RIGIDITA’
ovvero MENTALITA’ DELLA CONSERVAZIONE:
trasversale alle appartenenze ideologiche, e si esprime in parte nel
rifiuto della "cultura utile". Se chi la
esprime sono gli accademici, taluni editori scolastici, buona parte degli
stessi docenti, è necessario cercare di capire come può essere vinta e quali
alleati si possono trovare, partendo non dall'affermazione che la tradizione è
inutile o riservata a pochi privilegiati, ma dall'affermazione che la scuola
non è un luogo dove si trasmettono esclusivamente
i saperi consolidati dalla tradizione.
ovveroDIFFICOLTÀ A METTERE A
REGIME IL CAMBIAMENTO:
non esistono le condizioni per portare a compimento
l'innovazione con una certa continuità, perché i soggetti che hanno
cittadinanza nella società non vogliono o non sanno collaborare per un bene comune che oltretutto fanno fatica a definire. Le
istituzioni cambiano perché cambiano le relazioni all'interno della società:
siamo in presenza di una pluralità di livelli e di
ordinamenti per cui l'identificazione scuola - Stato (per limitante che fosse),
che proponeva agli insegnanti non un "servizio pubblico", ma una
missione in senso forte, e agli studenti l'appartenenza ad una cittadinanza
comune, è caduta, e non è stata sostituita da nient'altro nella coscienza
collettiva.
APPRENDIMENTO FORMALE ED INFORMALE
E’ evidente che le sempre più numerose
competenze necessarie per partecipare in modo attivo e consapevole alle
pratiche di una società complessa non possono essere formate solo dalla scuola
ma richiedono una distensione temporale e una diffusione spaziale dei processi di apprendimento. I quali, a loro volta, non possono essere
identificati con il solo apprendimento formale (scolastico), ma
debbono abbracciare altresì gli svariati ambiti dell’apprendimento non formale
e informale, dove entrano in gioco una
serie di agenzie e di tecnologie diverse, dai tradizionali mezzi di
comunicazione di massa all’ e-learning, dalle organizzazioni produttive di beni e
servizi a quelle più specificamente
operanti nel campo dell’offerta culturale e dell’uso del tempo libero.
ESTENSIONE/INTENSITA’
Aprire la scuola a computer e reti
telematiche e ospitare forme miste di apprendimento –
in presenza e a distanza, tecnologizzate e
tradizionali, autonome e basate sull’insegnamento – significa per la scuola
mettere da parte l’illusione dell’autosufficienza, disfarsi delle ambizioni
enciclopediche e ridimensionare l’apparato nozionistico del cui spesso
superficiale assorbimento da parte dei giovani studenti essa continua, sia pure
in maniera sempre più affannata ed infruttuosa, a farsi carico.
Una scuola che operasse
tale scelta, sollevata in parte dal compito della trasmissione delle
informazioni cui possono ormai fare fronte con efficacia i vecchi e nuovi
strumenti offerti dalla tecnologia, potrebbe dedicarsi con maggiore impegno
alla formazione delle abilità cognitive di rango più
elevato, quelle che si traducono nella creatività e nel pensiero critico. La
riduzione della sua missione in termini di estensione
sarebbe compensata da una crescita in termini di intensità.
SOGGETTIVITA’
(intesa esclusivamente come insoddisfazione)
All’origine della disaffezione si possono
rintracciare diversi fattori. Uno di questi, forse il principale, è il divario
tra gli spazi di autonomia e di riconoscimento (sebbene, talvolta, solo
apparente) di cui i giovani e gli adolescenti godono in generale nella nostra
società, spesso ormai anche nell’ambito della famiglia, e lo stato di
soggezione in cui essi, viceversa, si sentono incapsulati quando si trovano a
scuola: un mondo che non hanno scelto e del quale stentano spesso ad afferrare
regole e significati.
FLESSIBILITA’
Un’analoga esigenza di flessibilità e di
riconoscimento si pone con riferimento ad altri soggetti che entrano in gioco
nella e attorno alla formazione iniziale: la famiglia, la comunità locale, le
istituzioni pubbliche e private in essa presenti, e
che sono a vario titolo interessate agli effetti dell’attività educativa.
