IL PUNTO SULL’AUTONOMIA
La mia relazione
cercherà di incrociare tutte le possibili linee di resistenza all’inaccettabile
impianto morattiano
con la necessità
e l’importanza di un movimento di contrasto in tutte le sedi e con tutte le
forme possibili.
Intendo dire
esplicitamente che la sola linea di resistenza “giuridico-istituzionale”
(importantissima)
non pagherà
completamente se scioperi, manifestazioni, forme di disobbedienza civile,… non
manterranno
all’ordine del giorno dell’opinione pubblica e degli stessi operatori della
scuola la
difesa della
scuola pubblica di qualità che abbiamo costruito negli ultimi 30 anni e che
vogliamo
ulteriormente
potenziare, utilizzando – molto meglio e molto di più di quanto non abbiamo
saputo/potuto
fare – tutte le potenzialità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.
“Nello Stato
costituzionale l’ordinamento vive non solo di norme, ma anche di apparati
finalizzati
alla garanzia di diritti fondamentali. In tema di istruzione, poi, la
salvaguardia di tale
dimensione è
imposta da valori costituzionali incomprimibili”
Questa limpida
“massima” della Corte Costituzionale esprime, come meglio non si potrebbe dire,
la
esigenza , per
gli operatori della scuola, di partire certo da un approccio giuridico
all’interpretazione
delle norme ma
non di restarne prigioniero, perché debbono essere contestualmente utilizzate
altre
chiavi di lettura
di natura pedagogica e sociologica.
Dovremo sempre,
in ogni concreta azione, ricercare tutte le interpretazioni possibili e tutte
le
modalità di
attuazione della norma sostenibili sul piano della legittimità ( in primis
della legittimità
costituzionale
per la salvaguardia di valori costituzionali incomprimibili) , ma non dobbiamo
dimenticare che,
senza un movimento di lotta sintonizzato sulla stessa lunghezza di resistenza,
troveremo sempre
qualche giurista che ci spiega, con dovizia di argomentazioni, un paio di
canoni
legislativi in
grado di paralizzarci:
- Nella gerarchia
delle fonti del diritto le norme costituzionali prevalgono su quelle
ordinarie e
queste sui regolamenti e, a cascata, sulle ordinanze, circolari, ….
- Una legge
posteriore prevale su una anteriore e può abrogare norme con essa contrastanti
non solo in modo
esplicito (ma anche implicito).
Questo secondo
“canone” viene utilizzato soprattutto per impallinare le nostre linee di
resistenza sul
valore
dell’autonomia e sulla vigenza di norme contrattuali incompatibili con la
riforma Moratti e
con il primo
decreto attuativo. Si sostiene, in altri termini, che il decreto legislativo 59,
essendo
norma
recentissima di rango primario , non potrebbe essere messo in discussione su
quei punti che
eventualmente
fossero disciplinati in modo diverso dal DPR 275/99 sull’autonomia e dal
Contratto
Collettivo
Nazionale dei Lavoratori della Scuola. Come vedremo più avanti si tratta di una
interpretazione
“restrittiva” e non adeguata a tenere nel giusto conto la complessità dei
valori
costituzionali
sacrificati dal decreto legislativo n°59/04. Ma, data la gravità dell’attacco a
tali valori
e la potenza dei
mezzi a disposizione dell’Amministrazione Scolastica Centrale e periferica,
dobbiamo chiarire
a tutti gli operatori della scuola e ai genitori che la nostra difesa
intransigente
della scuola
pubblica non sarà una “passeggiata “ : E’ per questo motivo che insisto sulla
necessità
del mantenimento
di un alto livello di mobilitazione , che è l’unico in grado di evitare
indebite
forme di
pressione (e, in qualche caso, di mobbing) sugli insegnanti (e soprattutto sui
dirigenti, di
cui parlerò fra
poco) da parte delle autorità scolastiche.
