È
forse il caso più abominevole della storia criminale di tutti i tempi. A Ciudad
Juárez, città di frontiera nel nord del Messico, gemellata con El Paso, in
Texas, oltre 300 donne sono state assassinate secondo lo stesso rituale:
rapimento, tortura, sevizie sessuali, mutilazioni, strangolamento. Da dieci
anni, al ritmo di due cadaveri al mese, nei quartieri della città maledetta
vengono scoperti corpi di donne, adolescenti e bambine, nude, martoriate,
sfigurate. Gli investigatori più seri ritengono che si tratti dell'opera di due
serial killer psicopatici, ancora introvabili dopo tanti anni.
Sergio
Gonzáles Rodriguez
Uno
dei racconti più terrificanti della letteratura contemporanea racconta la
storia di un vampiro che, in un campo di concentramento, dissanguava a morte
uno dopo l'altro i suoi compagni di sventura.
Si intitola Dal regno dei morti
e i suoi autori, Gardner Dozois e Jack Dann, dovettero battersi a lungo per
riuscire a farla pubblicare negli Stati uniti nel 1982: nessuna rivista di
fantascienza osava proporla ai propri lettori, ritenendola frutto di una
immaginazione troppo morbosa, atroce fino all'eccesso.
Se questo racconto di vampiri ci
turba, probabilmente è perché viviamo in un mondo quasi normale in cui tali
orrori non si verificano spesso.
Una storia che, però, ci
sembrerebbe banale se vivessimo in un universo in cui fossero accettati i
peggiori delitti: sequestri di persona, stupri, torture, assassini... Un mondo
in cui i poliziotti proteggessero gli assassini, fossero i loro complici,
godessero ad accusare gli innocenti e minacciassero, o addirittura
eliminassero, qualsiasi investigatore... Un mondo alla rovescia in cui le
autorità chiudessero gli occhi, i criminali fossero liberi e gli innocenti
martirizzati.
Insomma, un autentico incubo.
Solo che questo mondo dell'orrore esiste, fa parte della realtà del Messico. È
vero quanto sono vere le vittime, le prove e le testimonianze che ho accumulato
nell'arco di tanti anni.
La scena di uno dei più
raccapriccianti misteri criminali di tutti i tempi ha un nome preciso: Ciudad
Juárez, nello stato di Chihuahua, alla frontiera con gli Stati uniti. La sua
popolazione, 1.300.000 abitanti, è ostaggio di assassini senza volto. Quanto
avviene qui è un insulto ai diritti umani. Dal 1993, oltre 300 donne sono state
rapite, violentate e assassinate. In maggioranza avevano caratteristiche
comuni: almeno un centinaio erano di umili origini, quasi sempre operaie, tutte
di struttura minuta, brune e con i capelli lunghi.
Tutte sono state vittime di
violenze sessuali e strangolate. Moltissime rimangono ancora senza nome.
Alcuni cadaveri sono stati
ritrovati nei quartieri del centro cittadino, altri scoperti in zone incolte
della periferia, ma una cosa è certa: tutte le donne sono state uccise da
qualche altra parte, a volte dopo esser state sequestrate per intere
settimane... Il modus operandi degli assassini è identico a quello dei serial
killer. Gli omicidi si ripetono, si assomigliano, le sevizie sono le stesse e
riguardano non solo donne adulte ma anche adolescenti, e addirittura bambine di
10 o 12 anni.
Per tutte le donne, Ciudad
Juárez è diventato il luogo più pericoloso del mondo. Da nessuna parte, neppure
negli Stati uniti dove pure i serial killer non mancano, le donne sono così
gravemente minacciate.
Nel resto del Messico, su dieci
vittime di assassini una sola è donna.
A Ciudad Juárez, su dieci persone
assassinate quattro sono donne...
E la serie dei delitti non
s'interromperà di certo visto che, secondo le Nazioni unite, il tasso di
impunità in Messico è quasi del 100%.
Per combattere un simile
flagello non esiste altra arma se non la memoria, la testimonianza. Non mi sono
mai sentito così sconvolto come quando mi sono recato sui luoghi in cui sono
stati scoperti i cadaveri: era come entrare in una quarta dimensione, con un
sentimento di terrore sospeso tra realtà e allucinazione.
Direttrice di un'associazione
contro la violenza tra le pareti domestiche, Esther Chávez Cano pensa che gli
omicidi continueranno: l'incompetenza delle autorità balza agli occhi. E
tuttavia, la polizia ha arrestato un individuo, di nome Jesus Manuel Guardado
Márquez, alias «El Tolteca», come pure la banda di «Los Choferes», accusati di
essere gli assassini.