L’intero processo di riforma della pubblica amministrazione, del resto, in
Italia come all’estero, è alla ricerca di modalità
post-burocratiche di organizzazione che significano, fra l’altro,
decentramento, strutturazione a rete, «personalizzazione» dei servizi in base
alle esigenze degli utenti e loro coinvolgimento nella gestione e nel controllo
degli stessi. La riforma dell’autonomia delle istituzioni scolastiche si inscrive in questo quadro ma è ancora una riforma
incompleta, che ha bisogno di ulteriori sviluppi.
INTEGRAZIONE
(ma anche INNOVAZIONE)
Per superare la tradizionale scissione fra
studio e lavoro e divenire parte costitutiva di un
sistema nazionale di innovazione, la scuola, che per lungo tempo ha assolto
invece preminentemente un ruolo di legittimazione delle disuguaglianze sociali,
deve essere, a sua volta, capace di innovazione,
deve cioè saper ripensare e ristrutturare i modi tradizionali con cui opera. In
una logica di «integrazione» l’intreccio e l’alternanza di esperienze
di aula, di laboratorio e di vera e propria attività lavorativa condotta in
situazione di apprendistato o di tirocinio diventano requisiti fondamentali del
curricolo scolastico, come lo diventa lo sforzo di non fermarsi alle conoscenze
- sulla cui importanza, peraltro, non si discute – ma di cercare di tradurle in
competenze, attraverso la partecipazione a pratiche rilevanti sul piano sia
sociale sia propriamente culturale.
EQUITA’
Dal punto di vista dell’equità, il sistema
educativo italiano presenta carenze molto rimarchevoli, anche nel confronto
internazionale. Basti ricordare che oltre il 30% di una classe di età esce dalla scuola senza aver acquisito nessuna
qualifica professionale o titolo di studio secondario-superiore,
e ciò in conseguenza di un tasso di dispersione che rimane ancora troppo
elevato. Inoltre, un giovane su 15 non raggiunge nemmeno la licenza media,
condannandosi così ad uno stato di dequalificazione
destinata a incidere in modo pesante sul futuro
lavorativo e, più ampiamente, sociale. Né può sfuggire la
gravità del fatto che l’influenza della origine sociale dei giovani
(occupazione e livello di istruzione dei genitori) sull’accesso alla scuola
secondaria superiore, la scelta dell’indirizzo di studi e il conseguimento del
diploma, non soltanto è molto forte ma è anche immutata nel tempo, non essendo
sensibilmente cambiata nel corso <b>dell’intero secolo</b> appena
concluso.
OPERATIVIZZARE
LA CONOSCENZA
significa individuare una dimensione dell’istruzione e della
formazione che tenga nel debito conto il nesso tra sapere e fare, tra le
conoscenze acquisite e la competenza nell’affrontare e risolvere con successo
problemi concreti in cui quelle conoscenze siano in qualche modo utilizzabili,
tra i concetti e gli schemi d’azione e i comportamenti pratici che implicano.
IDENTITA’
La sempre più incondizionata libertà di accesso all'informazione da parte di tutti rischia di provocare, come inevitabile rovescio della medaglia, la diluizione e la perdita del senso della comunicazione…..
In questo quadro il richiamo all’esigenza di
incardinare le conoscenze e le
abilità di ciascuno su competenze di base ben definite,
che le organizzino e ne facciano un insieme strutturato, acquista un senso ben
definito e imprescindibile, e acquisisce ulteriore forza e rilievo alla luce
della crescente importanza che ha, per i soggetti individuali e collettivi, la questione dell’identità, come consapevolezza dell’appartenere e dell’appartenersi, in quanto è fondamentale sentirsi soggetto (individuo e persona, per il singolo,
organizzazione ben strutturata al proprio interno e con una specifica
“missione”, per i gruppi e le collettività) al fine di riuscire a dare il più
possibile coesione e coerenza a queste serie.
Compito della scuola, in questo quadro, è
quello di fornire solidi punti di riferimenti (SIC) che consentano
di orientarsi all’interno del flusso continuo dell'informazione. La scuola non
può certo rinunciare a porsi in una prospettiva di organizzazione
del sapere e delle conoscenze, che le porti verso “insieme strutturato", senza cui non esiste cultura.