Bene ha fatto il
sindacato confederale ad impugnare presso il TAR decreti e circolari .Benissimo
ha
fatto a diffidare
il Miur dall’emanare ulteriori disposizioni illegittime. Dalla nostra abbiamo
buonissime
ragioni e spero nell’esito felice della vicenda. Ma dobbiamo impegnare sin
d’ora i nostri
uffici legali a
prepararsi per arrivare in tutte le forme e nel più breve tempo possibile al
giudizio di
legittimità
costituzionale presso la Corte Costituzionale. La mia preoccupazione è
determinata dal
fatto che non mi
meraviglierei se i ricorsi al TAR non ci dessero la soddisfazione (o la
soddisfazione sui
punti essenziali delle nostre doglianze) che ci meritiamo, innescando un
pericoloso
effetto boomerang sul “morale” degli operatori scolastici e dei genitori. Sono,
invece,
molto più
ottimista sull’esito di una decisione della Corte Costituzionale che non
potrebbe, a mio
parere, non
constatare che la legge 53 e soprattutto il decreto legislativo 59 non hanno “fatto salva
l’autonomia delle
istituzioni scolastiche” e non hanno “salvaguardato
la dimensione dei diritti
costituzionali
insopprimibili in tema di istruzione”.
La furia
distruttiva dei supporter morattiani ha cercato di fare terra bruciata delle
innovazioni più
significative della
nostra “meglio scuola” . Ma a causa del doppio livello di resistenza (giuridico-istituzionale
e di movimento di
lotta) che abbiamo saputo fin qui mettere in campo, gli effetti più
dirompenti sono
stati fortemente attenuati . Già il decreto 59 , che resta in ogni caso
pericolosissimo
e da abrogare, è
stato costretto a mantenere in vita, almeno per il prossimo anno scolastico,
gli
organici di tempo
pieno e di tempo prolungato e ad annullare, di fatto, l’ingresso anticipato a 2
anni
e mezzo nella
scuola dell’infanzia, subordinato sostanzialmente all’esaurimento delle liste
d’attesa e
al parere
favorevole dei Comuni interessati.
Ma soprattutto la
circolare 29 (che, è bene ripeterlo, nella gerarchia delle fonti non ha lo
stesso
valore del
decreto legislativo) ha effettuato una serie di ritirate tattiche
interpretative firmate dal
Ministro Moratti
, che noi dovremo utilizzare anche con interpretazioni “estensive” per
riaffermare i
valori della
scuola pubblica.
Ricordo
brevemente le ritirate morattiane, che somigliano tanto a quella dell’armata
austroungarica
che fu costretta
a risalire mestamente quelle valli che aveva attraversato con baldanzosa
sicurezza :
1. per prima cosa il Ministro
riconosce solennemente (anche se poi ogni cinque righe effettua
una forte invasione
di campo) che il Titolo V della Costituzione attribuisce
all’autonomia
scolastica un riconoscimento di rango primario . Bene! Dovremo
custodire
gelosamente questo riconoscimento e farne la nostra stella polare di ogni
ulteriore
azione
2. “gli orari di
insegnamento e di apprendimento, una volta esercitate le opzioni da parte
delle famiglie,
vanno intesi in senso unitario e le diverse attività educative concorrono
con pari dignità
alla realizzazione dei piani di studio personalizzati.”” …….con la
conseguente
obbligatorietà della frequenza delle attività prescelte.”” . Ecco il vistoso
ravvedimento : le
attività da facoltative diventano opzionali, si tenta una ricucitura dello
“spezzatino
pedagogico” e si passa dalla frequenza a piacimento alla frequenza obbligatoria
3. il tempo mensa : resta pur sempre
un’attività eventuale ed aggiuntiva, ma da mero
riempitivo
dell’attività scolastica ed a tempo variabile dalle 5 alle 10 ore settimanali
assume
la connotazione
di attività con pieno valore educativo, da utilizzare secondo le scelte
effettuate dalle
istituzioni scolastiche
4. l’esperto esterno
ridimensionato : in una prima versione si magnifica, con enfasi degna di
miglior causa,
questo nuovo ritrovato pedagogico che assurge al rango di “vera novità” per
precipitarlo in
breve tempo nella classe inferiore dell’ “altra novità
5. la funzione
tutoriale declinata prima al singolare, poi al plurale, infine
“flessibilizzata”:
La
marcia trionfale del tutor si è irrimediabilmente arrestata di fronte
all’ovvia considerazione
che grande è la confusione circa gli ambiti di applicazione della
funzione
tutoriale soprattutto in assenza della esplicitamente prevista specifica
formazione
6. il ruolo della
famiglia : da determinante a “compatibile” : Resta sostanzialmente
immutata, nel
testo del decreto, l’idea di una scuola (come afferma giustamente l’ANCI)
come puro “servizio
alla persona” ovvero alle famiglie, annullando il senso e la funzione
del sistema
educativo pubblico per ridurlo ad una mera contrattazione tra le parti ,che
rischia
di essere
interpretato in termini di differenziazione non solo dei percorsi, ma anche
degli
esiti formativi.