Ma tali arresti non hanno
convinto affatto Esther Chavez: «È una trappola. Non modifica affatto la
situazione, i delitti continueranno come dopo l'arresto della banda di "Los
Rebeldes". All'epoca ci era stato detto che erano loro i colpevoli.
Credevamo che questo incubo fosse finito. Guardi un po', si continuano a
trovare cadaveri di donne violentate, torturate...».
Secondo Esther Chávez si ripete
la situazione del 1995: la polizia all'epoca aveva arrestato un chimico di
origine egiziana, Abdel Latif Sharif Sharif, e l'aveva accusato dei delitti.
Poco dopo aveva catturato una banda di giovani malviventi, «Los Rebeldes»,
presunti complici di Sharif Sharif.
Sharif Sharif è tuttora detenuto
in isolamento nel carcere di massima sicurezza di Chihuahua, capitale dello
stato. Accusato dell'assassinio di un'adolescente, Elisabeth Castro García, è
stato condannato a trent'anni di reclusione, dopo un processo pieno zeppo di
irregolarità, ora in fase di revisione. Per quanto riguarda i suoi legami con
«Los Rebeldes», le autorità non sono mai riuscite ad accertarli.
Dal telefono del carcere, Sharif
Sharif nel 1999 ha avuto il coraggio di interpellare il procuratore generale
che partecipava a una trasmissione televisiva in diretta. Ha gridato a gran
voce la sua innocenza, ha affermato la sua certezza di essere soltanto un
«capro espiatorio» e ha sfidato il procuratore a sottoporlo alla macchina della
verità.
Furiose, le autorità hanno messo
l'egiziano in isolamento ancora più stretto... La sua avvocatessa, Irene
Blanco, è stata minacciata di morte, ma non si è lasciata intimidire. Il
figlio, Eduardo, è stato oggetto di un attentato a cui è sopravvissuto
miracolosamente.
Irene Blanco ha dovuto
rinunziare alla difesa di Sharif Sharif, e ha abbandonato la città.
Secondo il criminologo Oscar
Máynez, almeno 60 omicidi commessi tra il 1993 e il 1999 sono stati concepiti
«secondo uno stesso modello».
Egli ritiene che si tratti di
assassini eseguiti da due distinti «serial killer»: nel 1998, il celebre
super-detective americano Robert K. Ressler, asso dell'Fbi, l'inventore
dell'espressione «serial killer» e della tecnica di «elaborazione» del profilo
degli assassini in serie (1), che lavorò come
consulente per il film Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, è venuto
a Ciudad Juarez per indagare su quei 300 delitti. Nel suo rapporto, Ressler
afferma che la maggior parte degli assassinii sono opera di due serial killer
che non sarebbero messicani, ma probabilmente spagnoli... o chicanos degli
Stati uniti.
Nel 1999, una delle massime
esperte mondiali di criminologia, Candice Skrapec (2) dell'università di
California, confermò che circa 90 degli assassini erano verosimilmente stati commessi
da uno o due serial killer. Candice riteneva che Angel Maturino Reséndez (3), il famoso «assassino
delle ferrovie», potesse essere uno degli autori.
Perché i cadaveri sono stati
sfigurati e mutilati? Perché tanto accanimento sulle vittime, tanto barbaro
sadismo? Si tratta di rituali satanici?
Di orge perverse di
narcotrafficanti? Di venditori di organi? Di sacrifici umani per girare snuff movies
in cui la vittima viene violentata, torturata e uccisa di fronte alla macchina
da presa? Gli interrogativi si susseguono all'infinito, senza che nessuna
inchiesta seria sia in grado di fornire risposte. Diverse testimonianze
indicano che gli assassini sarebbero stati protetti, in un primo tempo, dai
poliziotti di Chihuahua. Successivamente avrebbero beneficiato di appoggi negli
ambienti del potere legati al traffico di droga.
Alla fine del 1999, alcuni
cadaveri di donne e bambine furono ritrovati vicino ai ranch di proprietà di
trafficanti di cocaina. Tale coincidenza sembrava stabilire un legame tra gli
omicidi e la mafia del narcotraffico, a sua volta legata alla polizia e ai
militari. Ma le autorità rifiutarono di seguire questa pista.
