece un rebus teologico, e
non di poco conto. C´è infatti
il rischio che il Nuovo Paradiso diventi a più livelli, come uno stadio, con le
gradinate e la tribuna vip, un Paradiso insomma un pochino infernale.
Del resto anche in Terra l´Inferno guadagnerebbe
terreno. Niente più Limbo in Terra significherebbe infatti
l´Inferno per i problematici, l´assimilazione
del dubbioso nell´ignavo. Basta con i cacadubbi, con color che son
sospesi. Alla fine dunque sarebbe un beneficio per i morti ma
un danno per i vivi le cui scelte sarebbero obbligate e affrettate, e tutti i
gattini diventerebbero ciechi. Pensateci: senza limbo muterebbe l´antropologia, si trasformerebbero anche la politica e la
geopolitica. Non ci sarebbero più i neutrali e Dio entrerebbe in rotta di
collisione con i moderni terzisti, che ci sono
particolarmente cari, perché nell´Italia di oggi, pur commettendo tanti errori, occupano il luogo
della preparazione della decisione, si sospendono dai luoghi noti e si
appendono in quelli ignoti, e non per ignavia ma per formare, sotto traccia,
nuovi codici. Nel limbo non ci sono i Né-Né e neppure
i pavidi, gli opportunisti e i cerchiobottisti che
sono tutti destinati all´Inferno. Nel limbo stanno
quelli che si mettono in confidenza con il nuovo, si aprono con curiosità verso
dati pregiudicati. Il limbo è il luogo dove si prepara la scelta, dove domina
la sfumatura. C´è un bel racconto di Borgese, scritto nel 1921 quando l´Italia era prossima alla guerra civile. Borgese, che sarebbe diventato
limpidamente antifascista senza mai darsi al comunismo racconta la storia di Rubè, un giovane avvocato siciliano che assiste con
sgomento e con tormento alla lotta di classe, anche lui sitting
on the fence, cercando nel Limbo il suo Virgilio, la
guida che vi incontrò Dante. Ebbene per caso a Rubè
capita di morire a Milano incidentalmente travolto da
una carica della polizia intervenuta a reprimere una rivolta popolare. Rubè morì da eroe. Ma di quale delle due parti opposte?
«Rubè - scrisse poi Borgese
nel 1934 quando era in esilio in America - è un mio
libro fortunato, nel senso che ebbi senza merito la fortuna di scoprire un
mito. Rubé è l´Italia di oggi, è il mondo di oggi, fascista-comunista,
con due tessere in tasca...». Borgese nel ´21 stava
nel limbo, la maniera più pericolosa di stare sopra le
macerie delle appartenenze che sotto invece erano (e sono) abitate dai topi. Ed è, quello stare senza starci, la qualità migliore degli
intellettuali italiani. Basta pensare a Montanelli,
che stava con la sinistra pur essendo di destra, o a Lucio Colletti, che stava con la destra pur essendo di sinistra, o a Norberto Bobbio che stava con i socialisti pur essendo anticraxiano. Lo stare senza starci, la malinconia del
Limbo, consente il distacco ma anche l´ironia, l´allegria sapida persino, la libertà della critica acuta e
corrosiva più verso il proprio campo che contro quello
degli avversari: il limbo come partcepazione civile,
ma senza le beatitudini paradisiache del tifo. E´ il Limbo il terzismo teorizzato da
Paolo Mieli? Certo è luogo di pensatori e di filosofi. Dante incontra anche Democrito, Anassagora, Eraclito e
Zenone nel luogo dei cacadubbi che costretti ad
abolirsi probabilmente finirebbero quasi tutti all´Inferno.
Forse per questo lavora Ratzinger? Per mandare all´Inferno i nostri poveri terzisti?