DA
http://www.vivereafrica.org/leguerre.htm
In questo momento nel mondo sono in atto
l42 conflitti che coinvolgono (tenendo conto che nello stesso paese possono
essere in atto più conflitti alla volta) almeno 103
paesi. 26 sono guerre o genocidi veri e propri, altri 28 sono conflitti ad alta
intensità con numerosi morti. Ci sono poi 40 conflitti a media intensità, con
violenze saltuarie ma di entità significativa, e 17
conflitti che pur essendo causa di notevole tensione non sono ancora degenerati
nella violenza. In 23 casi esistono accordi formali di pace o di tregua che
però si dimostrano incerti e instabili e che a volte non impediscono il
manifestarsi della violenza. Ci sono infine 8 conflitti che attualmente
sono realmente in via di risoluzione, ovvero si è firmato un accordo di pace
definitivo o si sta portando a termine l'adempimento degli accordi di pace. La
maggior parte di questi conflitti non sono conosciuti,
non occupano le pagine dei nostri giornali o le immagini dei notiziari
televisivi. I motivi di questo disinteresse ed ignoranza sono diversi, dall'etnocentrismo del mondo dell'informazione, alle dinamiche e ai meccanismi dell'informazione, al tentativo
più o meno esplicito di tenere nascoste realtà difficili da spiegare o da
giustificare. Si tratta quindi di informare, di ricordare, di fare memoria, di
conoscere, di analizzare. Soprattutto si tratta di interrogarsi, perché capire
i conflitti del nostro tempo è fondamentale per vivere in questo mondo con più
consapevolezza, per sapere quello che stiamo facendo e quello che possiamo fare
per aumentare le possibilità della pace.La divisione
tra guerre, conflitti ad alta, media, bassa intensità è stata fatta sulla base
della tipologia dei conflitto e non dei numero dei
morti come si può trovare in altre ricerche. Può capitare
infatti che violenze occasionali producano in un solo evento un numero
di morti superiore a situazioni di guerra o guerriglia più strutturate e
continuative. Abbiamo dunque preferito operare una distinzione in base alla
tipologia della violenza e dei conflitto. In questa
sede per guerre o genocidi si intendono scontri tra
eserciti o truppe inquadrate, guerre civili, e stragi sistematiche di
popolazioni o comunità. Sotto la categoria conflitti ad alta intensità abbiamo raggruppato ribellioni e rivolte armate, attività di
guerriglia, terrorismo e/ o repressione sistematica, conflitti che rischiano di
degenerare in guerra da un momento all'altro. I conflitti a media intensità
sono scontri o attentati occasionali, colpi di stato, manifestazioni e
disordini, attività di repressione occasionale, criminalità organizzata e diffusa, embarghi e sanzioni economiche internazionali,
scontri di frontiera. I conflitti a bassa intensità rappresentano in questa sede quelle situazione di tensione non ancora
sfociata in violenza, oppure conflitti già scoppiati ed ora in una fase di
latenza. Abbiamo poi svolto una distinzione tra tregue
e accordi di pace precari, in cui cioè l'accordo ufficiale o diplomatico non
impedisce o non elimina dei tutto la situazione conflittuale e il manifestarsi
della violenza, dai conflitti in via di risoluzione, in cui gli accordi di pace
sono onorati e il processo di smilitarizzazione e normalizzazione è già decisamente
avviato.
Tra il 1945 e il 1997 si sono verificate 161 guerre di notevole entità. I morti di
questa lunga strage sono stati circa ventiquattro milioni. Se
sì calcola una media annuale, il numero di morti per cause di guerra in questo
Periodo è risultato doppio rispetto al diciannovesimo secolo, e sette volte
maggiore rispetto al diciottesimo.Interi paesi come
l'ex-Jugoslavia o il Burundi-Rwanda
sono stati completamente sconvolti e dilaniati dall'esperienza della guerra. Da notare che negli ultimi decenni di questo secolo la percentuale
di vittime civili nei conflitti è costantemente cresciuta. Se nella Prima Guerra Mondiale i civili rimasti uccisi erano
solo il 5% (e 95% i militari) e nella Seconda Guerra Mondiale erano circa due
terzi, dopo gli anni ottanta la percentuale di morti fra i civili ha raggiunto
nei conflitti (ad esempio in Cambogia e in Rwanda)
oltre il 90%.Nel terribile abisso di violenza
generato dalle guerre, un ruolo particolarmente rilevante è giocato dalle mine
antiuomo. Queste mine hanno ucciso più soldati e civili di qualsiasi altra arma
da guerra moderna. Dal 1975 ad oggi sono esplose mine sotto i piedi di oltre un
milione di persone, in gran parte bambini. Ogni anno esplodono 27.000 mine
terrestri e antiuomo. Ogni 15 minuti qualcuno mette il piede su una mina. Chi
sopravvive in genere paga il prezzo della perdita di
qualche arto. Anche dopo il recente accordo per la messa al bando delle mine
antiuomo, firmato il 3 dicembre 1997 a Ottawa dai
rappresentanti di 121 nazioni, rimane ancora molto da fare, e le stesse
operazioni di sminamento impegneranno comunque
diversi anni ad un costo di circa cento miliardi di dollari.Oltre
a causare morti e feriti, le guerre causano anche notevoli distruzioni. Le
guerre sono potenti fattori di organizzazione e
distruzione dei territorio. Nei conflitti facilmente vengono
distrutti o danneggiati abitazioni, edifici civili (scuole, chiese, luoghi di
ritrovo), ospedali e strutture sanitarie, sistemi idraulici e di
approvvigionamento idrico, strade, ponti, ferrovie, sistemi di comunicazione,
porti e aeroporti. I sistemi produttivi agricoli, artigianali, estrattivi o
industriali, possono essere danneggiati o abbandonati. Infine anche l'ambiente
ne risente, con la distruzione di campi, foreste, ed in generale il degrado del
territorio.I conflitti sono spesso la causa
fondamentale del crescere vertiginoso del numero globale
dei profughi negli ultimi anni. Secondo diverse stime il numero delle persone
che sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni a causa di conflitti
e violenze oltrepassa i 50 milioni. Di questi gli
sfollati (coloro che si sono spostati all'interno del proprio paese) sono circa
30 milioni, mentre i rifugiati veri e propri (quelli cioè
che hanno dovuto abbandonare il proprio paese) o le persone in situazioni
analoghe ai rifugiati anche se non riconosciuti formalmente come tali sono
oltre 20 milioni di cui 13 milioni e duecentomila assistiti dall'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR,). Oggi nel mondo una persona su 200 è rifugiato o sfollato. Almeno l'80% sono donne e bambini.