Dal 1998 la Commissione
messicana dei diritti umani (Cmdu) ha formulato raccomandazioni riguardo a
queste centinaia di assassinii di donne, a cui lo stato presta scarsissima
attenzione. Tra i sospetti torna spesso un nome, quello di Alejandro Máynez,
che avrebbe fatto parte di una banda di criminali, ricettatori, trafficanti di
droga e di gioielli, anch'egli esponente di una ricca famiglia proprietaria di
night club. Non è mai stato disturbato.
Máynez, come altri sospetti, tra
il 1992 e il 1998 godeva della protezione del governatore dello stato di
Chihuahua, Francisco Barrio Terrazas, del Partito Acción Nacional (Pan).
Durante il suo mandato, gli assassinii di donne si sono moltiplicati,
aggiungendosi agli abituali crimini di questo stato, il più violento del
Messico. All'epoca, Barrio Terrazas dichiarava che questi assassinii non
avevano nulla di sorprendente, perché le vittime passeggiavano in luoghi bui e
indossavano minigonne o altre mises provocanti... Nonostante questo, il
presidente Vicente Fox (4), eletto nel dicembre
del 2000 con l'appoggio determinante del Pan, ha posto Barrio Terrazas a capo
del ministero della funzione pubblica e del controllo dei conti, che ha il
compito di «combattere la corruzione e rendere trasparente la gestione
dell'amministrazione pubblica».
Una caratteristica di Ciudad
Juárez sono le numerose fabbriche di subappalto con manodopera a buon mercato
addetta al montaggio di prodotti per l'esportazione. Si tratta di manodopera
prevalentemente femminile, proveniente essenzialmente dall'interno del paese.
Sono le donne che danno da vivere alla famiglia, cosa che turba non poco le
tradizioni maschiliste e patriarcali del paese. Immergendosi nel lavoro, le
donne tentano di sfuggire alla povertà.
La maggior parte delle vittime
erano operaie, e sono state colte di sorpresa mentre si recavano al lavoro o
rientravano a casa. Le attendevano al varco bande di delinquenti e di
tossicomani. A partire dagli anni 1920 la città ha conosciuto un boom di
attrazioni notturne e di turismo. Proprio qui, nel 1942, è stato creato il
famoso cocktail «Margarita». I dintorni del vecchio ponte internazionale sono
completamente dedicate al piacere: giochi, sesso, alcol. Questa atmosfera, in
cui le radio delle macchine che urlano a tutto volume le canzoni americane si
confondono con il rock heavy metal, il rap o la techno, incoraggia il consumo
di stupefacenti. A quanto pare, induce anche all'assassinio.
Perché l'ondata di omicidi ha
generato una sorta di emulazione misogina, trasformando queste uccisioni
sporadiche in una vera e propria ossessione criminale: individui che stanno in
agguato nell'ombra e commettono gli assassinii per puro desiderio di
emulazione. È il regno dei bruti, dei pervertiti, degli psicopatici. Molti
giovani «macho» ritengono che la violenza contro le donne sia un obbligo. La
notte si aggirano in macchina come belve in cerca di una preda.
Hester van Nierop, una
studentessa olandese di 18 anni, è stata rapita così, il 20 settembre 1998.
Dodici ore più tardi, il suo cadavere è stato ritrovato sotto il letto di una
camera dell'hotel Plaza.
Era stata violentata, torturata
e strangolata.
Lilia Alejandra García Andrade,
17enne, madre di due bambini, scomparve il 14 febbraio 2001, uscendo dalla
fabbrica. Il suo cadavere è stato ritrovato sette giorni dopo in un terreno
incolto di fronte al centro commerciale di Plaza Juárez. Il corpo seminudo era
avvolto in una coperta. L'autopsia accertò che l'adolescente era morta il 19
febbraio.
Era stata violentata, torturata,
mutilata per cinque giorni, e alla fine strangolata.
Violeta Mabel Alvidrez Barrio,
18 anni, è stata rapita il 4 febbraio 2003. Il suo cadavere è stato ritrovato
quindici giorni dopo assieme a quelli di altre due ragazze, di 16 e 17 anni. Ma
la sua morte risaliva soltanto a tre o quattro giorni prima, il che vuol dire
che era rimasta per oltre dieci giorni alla mercé di carnefici sadici e
psicopatici.
Il procuratore della repubblica
ritiene che tutti questi omicidi siano delitti comuni o legati forse a
trafficanti di organi (5).
