Rapporto Ares ''Asilo negato'': 23mila i rifugiati in Italia, un fenomeno ''circoscritto'' ma c'è bisogno di una legge
Sono 23mila i rifugiati in Italia, lo 0,4 ogni mille
abitanti: un fenomeno molto circoscritto rispetto all’emergenza che si è
determinata a livello mondiale, ma che non trova ancora una regolamentazione
secondo il rapporto “Asilo negato”, realizzato dall’Ares in occasione del
Giornata mondiale del rifugiato. Da anni, sottolinea l’organizzazione, è fermo
in parlamento un disegno di legge organico che potrebbe risolvere la questione
in senso positivo per i tanti che sfuggono alle persecuzioni, “sottraendo i
richiedenti-asilo alle attuali provvisorie norme-capestro inserite nella
Bossi-Fini soltanto allo scopo di limitare i diritti dei rifugiati e far
fallire la presunta strumentalizzazione del diritto d’asilo per evitare
espulsioni e respingimenti”.
Nel mondo una persona ogni 275 è costretta alla fuga a causa di guerre o
persecuzioni di ogni genere, sono circa 22milioni i rifugiati nel mondo di cui
2,7 milioni solo in Europa (dati 2001). Di questi 1,7 milioni vivono in Europa.
Secondo l’indagine dell’Ares la maggior parte di domande (100.000) presentate
in Italia dal 1990 al 2000 è stata inoltrata da albanesi (21.300), ex
Iugoslavia (12.197) Iraq (12.132), Romania (6.114), Turchia (4.250), mentre nel
2001 il primato è spettato ad iracheni (1.985) e kurdi (1.690). Negli ultimi
quattro anni il numero complessivo di domande d'asilo nei paesi dell'Unione
Europea è rimasto sostanzialmente stabile, mentre è cambiata la distribuzione
delle domande tra i vari paesi: l'introduzione di legislazioni in materia
d'asilo più restrittive in Danimarca e Paesi Bassi ad esempio ha contribuito al
netto calo del numero di domande, mentre questo è notevolmente aumentato in
Svezia.
In Italia dal 1999 al 2002 invece è sceso progressivamente il numero delle
persone che ha chiesto lo status di rifugiati: in media è stato accolto
soltanto il 10% delle domande e nel 2002 è stato riconosciuto lo status di
rifugiato a soli 659 stranieri (secondo il Ministero dell’Interno) ed a 1.270
(secondo i dati della Commissione Centrale per il riconoscimento dello status
di rifugiato).
“E’ lecito chiedersi – si legge nel rapporto - se il calo delle domande sia
dovuto ad un minore afflusso in Italia di perseguitati, ad un attenuarsi
dell’emergenza, oppure al sistema repressivo vigente, basato su procedure
“semplificate” e poco garantiste. Si pensi che dopo una decisione negativa di
un’apposita Commissione, il ricorso del richiedente-asilo al Tribunale, non è
sospensivo, per cui l’immigrato viene immediatamente espulso. Forse la sua
causa in Tribunale potrà essere miracolosamente seguita da un avvocato che non
pretende immediate parcelle. Ma nel frattempo, in attesa che la pratica sia sbrigata,
il richiedente- asilo viene espulso con tutti i rischi conseguenti sulla sua
persona e sulla sua famiglia”. Secondo l’Ares inoltre la mancanza di un
regolamento attuativo per gli articoli 31 e 32 della legge Bossi-Fini
“peggiorano in danno dei richiedenti asilo la normativa precedente costituita
dalla legge 28 febbraio 1990 n.39” la cosidetta legge Martelli.
In generale secondo l’Ares la situazione per i rifugiati è peggiorata ovunque
dopo l’11 settembre 2001, quando è prevalsa la convinzione che la tutela dei
diritti contrasti con l’esigenza di sicurezza dei popoli.
Rifugiati
in Italia (Ares 2003)
Sono
circa 23mila i rifugiati in Italia, lo 0,4 ogni mille abitanti, contro 20 ogni
mille abitanti presenti in Svezia ed i 10 della Germania.
La
maggior parte di domande (100mila) presentate in Italia dal 1990 al 2000 è
stata inoltrata da albanesi (21.300), ex Iugoslavia (12.197) Iraq (12.132,
Romania (6.114),Turchia (4.250). Nel 2001 il primato delle domande è spettato
ad iracheni (1.985) e kurdi (1.690) seguiti da immigrati provenienti dalla ex
Iugoslavia, dalla Romania, dall’Afghanistan, nonché dal Sudan, dall’Etiopia e
dall'Eritrea.
In
Italia dal 1999 al 2002 il numero delle persone che ha chiesto lo status di
rifugiato è andato sempre più diminuendo, da 33.000 nel 1999 a 15.000 nel 2000,
a 10.000 nel 2001, ad 8.099 nel 2002 (secondo dati del Ministero dell’Interno).