Come sottolinea
il rapporto dell'UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite di aiuti d'emergenza per
l'infanzia) La Condizione dell'infanzia nel mondo 1996, le guerre, i conflitti
e gli sconvolgimento ad essi collegati hanno causato negli ultimi anni un vero
e proprio sterminio fra i minori: negli ultimi dieci anni, circa due milioni di
bambini sono stati uccisi in guerra (oltre 50.000 solo in Liberia), gli
invalidi sono cinque milioni. A questi si aggiungono i decessi dovuti alle
conseguenze della guerra, per malattia, malnutrizione, mancanza di assistenza sanitaria. 12 milioni di bambini sono rimasti
senzatetto, oltre 1 milione sono gli orfani che hanno
perso la famiglia in guerra (in Rwanda quasi l'80%
dei bambini ha perso parenti stretti). Si registra tra l'altro un sempre
maggior impiego di bambini soldati in eserciti, milizie o bande armate
utilizzate nel conflitto. Recentemente migliaia di bambini (oltre 200.000) dai
6 ai 17 anni hanno combattuto in guerra in almeno 25 paesi (Somalia, Etiopia,
Sudan, Iran, Liberia, Uganda, Rwanda, Burundi,
Mozambico, Cambogia, Myanmar/ex-Birmania,
Perù, Guatemala, ... ). in
molti paesi dove il conflitto dura da molti anni, intere generazioni sono nate
e cresciute nella violenza e nel degrado della guerra. L'esposizione alla
violenza, il ferimento o l'uccisione dei propri cari o di vicini di casa, la
separazione dalla propria famiglia, l'esperienza di bombardamenti o dei fuoco dei cecchini, ha creato un vissuto terribile che
rimane come segno anche nella forma dei trauma psicologico. Si calcola che
siano circa 10 milioni i bambini che sono rimasti traumatizzati a livello
psicologico per esperienze vissute in situazioni di guerre o di conflitti violenti.I conflitti moderni sono accompagnati sistematicamente
da violazioni su vasta scala dei diritti umani consacrati dalla Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani elaborata dall'ONU nel 1948. In molti casi si può
dire che le violazioni dei diritti umani siano diventate vere e proprie
tattiche finalizzate a scopi militari o politici. Tra le violazioni di diritti
umani, si segnalano le incarcerazioni e le esecuzioni extragiudiziali, la
presenza di detenuti politici e di coscienza, i processi iniqui, le torture, le
violenze, i maltrattamenti, le uccisioni arbitrarie di civili, le condanne alle
pene corporali, il rimpatrio forzato, la scomparsa di persone, l'assenza di inchieste o processi relativi a fatti precedentemente
accaduti.
Esiste una spirale particolarmente
negativa tra guerre, conflitti, fame, malattie. I conflitti
infatti, e ancora di più le guerre, causano, oltre alle minacce dirette,
anche difficoltà di reperimento degli alimenti, di acqua potabile, creano
situazioni d'emergenza diminuendo le condizioni igienico sanitarie e aumentando
la possibile diffusione di malattie dovute a malnutrizione o a cattive
condizioni igieniche. Nelle recenti guerre africane, la mancanza di cibo e di assistenza medica, unita alle difficoltà materiali e
psicologiche della fuga, ha ucciso un numero di persone circa venti volte
superiore rispetto alle armi impiegate.Nei paesi
teatro di conflitti, normalmente una gran parte delle vittime è causato dall'interruzione dei normale processo di
produzione, rifornimento e distribuzione dei cibo, poiché gli scontri obbligano
la popolazione ad abbandonare le attività agricole e a spostarsi per cercare
rifugio, e talvolta portano alla distruzione delle coltivazione. Alcune volte
la distruzione delle scorte alimentari o delle fonti idriche viene
usata deliberatamente come arma bellica. A fianco del cibo si registrano anche
i problemi legati ai rifornimenti idrici. Perfino le infrastrutture sanitarie
sono oggetto di attacchi e distruzioni. Nei casi in
cui l'acqua potabile viene a mancare aumentano enormemente le possibilità di
diffusione di malattie infettive (colera, tifo, aids, ...) dissenteria,
malattie respiratorie, e conseguentemente i morti.Abbiamo
approfondito due di questi conflitti: quello Sudanese
e quello tra Etiopia e Eritrea.
Ringraziamo l'Associazione Overseas e Edizioni
AlfaZeta, per la gentile concessione dell'utilizzo di alcuni articoli del loro Dossier "Le guerre
dimenticate", nella realizzazione di questa pagina.