Due anni fa, un deputato di
Ciudad Juárez mi confidava preoccupato: «Non mi stupirebbe se il governo avesse
dato ordine a un gruppo della polizia giudiziaria di occuparsi di occultare gli
assassinii di queste donne». Alludeva all'attuale governatore, Patricio
Martínez, del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), che nel gennaio 2001
era stato vittima di un attentato e aveva accusato la mafia locale.
La donna che aveva tentato di
ucciderlo era un'ex funzionaria della polizia giudiziaria.
Maria Sáenz, del Comitato di
Chihuahua Pro Derechos Humanos, mi ha proposto un'osservazione interessante:
prima del 2001, i cadaveri delle vittime violentate e strangolate venivano
sempre ritrovati, ma da quando le inchieste si sono moltiplicate, i corpi hanno
cominciato a scomparire nel nulla. Le associazioni hanno calcolato che le donne
scomparse sono circa 500, mentre i cadaveri ritrovati sono poco più di 300.
Far scomparire i corpi delle
donne assassinate è diventata una specialità della mafia locale. Il sistema
abituale si chiama «lechada», un liquido corrosivo composto di calce viva e di
acidi, che scioglie rapidamente la carne e le ossa senza lasciare traccia.
«Nessuna traccia», è la parola d'ordine. Ridurre al nulla, cancellare, far
scomparire completamente, sono le parole chiave.
Il 6 novembre 2001 i corpi nudi
di tre giovani donne sono stati scoperti in campo di cotone alla periferia
della città. Una era minorenne, aveva le mani legate dietro la schiena, ed era
stata sgozzata. Il giorno dopo, allargando il raggio delle ricerche, sono
venuti alla luce i resti di altre cinque vittime. Messa sotto pressione, la
polizia di Chihuahua arrestò due individui che, sotto tortura, confessarono di
essere gli autori degli otto delitti. Il procuratore, Arturo González Rascón,
annunziò che il caso era stato risolto. Senza neppure svolgere una vera
inchiesta, sottopose i due imputati a un procedimento penale.
Il 14 novembre, in flagrante
disprezzo di ogni norma giuridica, sotto la pressione della piazza, un giudice
complice delle autorità locali emise un mandato di carcerazione. Fra la scoperta
dei cadaveri e l'atto giudiziario era trascorsa appena una settimana. Intanto,
i veri colpevoli rimanevano in libertà. La serie nera è continuata.
Quello stesso giorno, il 14
novembre, venivano ritrovati altri due cadaveri di giovani donne: uno al Motel
Royal, l'altro nel villaggio di Guerrero. Cinque giorni dopo, nei sobborghi
della città, si scopriva il corpo seminudo di un'altra donna di 21 anni, Alma
Nelly Osorio Bejarano, che era stata torturata e strangolata.
Non esiste nessun registro per
repertoriare le centinaia di assassinii di donne commessi a Ciudad Juarez. Le
autorità hanno l'abitudine di abbandonare in fretta le ricerche: più di tre
mesi dopo la scoperta dei cadaveri delle 8 donne in un campo di cotone, alcuni
viandanti hanno ritrovato indumenti e oggetti appartenenti alle vittime...
Il che rivela l'incredibile
disinvoltura dei poliziotti. Il governatore Patricio Martínez ha deplorato
l'inerzia del suo predecessore Francisco Barrio Terrazas, che avrebbe lasciato
soltanto «qualche sacco di ossa» e «nessun dossier sui casi di assassinio». Ma
lui ha forse fatto di meglio?
Le autorità sostengono che dal
1992 al 1998, sono stati «risolti» dodici casi di «assassinii seriali» e 99
casi di «delitti comuni» contro le donne (delitti passionali, sessuali,
familiari, vendette, regolamenti di conti legati al traffico di droga, commessi
durante furti, risse, o per cause non identificate). Dall'ottobre 1998 al
febbraio 2002 sono stati commessi 20 «assassini in serie» e 71 «assassini
comuni». Dei primi, 15 sarebbero «praticamente risolti» e 5 sotto inchiesta;
dei secondi, 53 sarebbero stati «chiariti» e 18 «saranno chiariti quanto
prima».
Ma è possibile credere alle
autorità? È doveroso ricordare che le espressioni «assassinii risolti» o «in
fase di risoluzione» sono semplici inganni, perché si tratta soltanto di
interrogatori a persone «messe sotto inchiesta». La strategia dei diversi
governatori per «risolvere» gli assassinii seriali di donne a Ciudad Juárez ha
portato a una sequela di manipolazioni e dissimulazioni, che in sostanza
incolpavano degli innocenti - come è avvenuto appunto per i due imputati degli
8 omicidi del 6 novembre 2001.
