Le critiche

 

  1. L’importanza della formazione storica per la formazione critica

 

Con passione concorde si rivendica il ruolo della formazione storica nella formazione delle

cittadine e dei cittadini: di tutti i cittadini, indipendentemente dal percorso formativo che ciascuno di

essi segue negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Tale ruolo non può essere soltanto dichiarato,

ma deve essere tradotto in indicazioni che siano capaci di promuovere insegnamento e

apprendimento potenti nella formazione critica. Eppure, questo ruolo, che già appare assai poco

rilevante, rischia di essere ulteriormente depresso da molte mosse del MIUR. Infatti, il MIUR nella sua

Guida ai percorsi universitari non attribuisce ai laureati in storia lo sbocco professionale

dell’insegnamento. E le Indicazioni ministeriali qui in discussione riducono lo studio della storia antica

a una faccenda riservata ai bambini; non assicurano a tutti gli scolari una uguale opportunità di

formarsi con l’apprendimento della storia, poiché molti adolescenti che sceglieranno la formazione

professionale non potranno più studiare la storia; hanno eliminato il legame tra storia ed educazione

civica; con la selezione e la tematizzazione degli argomenti non ispirano la produzione di manuali

migliori; riducono il tempo dello studio della storia del ‘900; riducono il tempo della storia

nell’insegnamento. Le Indicazioni sono una minaccia per l’avvenire della storia nel nostro paese.

Di fronte a questi indizi, ed ai gravi pericoli che ne conseguono per la formazione dei cittadini in

uno Stato democratico, si ribadisce l’esigenza che non vengano preparati ed imposti programmi di

Storia differenziati secondo le diverse tipologie degli istituti d’istruzione secondaria superiore (scuole

professionali comprese), ma conservino un carattere fortemente e sostanzialmente unitario, al di là

dei possibili approfondimenti in relazione ad un maggiore orario d’insegnamento. In particolare, si

rifiuta l’ipotesi che singole storie specialistiche (dalla storia economica a quella religiosa) possano

essere utilizzate come gli assi portanti del curricolo di Storia di scuole secondarie indirizzate alla

formazione di particolari figure professionali.

 

2. I contenuti e il carattere della storia scolastica secondo le Indicazioni:

una visione ideologica di regime

 

I programmi del 1979 per la scuola “media” e quelli del 1985 per la scuola elementare non

elencavano liste di contenuti ma i primi si limitavano ad attribuire archi cronologici e i secondi

contenevano vaghi riferimenti a contenuti come i quadri di civiltà e la storia nazionale. Non

imponevano una selezione e una formulazione tematica degli argomenti. Erano molto liberali e aperti.

Di conseguenza il plasmare il carattere della storia scolastica è dipeso dai produttori dei libri di testo

che hanno liberamente potuto accogliere nella manualistica le conquiste della storiografia esperta sia

per quanto riguarda i temi, sia per la composizione delle conoscenze sia per la varietà delle

interpretazioni.

Le Indicazioni attuali elencano, invece, un inventario completo di contenuti e li formulano

tematicamente e concettualmente. In tal modo impongono ai produttori di storia scolastica – che

devono conformarsi ad esse per stare nel mercato – la selezione delle conoscenze e la loro

tematizzazione. La presenza di manuali conformisti finirà per affermare una visione unica della

storia, che diventerà una vulgata senza rapporti con le conoscenze elaborate dalla storiografia

esperta.

Ecco alcuni esempi di tale propensione ad imporre il senso comune storico e la visione ideologica di

regime: si dice «comparsa dell’uomo» invece di «ominazione», si scrive «la civiltà europea dopo il

Mille e l’unificazione culturale e religiosa dell’Europa: le radici di una identità comune pur nella

diversità dei diversi sistemi politici» come se non ci fossero stati gli scismi e le persecuzioni

dell’eterodossia e se il mondo bizantino non facesse parte dell’Europa. Si scrive pudicamente

«l’apertura dell’Europa ad un sistema mondiale di relazioni: la scoperta dell’«altro» e le sue

conseguenze» come se non ci fossero stati i colonialismi e i loro terribili misfatti. Si scrive «la crisi

della sintesi culturale, politica e sociale del Medioevo» come se fosse possibile pensare ad un’Europa

medievale senza conflitti, senza differenze. Si scrive «la crisi dell’unità religiosa e la destabilizzazione

del rapporto sociale» senza citare i protestantesimi e i cruenti conflitti generati dal radicalismo

religioso. Si scrive «la competizione tra Stati e le sue conseguenze» tacendo ipocritamente sui

fenomeni imperialistici; si scrive «i totalitarismi» per non nominare il fascismo e nazismo.

Ma ciò che è omesso è ancora più gravido di effetti deleteri sulla cultura storica dei “buoni

europei”: tutta la sfera della storia politico-istituzionale, di quella economica e sociale può e deve

essere ignorata. Così come può e deve essere ignorato che la storia è storia di uomini e donne: infatti

non c’è un solo accenno di ricezione della storia di genere.

Turba profondamente immaginare quale sapere storico potrebbe generare un manuale che si

conformi alla lista del MIUR. Un sapere che non riesce a rendere conto nè dei processi politico

istituzionali che hanno portato dall’organizzazione feudale allo stato di diritto, nè dei processi di

formazione dell’Europa dall’Atlantico agli Urali, nè di fenomeni epocali come – tanto per fare alcuni

esempi - la formazione delle economie mondo e delle loro connessioni, come lo schiavismo e la fine

tardiva della schiavitù, come i processi di industrializzazione e la formazione delle masse operaie,

come il colonialismo e l’imperialismo e la susseguente decolonizzazione, come l’emancipazione

femminile, come la persecuzione degli ebrei e la shoah...