Questa idea deve essere combattuta da chi continua a credere nei valori e
nella funzione di
una scuola pubblica di qualità . Ma, sul ruolo della famiglia, si registra
l’arretramento
tattico più vistoso del Ministro . Alla famiglia veniva assicurato addirittura
un
ruolo determinante
nella formazione scolastica dei figli, a cominciare dal tempo-scuola
con annessi e
connessi tempi facoltativi, tempi aggiuntivi e spezzettamenti vari . L’impianto
sostanziale resta
sempre pericoloso, ma , almeno sul piano tattico, finalmente si riconosce
che le scelte
delle famiglie non potranno approdare al promesso bengodi pedagogico, ma
dovranno
essere rese compatibili con i piani dell’offerta formativa.
IL NUOVO ASSETTO
DEL SISTEMA DOPO LE MODIFICHE INTRODOTTE
Val la pena, ora,
di fare “il punto sull’autonomia” per verificarne le potenzialità e per evitare
interessate sottovalutazioni
dei poteri attribuiti alle scuole. Si può formulare una tripartizione di
competenze “per
materia”:
I) spetta alla
legislazione esclusiva dello Stato la competenza in ordine alle “norme
generali
sull’istruzione” ed alla “determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio
nazionale”
II) spetta alla
legislazione concorrente di Stato e regioni la competenza in ordine alla
istruzione
III) fatta salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche
Con l’inserimento
in Costituzione di questa clausola di salvaguardia dell’autonomia delle
istituzioni
scolastiche, si è
realizzata la “entificazione” delle scuole . Si tratta ora di
identificare con la
massima
precisione possibile il significato e le potenzialità di questa clausola,
perché in proposito
esistono almeno
due scuole (quelle che io conosco) di pensiero :
1. le scuole sono sì
enti autonomi, ma agiscono come “soggetti ausiliari dello
Stato” ed in funzione servente
2. le scuole sono
accomunate allo Stato da una stessa destinazione di scopo,
che è il diritto
del discente ad una prestazione qualificata degli operatori
scolastici per il
conseguimento dei livelli essenziali delle prestazioni
determinate dal
Miur. Ma esse agiscono certamente in funzione servente
rispetto agli
obiettivi determinati non in funzione servente rispetto
all’Amministrazione
Centrale soprattutto nelle materie nelle quali sono
abilitate ad
agire con propri, distinti ed esclusivi poteri di
autoregolamentazione
.
Se l’autonomia
delle Istituzioni scolastiche fosse definita soltanto dall’art.21 della legge
59/97 e dal
DPR 275/99 si
potrebbe , anche se con un’argomentazione “ardita”, forse sostenere la teoria
della
legge successiva
(in particolare il decreto legislativo 59/04, fino a quando non sarà dichiarato
incostituzionale
per eccesso di delega, …) che annulla o attenua implicitamente la portata di
norme
precedenti
incompatibili con aspetti disciplinati da una legge precedente. Ma , dopo il
rango di
norma
costituzionale attribuito all’autonomia (e riconosciuto, come ho già detto,
dallo stesso
Ministero) ,
sembra impossibile sostenere ragionevolmente che l’autonomia organizzativa,
l’autonomia
didattica, di ricerca e sperimentazione siano una “fonte approssimativa”
del diritto.