Altro metodo delle autorità: far
assassinare chi prende le difese dei falsi colpevoli. L'avvocato Mario César
Escobedo Anaya è stato assassinato da un commando reo confesso, che tuttavia è
stato rilasciato con il pretesto che «difendeva» alcuni agenti di polizia
giudiziaria dello stato di Chihuahua. Il loro capo, il comandante Alejandro
Castro Valles, aveva l'abitudine di arrestare senza mandato degli innocenti e
di torturarli.
Avvocati, giudici, procuratori,
giornalisti hanno ricevuto minacce di morte per costringerli ad abbandonare le
inchieste sugli omicidi delle donne. Alcuni oppositori del governatore Patricio
Martínez sono stati anch'essi minacciati perché sospendessero le loro proteste:
le militanti Esther Chávez Cano e Victoria Caraveo, e anche il criminologo
Oscar Máynez.
Negli assassinii in serie di
Ciudad Juárez s'intrecciano l'atmosfera torbida della frontiera e le sue
migliaia di migranti, le sue industrie di subappalto, il fallimento delle
istituzioni, e anche la violenza patriarcale, l'ineguaglianza, le negligenze
del governo federale, ed altro ancora. Ma, più di tutto, questa vicenda oscura
rivela l'onnipotenza dei narcotrafficanti e la robustezza delle loro reti
d'influenza.
I legami tra ambienti criminali
e potere economico e politico costituiscono una minaccia per tutto il Messico.
I documenti e le testimonianze
di cui dispongo sono schiaccianti per le autorità. Dimostrano che alcuni
omicidi di donne sono commessi durante orge sessuali da uno o più gruppi di
individui, fra cui alcuni assassini protetti da funzionari di diversi corpi di
polizia, in combutta con personaggi altolocati, a capo di fortune acquisite per
lo più illegalmente, grazie alla droga e al contrabbando, e la cui rete
d'influenza si estende come una piovra da un capo all'altro del paese. Per
questo motivo questi crimini efferati godono della più completa impunità.
Secondo alcune fonti federali,
sei importanti imprenditori di El Paso, del Texas, di Ciudad Juárez e di
Tijuana assolderebbero sicari incaricati di rapire le donne e di consegnarle
nelle loro mani, per poterle violentare, mutilare e infine uccidere (6). Il profilo
criminologico di questi omicidi si avvicinerebbe a quello che Robert K. Ressler
ha definito «assassini per divertimento» (spree murders). Le autorità messicane
sarebbero da molto tempo al corrente di tali attività e rifiuterebbero di
intervenire. Questi ricchi imprenditori sarebbero vicini a certi amici del
presidente Vicente Fox e avrebbero contribuito ai finanziamenti occulti della
campagna elettorale che ha portato Fox alla presidenza del paese, mentre
Francisco Barrio Terrazas, ex governatore di Chihuahua diventava suo ministro.
Questo spiegherebbe perché nessun vero colpevole ha mai avuto fastidi con la polizia
dopo la morte di quasi 300 donne.
E gli omicidi continuano. In
questo stesso istante, forse un'altra donna sta morendo sotto tortura a Ciudad
Juárez.
note:
* Scrittore e giornalista messicano, autore tra l'altro di La Noche oculta, Cal
y Arena, Città del Messico, 1990, e Huesos en el desierto, Anagrama,
Barcellona, 2002.
(1) Leggere Robert K.
Ressler, Whoever Fights Monsters, St. Martin's Press, New York, 1992.
(2)
www.fresnostatenews.com/2001/December/RecognitionTech.htm#BIO.
(3) Angel
Maturino Reséndez, nato nel 1960, e soprannominato dalla stampa degli Stati
uniti «the Railroad Killer», è autore di almeno undici assassinii in serie. È
stato arrestato in Texas nel luglio 1999 e condannato a morte nel maggio 2000.
Si recava spesso a Ciudad Juárez, la città dove viveva sua madre.
(4) Il
presidente Fox ha chiesto nuovamente, l'8 marzo 2003, di fare piena luce sugli
omicidi delle donne a Ciudad Juárez, e di punire i colpevoli. Cfr.
www.almargen.com. mx/ pdi/homicidios/peticionfox.htm.
(5) Cfr.
www.siliconvalley.com/mld/nuevomundo/5817861.htm.
(6) Cfr.
old.clarin.com/diario/2002/09/23/i-02201.htm.
(Traduzione di R. I.)