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Corriere-Formazione professionale, arriva il «modello lombardo»

redazione

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03-05-2004 06.27

Proposta di legge della Regione. L’assessore Guglielmo: a settembre partiranno 250 corsi triennali. I sindacati: così si tolgono risorse e studenti alla scuola «tradizionale»


Formazione professionale, arriva il «modello lombardo»

Da tre a nove anni di studio fino al diploma di «alta formazione». Gli istituti tecnici diventeranno «laboratori di eccellenza»


Formazione professionale, arriva il modello lombardo. Con un proposta studiata dalla Regione (nel solco tracciato dalla legge Moratti e grazie alle competenze legislative attribuitele dalla Costituzione) che potrebbe rivoluzionare il tradizionale sistema dei licei, dell’istruzione tecnica e professionale. Una riforma nella riforma, dunque. Che supera la divisione tra istruzione magistrale, tecnica, professionale (di competenza dello Stato) e formazione professionale (regionale). Che disegna un percorso parallelo tra i due canali formativi (le «passerelle») e organizza un periodo di studi dai tre ai nove anni. Fino ad arrivare a un diploma di «alta formazione» analogo a quello universitario, «ma non accademico».


IL CURRICULUM - Oltre agli otto licei voluti dalla riforma Moratti, il nuovo sistema educativo regionale prevede quattro percorsi formativi, tutti parificati agli standard europei: qualifica di istruzione e formazione professionale (3 anni - II livello europeo Ects); diploma di istruzione e formazione professionale (4 anni - III livello); diploma di istruzione e formazione professionale superiore (5-7 anni - IV livello); diploma di alta formazione professionale (9 anni - V livello).
Dopo quattro anni di studi sarà possibile sostenere l’esame di maturità, utile anche per entrare all’università (o all’alta formazione: artistica, musicale e coreutica), purché si frequenti un corso annuale integrativo. I titoli potranno essere conseguiti anche attraverso percorsi di apprendistato.


I LARSA - Si chiamano Larsa i «laboratori di recupero e sostegno degli apprendimenti» che permetteranno, in ogni momento, di passare da un sistema all’altro. Per esempio, un ragazzo che seguisse un corso professionale per artigiani, seguendo i Larsa potrebbe entrare in un qualsiasi liceo senza perdere anni (e viceversa).
Stessa cosa per il passaggio dalla scuola universitaria professionale all’università vera e propria (in questo caso, però, è necessario l’esame di Stato).
IL DESTINO DEI TECNICI - Con la nuova legge regionale, l’assessore all’Istruzione, Alberto Guglielmo, intende rispondere ai dubbi di genitori, insegnanti e ragazzi sul destino degli istituti tecnici, che nell’ultimo anno hanno perso centinaia di iscritti. «I tecnici - racconta Guglielmo - diventeranno laboratori di eccellenza che continueranno a rilasciare diplomi validi per l’università e per la scuola universitaria professionale. Non solo. Potranno offrire anche percorsi di sei e sette anni. Siamo convinti che per queste scuole partirà una stagione di rilancio».


A SETTEMBRE - Mentre la Lombardia si prepara a portare in consiglio la proposta di legge («contiamo di far partire il nuovo sistema educativo entro la fine della legislatura», commenta Guglielmo), i corsi triennali della Regione continuano a fare concorrenza agli istituti professionali (quinquennali). Erano 35 nell’anno scolastico 2002 - 2003, a settembre saranno 160. «Ma non bastano - continua l’assessore - per accontentare la domanda. Ora dovrò investire ancora dieci milioni di euro per far partire altri 90 nuovi corsi con un totale di 5.200 ragazzi e 51 milioni di euro di finanziamenti regionali, contro i 35 statali».
Un boom, quello dei corsi triennali, che Guglielmo attribuisce allo stesso clima di incertezza che ha fatto crescere gli iscritti ai licei e calare quelli a tecnici e professionali: «È chiaro che i giovani preferiscano avere una buona qualifica triennale finché non sanno che fine faranno professionali e tecnici. Ma con l'introduzione del nuovo sistema educativo, con la valorizzazione dei tecnici, prevediamo un bilanciamento degli iscritti. Obiettivo non è portare via i ragazzi al canale dell’istruzione, ma impedire che si allontanino dal percorso scolastico cui non vogliamo fare concorrenza. Altrimenti sarebbe una sconfitta per tutti».


LE REAZIONI - Un esercito di oltre 5 mila studenti, dunque, da settembre dirà addio alla scuola tradizionale per imparare un mestiere in soli tre anni
. È questa la preoccupazione di Wolfango Pirelli, segretario regionale di Cgil scuola: «Abbiamo l’impressione che siano state tolte moltissime risorse alla scuola. Con il boom di licei e il tracollo dei tecnici, la Regione ha strappato i ragazzi agli istituti professionali. Li ha tolti dalla scuola per inserirli subito nel mercato del lavoro. Vogliamo vederci più chiaro».

Annachiara Sacchi