Più
esplicitamente : nelle materie che riguardano la definizione di tutte le forme
di flessibilità
didattica ,
di impiego dei docenti , di autoorganizzazione interna i poteri delle
istituzioni
scolastiche sono esclusivi ed hanno
come unico limite il rispetto delle leggi generali . E,
pertanto, una
volta che l’Amministrazione Centrale ha definito quasi tutto il definibile (gli
obiettivi
generali, le
competenze attese per gli alunni delle scuole della Repubblica, le risorse
umane e
materiali da
assegnare alle scuole) , il come realizzare gli obiettivi e i
risultati attesi e il come
impiegare le
risorse assegnate è competenza esclusiva e inalienabile delle singole
istituzioni
scolastiche.
Può aiutarci in
questo ragionamento la recentissima decisione della Corte Costituzionale n°
13/2004
su un ricorso
promosso dalla Regione Emilia Romagna. In quel caso la Regione affermava (e la
Corte ha ritenuto
fondata la questione) che “”una volta attribuita l’istruzione alla competenza
concorrente, il
riparto imposto dall’art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica
e di
gestione
amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo
quello di fissare
principi””. Nella stessa
sentenza ,inoltre, la Corte ritenendo non fondato un altro rilievo circa una
presunta lesione
da parte del Miur delle prerogative delle istituzioni scolastiche svolge due
interessanti
argomentazioni :
_ da una parte
dubita che ,in generale, una Regione possa censurare leggi statali
ritenute lesive
dell’autonomia scolastica . Non mi sembra arbitrario ritenere che,
indirettamente,
la Corte assegni alle stesse istituzioni scolastiche la possibilità di
avvalersi , sia
pure in forme incidentali, del diritto-dovere di censura
_ dall’altra
afferma testualmente che ""tale autonomia non può risolversi
nella
incondizionata
libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali
istituzioni
siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali e quelle
regionali,
nell'esercizio della potestà legislativa concorrente, non possono
pregiudicare"".
Ragioniamo per assurdo : se su tutto quello che riguarda "il
come",
il Miur potesse
determinare (non come suggerimento o indirizzo, ma come vero e
proprio ordine di
servizio) tutte le modalità di impiego dei docenti e tutte le forme di
flessibilità
didattica, gli art. 4 e 5 del DPR 275/99 sarebbero di fatto abrogati e
inutilizzabili .
Qui può benissimo venirci in aiuto l’inequivocabile principio sancito
dalla Corte
Costituzionale : una tale regolamentazione di dettaglio non
lascerebbe
alcuno
spazio di autonomia alle istituzioni scolastiche e, pertanto, sarebbe
palesemente
violato il principio costituzionale della adeguatezza degli spazi in
questione.
Possiamo, quindi,
e dobbiamo sostenere con forza la legittimità delle nostre opposizioni alla
riforma Moratti
soprattutto per gli aspetti lesivi delle prerogative dell’autonomia delle
istituzioni
scolastiche (1) e non subire passivamente eventuali disposizioni palesemente
illegittime con
riferimento
soprattutto alla figura del tutor, alla modulazione dettagliata dell’impianto
orario, alle
modalità di
compilazione degli strumenti di valutazione e, da ultimo, ma molto più
importante di
altre invenzioni
del prof. Bertagna, la dettagliata prescrizione delle modalità di compilazione
dei
piani
personalizzati : al di là del merito , è inammissibile che il MIUR voglia
definire una
“programmazione
di stato”, un modello unico di riferimento ed una procedura unica in un campo
dove solo la
ricerca e la verifica dei risultati può giustificare le scelte, i modelli, le
procedure. Ed
è, inoltre,
assolutamente da respingere il fatto che si dettino le modalità per la
elaborazione dei
piani
personalizzati, cioè si prescriva come si deve “fare la programmazione” con
procedure
descritte in termini
quasi algoritmici : si prescrive ai docenti come fare per definire gli
obiettivi
formativi, come
costruire le unità di apprendimento, come assemblarle per definire i piani
personalizzati.
Un apparato programmatorio rigido, schematico, assolutamente astratto e pure
impraticabile.