In media è stato accolto soltanto il 10% delle domande. Nel 2002 è stato
riconosciuto lo status di rifugiato a soli 659 stranieri (secondo il Ministero
dell’Interno) ed a 1.270 (secondo i dati della Commissione Centrale per il
riconoscimento dello status di rifugiato).
Nel
mondo una persona ogni 275 è costretta alla fuga a causa di guerre o
persecuzioni di ogni genere (22milioni) e in Europa in particolare sono
arrivati 2,7 milioni persone: di questi 1,7 milioni vivono nei paesi della Ue
(906.000 nella sola Germania.).
Cambiano le rotte per l'Italia. Il giudizio
severo di Amnesty sulla condizione italiana
Cambiano i flussi e le rotte per l’Italia: sempre meno
arrivi sulle coste pugliesi e calabresi mentre continuano ad aumentare gli
sbarchi sulle coste siciliane e sulle isole, soprattutto Lampedusa. Lo ha
rivelato l’Ares nel rapporto presentato questa mattina a Roma, “Asilo negato”,
che fotografa la situazione italiana. “Chi organizza tali viaggi – si legge nel
rapporto - ha scelto evidentemente nuove rotte che sempre più partono da alcuni
paesi del Nord Africa, soprattutto Libia e Tunisia verso le isole e coste
siciliane” .
La realtà dell’accoglienza in Italia passa attraverso
quello che Ares indica come “una sorta di monstrum giuridico”: i centri di
permanenza temporanea, “carceri amministrative”. Ma o Cpt stanno scoppiando.
Gli stranieri espulsi non possono essere trattenuti presso questi centri per
insufficienza di posti, e se si trattengono ulteriormente nel territorio
italiano sono soggetti all’arresto e quindi alla detenzione. “E’ fatto notorio
– sottolinea il rapporto - che anche le strutture penitenziarie sono
sovraffollate di detenuti e la popolazione dei reclusi è destinata ad aumentare
ancor più rapidamente per effetto delle nuove leggi. Le carceri ormai
straripano e chissà se il governo italiano si troverà a ricalcare le orme dello
Stato della California, che ha ceduto a privati la costruzione e la gestione
delle strutture penitenziarie e dei centri per immigrati in attesa di
concessione di asilo politico”.
Un giudizio molto severo della realtà italiana è stato
dato da Amnesty International che ha criticato l’approccio delle autorità al
problema dei rifugiati. Secondo Amnesty il trattenimento nei Centri di
accoglienza e la procedura semplificata per gli stranieri che entrano o
soggiornano nel territorio italiano in maniera irregolare, non tutela chi fugge
da gravi violazioni dei diritti umani ed è privo di documenti validi per
l’espatrio. Inoltre la presentazione di un eventuale ricorso, in caso di
risposta negativa da parte della Commissione territoriale, non ha effetto
sospensivo, ed è comunque subordinato alla valutazione discrezionale del
Prefetto. Secondo Amnesty è giunto il momento che anche l’Italia si doti di una
legge organica che soddisfi i seguenti principi che garantisca equità di
trattamento e che garantisca, tra l’altro, che nessun richiedente asilo possa
essere espulso verso un paese terzo in assenza di garanzie sul rispetto dei
diritti umani, secondo il principio del non refoulement.
Diritto
d'asilo: evoluzione normativa (Ares 2003)
Fino a
cinquanta anni fa la comunità internazionale non aveva ancora creato un insieme
di istituzioni e di accordi per affrontare a livello mondiale il fenomeno dei
rifugiati. La svolta avvenne con la creazione il 14 dicembre 1950 dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) – la sigla italiana è
ACNUR – e con l’adozione a Ginevra nel luglio 1951 della Convenzione dell’ONU
sullo status dei rifugiati. L’ACNUR ha il mandato di fornire una protezione
internazionale ai rifugiati e di garantire che essi non vengano rinviati,
contro la loro volontà, in paesi in cui abbiano motivo di temere persecuzioni.
Ricerca inoltre soluzioni ai problemi dei rifugiati promuovendo l’accoglienza e
l’integrazione nei paesi d’asilo.
Dalla sua costituzione l’ACNUR ha dovuto affrontare diverse crisi: dagli
spostamenti di massa provocati in Europa dalla seconda guerra mondiale alla
fuga dei rifugiati dall’Ungheria nel 1956, dalle crisi legate alla
decolonizzazione dell’Africa all’emergenza dei rifugiati del Bangladesh nel
1971, dall’esodo in Indocina negli anni 70 agli enormi flussi di rifugiati provocati
negli anni 80 dai conflitti in Afghanistan, nel Corno d’Africa e in America
Centrale (Nicaragua ed El Salvador), dall’Iraq del Nord dopo la guerra del
Golfo, le recenti crisi nei Balcani, nella regione dei Grandi Laghi, a Timor
Est e nel Caucaso. Negli anni 90 ci sono stati poi i grandi spostamenti di
popolazione dell’ex Unione sovietica, nonché l’esodo kurdo.
