Il rapporto di Antigone: carceri affollate, sporcizia, siamo tra i peggiori d’Europa –

di Dino Martirano (Corsera, 19.8.04)

 

Il primo capitolo del volume è intitolato «Morire di carcere». Descrive dettagliatamente come, solo nel mese di giugno del 2004, nove detenuti si sono tolti la vita negli istituti di reclusione e pena. Gli altri paragrafi raccontano come ci si ammala in carcere, con i tatuaggi e i rapporti sessuali non protetti che accelerano il contagio, e come si vive nelle celle buie e affollate. Solo Grecia, Ungheria e Bielorussia battono l’Italia in quanto a capienza non rispettata: 54.237 presenti contro una capienza «regolamentare» di 41.324 posti e una «tollerabile», oltre la quale si va al punto di non ritorno, di 60.036 unità.

IL RAPPORTO - Sono questi alcuni dei numeri terrificanti rilevati dall’associazione «Antigone» che a ottobre pubblicherà (editore Carocci) il «Terzo rapporto sulle condizioni di detenzione, curato da Beppe Mosconi e Claudio Sarzotti», che dopo un viaggio lungo oltre 200 pagine trae una conclusione allarmante: «Le carceri italiane presentano una quantità di situazioni che si pongono contro i principi di legalità previsti dall’Ordinamento penitenziario e dalla Costituzione. Il sovraffollamento, la generale mancata predisposizione di un servizio “Nuovi giunti”, il fatto che in molti istituti sia impossibile dare attuazione al regolamento...».

 SUICIDI - Il 6 giugno 2004 Bebika H., 38 anni, bosniaca, che doveva scontare un cumulo pena di 3 anni, si impicca nel carcere di Bologna con un lenzuolo: lascia sei figli. Il 7 giugno, Vincenzo D.R., originario di Afragola, ex collaboratore di giustizia condannato per associazione camorristica, si impicca in una cella del carcere di Siracusa con una maglia-casacca: da tempo soffriva di una grave crisi depressiva. L’11 giugno, Khaled, algerino, 25 anni, si uccide a Sollicciano, Firenze. Il 12 giugno, nel carcere di Bologna, un detenuto italiano di 36 anni, condannato a una pena lieve, si impicca con un k-way: era rientrato da un permesso premio quattro giorni prima. Il 13 giugno 2004, i suicidi in carcere sono due: a Brescia, un cittadino palestinese arrestato con l’accusa di furto si impicca in cella; a Lanciano, Chieti, Tommaso B.. 36 anni, condannato per rapina, viene trovato morto con un giubbotto avvolto intorno al collo. Il 23 giugno, un detenuto agli arresti domiciliari a Livorno si uccide alla vigilia del processo che lo vedeva accusato dell’omicidio della moglie. Il 28 giugno, nel carcere di Sulmona Francesco D.P., 58 anni, condannato all’ergastolo per reati di mafia, si impicca con le stringhe delle scarpe alla grata della sua cella: l’uomo muore durante il trasporto in ospedale, la procura apre un’inchiesta e dispone l’autopsia. Il 29 giugno, a Livorno, Domenico B., 50 anni, si impicca con la cintura dei pantaloni: ci aveva provato già tre giorni prima. Un elenco intollerabile, quello stilato solo per il mese di giugno, cui vanno aggiunti due decessi per malattia e due per cause non accertate nelle carceri italiane. E anche quest’anno, si stima negli istituti di reclusione, i suicidi saranno circa 60 visto che nel primo semestre già se ne sono verificati 27. Sono tanti i gesti estremi, disperati, concepiti e portati a termine nella solitudine di una cella di isolamento perlopiù nelle ore notturne. Ma sono tantissimi i passi di avvicinamento che nel linguaggio crudo della statistica penitenziaria si chiamano «atti di violenza auto-diretti». Nel 2003, i gesti seri di autolesionismo, quelli per i quali si va in infermeria o addirittura in ospedale, sono stati 395, i tentati suicidi 31, gli scioperi della fame 279: «E a fronte di questa situazione il presidio di Guardia Medica è presente 24 ore su 24 in 27 istituti ed è presente solo in alcuni giorni e orari in 39 istituti». Troppo poco, se si pensa che in Italia sono aperte 204 carceri.

 

MALATTIE - In carcere è difficile curarsi, anzi il contagio è dietro l’angolo: «Uso promiscuo di rasoi e forbici, pratica del tatuaggio, scarsa igiene delle celle, scarsa aerazione delle celle, uso di droghe, rapporti sessuali non protetti». E gli effetti sono devastanti: solo nel 2003, i casi registrati di epatite C sono stati 2.176, 1.041 quelli di epatite B, 12 quelli di epatite A. La tubercolosi ha colpito 420 detenuti mentre casi di scabbia sono stati 267 e quasi il doppio, 593, quelli di dermofitosi. Altissima, la percentuale dei carcerati tossicodipendenti e in aumento anche quella dei sieropositivi. Non essendoci sezioni distinte, agenti e infermieri spesso non sono a conoscenza dello stato sierologico dei detenuti.


 
LE CELLE - Lo standard internazionale, che parla di 9 metri quadrati per detenuto, «non viene sempre rispettato». Finestre «poco luminose, servizi igienici senza parete divisoria, umidità, cattiva manutenzione, mancanza di aerazione» contribuiscono ad alimentare il malessere quotidiano. Ultima considerazione del Rapporto di Antigone: «Ci si chiede come un carcere che viola quotidianamente in maniera più o meno evidente i diritti dei detenuti (e degli operatori carcerari, ndr ) sanciti dalla normativa penitenziaria, possa porsi come mezzo e luogo di rieducazione alla legalità».