Insieme alle
battaglie giuridico-istituzionali dobbiamo, però, -insisto su questo aspetto-
promuovere una
mobilitazione costante sia per una radicale modifica del decreto appena varato
sia per evitare
ulteriori guai in vista dell’approvazione dei nuovi decreti legislativi in
attuazione
della legge
53/03.
Qualche breve riflessione, infine e per concludere, sul ruolo ,
in questa fase, dei dirigenti
scolastici, che costituiscono certamente l’anello debole della
catena, stretti come sono dalle
pressioni
esplicite e “cordiali” dei piani alti dell’Amministrazione scolastica per
un’applicazione codina
della riforma e dall’altra dalle giustissime rivendicazioni
dei collegi dei docenti (2).
Io credo –concordando
in questo con Armando Catalano- che il dirigente scolastico è un
funzionario
repubblicano, non un funzionario governativo. E’ certamente un
dipendente
statale, ha anche
, per certi aspetti, subordinazione gerarchica rispetto ai dirigenti regionali
e
centrali , ma non
ha un rapporto di “immedesimazione organica” simile o assimilabile al
personale
inquadrato nella dirigenza amministrativa. Occorre sempre far riferimento
all'atto
costitutivo della
qualifica e, quindi, rammentare che si tratta di una specifica forma di
dirigenza:
""Il
dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo criteri di
efficienza e di efficacia
formativa...nel
rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici"". Anche
in questo
caso, voglio dire
che si tratta di sentieri stretti, ma che si deve percorrerli senza
tentennamenti. Il
dirigente
scolastico è, soprattutto, il rappresentante legale dell'istituzione
scolastica, che ha un suo
potere specifico
di autoorganizzazione. Da ciò discende che il dirigente non deve entrare in
rotta
di collisione né
con eventuali precise direttive superiori (non sono di
questa natura certo le
direttive della
circolare 29 che lascia ampi margini di discrezionalità) né soprattutto con eventuali
determinazioni
degli organi collegiali in merito a questioni di autoorganizzazione interna
idonee a
realizzare quei famosi criteri di efficienza ed efficacia formativa.
Soprattutto in
questo momento particolare, utilizzando la pluralità di approcci di cui parlavo
all’inizio, il
dirigente deve rammentare che, in presenza di palese contraddittorietà delle
disposizioni
ministeriali , è buona cosa appellarsi ad una costante giurisprudenza
costituzionale
che raccomanda di
adottare l’applicazione più coerente con i principi costituzionali.
Nel caso
specifico, pertanto, il dirigente dovrà attenersi alle delibere3 degli organi
collegiali della
scuola e dovrà
salvaguardare l’autonomia delle istituzioni scolastiche e il connesso
potere-dovere
degli organi
scolastici di regolamentare il funzionamento didattico ed amministrativo della
scuola
per il
conseguimento , certo, degli obiettivi generali formativi e dei livelli
essenziali delle
prestazioni
determinati dal Ministero.
(1) competenze del
collegio dei docenti in materia di funzionamento didattico del circolo,
funzione docente definita come unità inscindibile di attività di insegnamento
ed attività funzionali all’insegnamento, eccesso di delega del d. l.vo 59/04
rispetto alla stessa legge Moratti che non aveva conferito alcuna delega a
legiferare né in ordine all’organizzazione dell’attività didattica né in ordine
all’introduzione di specifiche figure professionali, abolizione della
contitolarità, collegialità e corresponsabilità di tutti i docenti,….
(2) Anche se, in
qualche caso, queste rivendicazioni si esprimono nel rituale estremistico del
“senza se e senza ma” e non aiutano l’istituzione scolastica a fornirsi di
gambe pedagogiche,sociologhe e giuridiche in grado di percorrere lunghi tratti
di strada professionalmente vincenti
(3) E’ chiaro che se
tali delibere sono ampiamente motivate e dotate di forza argomentativa , il
compito del dirigente scolastico è facilitato e sarebbe, a mio avviso,
censurabile un suo eventuale allineamento a probabili pressioni
dell’Amministrazione Centrale.