Al centro dell’attività dell’Acnur vi è in particolare l’applicazione della
Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati alla quale hanno aderito
finora 134 Stati. Le norme più importanti della Convenzione di Ginevra sono
quelle previste dagli artt. 1 e 33.
Articolo 1 – definizione del termine “rifugiato”
“il
rifugiato è colui, che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di
razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o
per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e
non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di
questo paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal
Paese in cui aveva residenza abituale…., non può o non vuole tornarvi a causa
di questo timore”.
Articolo 33 – divieto di espulsione o di respingimento (refoulement )
“Gli
Stati contraenti non possono in alcun modo espellere o respingere un rifugiato
verso le frontiere di territori in cui la sua vita o la sua libertà siano in
pericolo per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un
determinato gruppo sociale od opinioni politiche Nel 1969 l’Organizzazione
dell’Unità africana (OUA) fa propria la definizione di rifugiato contenuta
nella Convenzione di Ginevra ma ne amplia i contenuti, includendo anche quanti
fuggono a seguito di aggressioni esterne, occupazioni o dominazioni straniere
oppure turbative dell’ordine pubblico nel Paese d’origine. Per quanto ispirata
ad avvenimenti africani, le norme OUA hanno rappresentato dei parametri
importanti per la protezione dei rifugiati, che sino stati applicati in altre
parti del globo. L’ambito della Convenzione di Ginevra appare in effetti
attualmente restrittivo, essendo limitato ai casi di persecuzione individuale.
Essa non comprende i rifugiati di guerra (a causa di confitti armati) politica
e carenze di opportunità economiche , e neanche gli “sfollati”. Ne è derivata
una risposta incoerente della comunità internazionale al fenomeno degli esodi
interni e grandi masse di sfollati sono rimaste prive di efficace protezione e
di assistenza.
Fonte: "Asilo Negato" -
Rapporto Ares 2003
"Il diritto d'asilo è una questione di civiltà".
E' quanto ribadisce un appello, sottoscritto da otto assessori alle Politiche
sociali di diverse Regioni e Province italiane, in occasione della terza
Giornata mondiale del rifugiato, promossa dall’Acnur, che si celebra domani, 20
giugno. La dichiarazione, il cui primo firmatario è l’assessore regionale
dell’Emilia-Romagna, Gianluca Borghi, è stata siglata insieme agli assessori
Marcello Secchiaroli (Regione Marche), Angelo Passaleva (Toscana), Gaia Grossi
(Umbria), Adriana Buffardi (Campania), Gennaro Straziuso (Basilicata); hanno
sottoscritto anche gli assessori delle Province autonome di Trento, Mario
Magnani, e Bolzano, Otto Saurer.
“Dobbiamo lavorare insieme, istituzioni e soggetti del
privato sociale – dice tra l’altro l’appello – , per una effettiva cultura
dell’asilo nel nostro Paese”. L’Italia celebra questa giornata senza aver
ancora adottato (unico Paese dell’Unione Europea insieme alla Grecia) una legge
organica in materia di asilo. “Eppure – dice il documento – il diritto è
inserito tra i principi fondamentali della nostra Costituzione”. A questo
proposito gli assessori denunciano la necessità di una svolta: “Occorre che il
Parlamento italiano risponda con grande celerità a questo vuoto normativo. Su
questo tema la Bossi-Fini è al palo. In attesa di un Regolamento attuativo
ormai in ritardo da molti mesi, la politica del Governo si dimostra immobile,
vuota, lontana dai bisogni espressi dai territori locali”.
Il percorso avviato da anni con le realtà pubbliche e
private, affermano gli amministratori, “ha portato alla realizzazione di una
rete di accoglienza per i richiedenti asilo e i rifugiati che, nel 2001, è
stata sostenuta anche dal primo Programma nazionale asilo, promosso dal
Ministero dell’Interno, dall’Acnur e dall’Anci con risorse del fondo Europeo
per i Rifugiati. Ma nel 2002 gli operatori e i rifugiati sono stati messi in
difficoltà dalla riduzione dei fondi del 70% decisa dal Governo”. Manca,
ribadiscono gli assessori, un’adeguata conoscenza della problematica: “E’
sconcertante che ancora oggi membri autorevoli dell’attuale Governo confondano
un richiedente asilo con un immigrato, mettendo sullo stesso piano chi fugge
dal proprio Paese a causa della guerra con chi invece cerchi un lavoro in altri
Paesi. Il rifugiato – specifica il documento – diventa tale dopo la decisione
finale della Commissione competente, con un’attesa che può durare anni. Durante
questo intervallo vive in una sorta di limbo giuridico in cui non ha diritto né
a un lavoro, né alla formazione né ad un progetto di accoglienza”.