Il Manifesto
Venerdì 9 aprile 2004
LA
FEDE SALE IN CATTEDRA E BOCCIA IL CREAZIONISMO
di
Matteo Bartocci
Un'intervista con
Nicola Cabibbo, il fisico che presiede la Pontificia accademia delle scienze
Nicola Cabibbo è uno
dei fisici italiani più celebri. Ha formulato alcune teorie (tra cui i
cosiddetti “angoli di Cabibbo” e sul numero dei quark) alla base del modello
standard delle particelle elementari. Dal 1969 insegna fisica delle particelle
all'università La Sapienza di Roma, è stato presidente dell'Infn dal 1983 al
1992 e dell'Enea. Dal `93 inoltre presiede la Pontificia Accademia delle
Scienze. E' naturale quindi chiedergli un parere sul rapporto tra religione e
scienza, sul creazionismo e la posizione della chiesa cattolica.
Che ne pensa
del creazionismo?
E' ridicolo
considerarlo come una parte della scienza. I creazionisti americani sono un po'
folli: vorrebbero che si insegni la creazione come un argomento scientifico in
alternativa all'evoluzione. Devo dire però che ci sono anche posizioni estreme
in ambiente scientifico: Daniel Dennett e altri, per esempio, vorrebbero
dimostrare che la religione non è vera. Credo che anche questo non sia un
atteggiamento scientifico corretto.
Giovanni Paolo
II ha invocato il perdono per il comportamento della chiesa nel processo a
Galileo Galilei. Lei stesso durante il giubileo del 2000 lo ha salutato come un
pontefice “impegnato nella riconciliazione tra scienza e religione”...
A mio giudizio
questo pontificato si è impegnato in un'opera significativa di “rammendare” i
guai del passato. Lo testimonia in modo eccellente il ripensamento e la
revisione del processo a Galilei, se non altro come messaggio all'interno della
chiesa. Ma fa parte di un percorso che era iniziato da prima, con la
rifondazione dell'accademia delle scienze nel 1936 e della Specola vaticana: la
chiesa investe da tempo in una sua riconnessione con il mondo della scienza. E
il papa vi ha dedicato alcuni appuntamenti significativi.
Lei ha
parlato anche di una tendenza all'unità tra religione e scienza. Può spiegarlo
meglio?
Religione e
scienza si muovono in ambiti del tutto diversi. Ma la loro unità di base è che
sono entrambe opere dell'uomo ed espressioni dell'umanità. Tutt'e due, in modo
diverso, si occupano del futuro dell'uomo e del miglioramento delle sue
condizioni. Tra scienza e religione inoltre c'è una sorta di comunità di
intenti verso il bene.
Nel 1950,
nell'enciclica “Humani generis”, Pio XII dichiarò, seppur con alcuni distinguo
non secondari, che la teoria dell'evoluzione non contrasta con la dottrina
della chiesa. Giovanni Paolo II il 24 ottobre del 1996 perfezionò questa
posizione con un messaggio all'accademia delle scienze pontificia da lei
presieduta. In esso si dichiarava che l'evoluzione non è più una mera ipotesi
ma un fatto provato da numerose ricerche in campi differenti...
Ai tempi di Pio
XII non c'erano ancora tutte le prove e gli strumenti che sono venuti in
seguito. Basti pensare che la struttura del Dna è stata scoperta nel `53. Le
parole del pontefice sono state molto importanti. Nel workshop del `96 il
creazionismo non era proprio previsto: abbiamo discusso le diverse teorie
scientifiche sull'origine della vita. E il papa ci ha esortato a proseguire su
questa strada.
Qual è quindi
la posizione dell'accademia pontificia delle scienze sul creazionismo?
Non ne abbiamo
mai parlato. L'istituto che presiedo è un ente scientifico in cui si discuono i
temi della ricerca. Ne fanno parte alcuni nomi importanti della scienza moderna
e premi Nobel come Rita Levi Montalcini, David Baltimore, Werner Arber. Nel
consiglio dell'accademia siede, per esempio, Nicole Le Dourarin, presidentessa
dell'accademia delle scienze francese.
Una variante
del creazionismo classico è la teoria dell'“Intelligent Design”. Lei pensa che
l'evoluzione contenga elementi di finalità?