Le Indicazioni hanno deciso che lo studente italiano deve conoscere solo un po’ di storia

europea. Ma non è solo la storia antica ad essere colpita, poiché anche la storia medievale, la storia

moderna, la storia nazionale, la storia d’Europa, la storia contemporanea verranno mal conosciute e

non comprese in conseguenza delle scelte contenutistiche e tematiche dettate dall’ideologia

ministeriale.

Col dettare una lista finita o esemplificativa di contenuti - al di là del fatto che essa sia

condivisibile o meno, completa o parziale, aggiornata o datata - le Indicazioni suggeriscono,

comunque, l'idea che la storia sia un corpus limitato di conoscenze da apprendere gradualmente con

diversi livelli di specializzazione cronologica o tematica, piuttosto che promuovere l'idea che anche la

storia è una disciplina fatta di teorie e di prassi che guarda la realtà umana attraverso metodologie,

categorie e interpretazioni che mutano a seconda di tempi e luoghi diversi.

Esse, inoltre, avviliscono la conoscenza storica alla funzione di plasmatrice di identità piuttosto

che esaltarne il valore cognitivo.

Queste Indicazioni costituiscono una minaccia per la formazione critica dei giovani, proprio perché

contraddicono i caratteri essenziali del lavoro della comunità degli storici.

 

  1. Un processo di decisione “catacombale”

 

Il processo di decisione che ha portato ai testi allegati al decreto di riordino dei cicli è stato

“catacombale”, niente affatto trasparente: non ha coinvolto le associazioni degli storici, né le

associazioni di didattica disciplinare, né ha tenuto conto delle buone pratiche didattiche che si sono

elaborate nel quadro dei programmi del 1985 e del 1979 e del decreto sulla nuova periodizzazione del

ciclo di storia della scuola media, né ha reso possibile agli insegnanti di discutere dei testi prima della

loro emanazione né, infine, ha dato agli editori il tempo per poter elaborare con perizia testi per la

scuola elementare.

 

  1. Un testo schizofrenico

 

Il testo delle Indicazioni afferma dei principi e li contraddice subito dopo creando per gli insegnanti una

situazione di “doppio legame” generatore di ansie schizofreniche:

- riconosce la piena autonomia degli istituti scolastici e degli insegnanti a programmare a

trasformare gli obiettivi indicati in propri obiettivi formativi, ma contraddice tale affermazione

con la confezione di una lista di contenuti rigida e asfittica;

- esalta la conoscenza delle radici classiche e giudaico-cristiane ma contraddice tale

esaltazione diminuendo il ruolo della storia antica e della storia del cristianesimo. Tace del

tutto sulla storia dell’ebraismo e degli ebrei dopo l’età antica;

- pretende che gli studenti distinguano «tra svolgimento storico [sic], microstorie e storie

settoriali o tematiche», ma chiude gli accessi alle storie settoriali e tematiche;

- vuole che gli scolari scoprano «specifiche radici storiche medievali e moderne nella realtà locale e

regionale» e che approfondiscano le dimensioni e le risonanze locali di fenomeni ed eventi di

interesse e portata nazionale e sovranazionale, ma non dice nulla a proposito dell’insegnamento

delle storie a scala locale;

- si attende che gli scolari sappiano «distinguere tra storia locale, regionale, nazionale, europea,

mondiale, e coglierne le connessioni, nonché le principali differenze (anche di scrittura narrativa)»,

ma esclude ogni conoscenza a scala mondiale;

- indica gli obiettivi che gli scolari sappiano «usare il passato per rendere comprensibile il presente e

comprendere che domande poste dal presente al futuro trovano la loro radice nella conoscenza del

passato» e che sappiano comprendere «di un quotidiano o di un telegiornale le notizie principali,

utilizzando i nessi storici fondamentali necessari per inquadrarle o sapendo dove andare a reperirli»,

ma esclude tutte le conoscenze di storia economica, sociale, di genere, e quelle a scala mondiale

che sono ogni giorno in gioco nella comprensione dei processi storici in corso;

- addita la esigenza della correttezza epistemologica delle discipline di studio e la contraddice con la

proposta di un storia segnata ideologicamente e con l’includere argomenti che sono pertinenti alle

scienze della Terra e non alla storia [«La terra prima dell’uomo»];

- raccomanda di «distinguere e selezionare vari tipi di fonte storica, ricavare informazioni da una o più

fonti» ma non rileva che le fonti sono in genere beni culturali e trascura ogni accenno all’educazione

al patrimonio;

-          infine, contraddice tutti gli obiettivi riducendo il tempo all’insegnamento della storia.

 

  1. Il tempo della storia scolastica

 

Si è espressa una forte preoccupazione per la riduzione del tempo d’insegnamento della storia. Infatti,

un insegnamento efficace per la formazione critica richiede che l’insegnante organizzi e guidi

l’apprendimento e le pratiche laboratoriali conseguenti richiedono tempi distesi di interazione tra

insegnanti e allievi, dunque maggior tempo per migliorare la formazione storica. Ma il riordino

promette minor tempo per la storia sia in conseguenza della eliminazione delle 30 ore di educazione

civica nella scuola “media”, sia per la menomazione del tempo dedicato alla storia antica e a quella

del ‘900, sia per il rischio che la storia sia trascurata dal maestro tutor a cui vengano attribuite tutte le

discipline più importanti.