Non ne abbiamo
mai discusso. Il problema che sta a cuore alla chiesa è il confronto con il
progresso scientifico. L'“Intelligent Design” mi sembra simile a uno degli
argomenti classici con cui si dimostrava l'esistenza di Dio: è più che altro un
problema filosofico-teologico che non fa parte della ricerca scientifica. Oggi
sappiamo che la storia dell'universo risale a miliardi di anni fa: la religione
deve confrontarsi con questo. E mi sembra che la chiesa abbia fatto grandi
passi in avanti. In un certo senso ha accolto in modo ufficiale le idee di
Galilei, secondo cui “le scritture non dicono come sono fatti i cieli ma come
si va in cielo”.
Secondo lei
la Rivelazione può dare indicazioni sul mondo naturale e l'origine dell'uomo?
Nessuno, e
certamente non all'interno della chiesa, può dubitare che l'universo ha avuto
una storia ben più lunga di quella dell'umanità. Certo, l'anima per esempio è
un punto fermo della dottrina cattolica che garantisce il particolare rapporto
dell'uomo con la divinità, ma l'anima non è un argomento scientifico.
La scienza è
l'unico tipo di conoscenza?
Non
necessariamente, altrimenti si entra nel campo del riduzionismo. E' chiaro che
partendo dai quark è difficile spiegare la psicologia umana. Va riconosciuta la
possibilità per scienze diverse come la filosofia e la psicologia di spiegare
alcuni fenomeni o concetti, come dell'insegnamento religioso di avere contenuti
di verità. La scienza non deve essere totalitaria: è un metodo molto efficace
per raggiungere la verità. Che però è ben lontano dal far sapere tutto. Da un
lato bisogna essere consapevoli dell'imperfezione del progresso scientifico,
dall'altro riconoscerne il carattere cumulativo.
I futuri programmi
ministeriali sulla scuola aboliscono di fatto dall'insegnamento delle scienze
la teoria dell'evoluzione. Che ne pensa?
Non conosco la
situazione precedente, quando andavo a scuola io l'evoluzione non si insegnava.
Dico però che questa teoria è oggi una parte essenziale delle nostre conoscenze
scientifiche. Non sarebbe male che fosse insegnata a scuola... Darwin è stato
un genio, che pur non avendo in mano nulla di esplicativo ha avuto
un'intuizione formidabile che ha rivoluzionato la nostra comprensionedel
vivente. Se lui non poteva sapere “come” avviene l'evoluzione, oggi con la
biologia molecolare ne sappiamo di più.
Che ne pensa
della legge sulla procreazione assistita che ha sancito lo statuto giuridico
dell'embrione?
Preferisco non
esprimermi perché non è un problema scientifico. Mi sembra che la legge adotti
in larga misura la posizione attuale della chiesa.
Giudica il
creazionismo come un'idea limitata alla cultura nordamericana protestante?
La mia
conoscenza della chiesa cattolica è limitata. Non so se anche qui ci siano
linee di pensiero creazioniste, certamente quella non è la posizione ufficiale.
In America ci sono sette cristiane fondamentaliste che insistono sulla lettura
letterale della Bibbia. E' un ritorno alla religione di 500 anni fa che si
manifesta soprattutto nelle sette più popolari. La chiesa protestante è più
frammentata e in un certo senso perfino divisa per classi sociali. Potrebbe
essere una reazione al mondo moderno, visto come una minaccia che spinge a
rifugiarsi in un universo più rassicurante, dove tutto è scritto e
immediatamente leggibile. Queste comunità hanno un notevole peso politico,
anche a livello locale, e influenzano le scelte legislative.
Per
concludere con la fisica, nel discorso che abbiamo fatto finora rientra o no il
“principio antropico” delle recenti teorie cosmologiche?
Il principio
antropico ipotizza che il nostro universo sia solo uno dei tanti e afferma che
alcune sue caratteristiche si spiegano con il fatto che noi esistiamo. Per
esempio, siccome siamo qui, questo universo deve avere per forza una storia
molto lunga. La nascita della vita infatti richiede caratteristiche precise: un
certo lasso di tempo per la formazione delle stelle, una certa velocità di
espansione che garantisca che l'universo “viva” a lungo, il fatto che il
vivente si basi proprio sul carbonio e non su altri elementi... Ma se esistono
tanti universi differenti potremmo pensare che solo in alcuni la vita si possa
sviluppare e che in un certo senso sia l'esistenza dell'uomo a selezionare
l'universo “giusto”. Stiamo parlando però di argomenti al limite della ricerca
scientifica, in cui si può sperimentare poco o nulla, e gli studiosi sorridono
un po' quando se ne discute.