Anita - anno scolastico 2006-2007
Umanità Nova - 27-09-2006
Ovvero: lo sdoganamento dei fascisti

La partecipazione, peraltro applaudita, di Fausto Bertinotti, presidente della camera dei deputati alla Festa nazionale di Azione Giovani, l'organizzazione giovanile di Alleanza Nazionale, appare a tutti gli effetti l'ultimo atto del processo di legittimazione di un partito "postfascista" come A.N. che mantiene nel proprio simbolo e nella sua dirigenza l'eredità di un passato mai passato. Ed oltre alla presenza del leader di Rifondazione Comunista, va segnalata nell'ambito della stessa festa tricolore anche quella del presidente dell'Arci Paolo Beni e della ministra Ds Livia Turco.

Ancora una volta la cosiddetta pregiudiziale antifascista della repubblica nata dalla Resistenza è stata così annegata nello spirito della cosiddetta pacificazione nazionale, dopo che questo ha cancellato la memoria di una guerra civile e sociale prolungatasi almeno dal 1919 al 1945, accomunando i morti dell'una e dell'altra parte al fine di azzerare ogni divisione e responsabilità.

Molti sono stati quelli che hanno lavorato più o meno scientemente in questa direzione, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, seppur in diverso modo e a diverso livello ed anche con diversa connotazione ideologica; basti pensare al cosiddetto "revisionismo storico" all'italiana che in realtà iniziò subito a modificare gli eventi connessi alla Resistenza affrettandosi a stabilirne la data di nascita (8 settembre 1943) e, soprattutto, quella di morte (25 aprile 1945).

Era infatti, per troppi, una pagina da chiudere quanto prima non solo sul passato, ma anche sul presente e sull'avvenire.

A far tornare inizialmente sulle scene della politica nazionale i fascisti, nel conflittuale dopoguerra italiano, fu Palmiro Togliatti. Di fatto, proprio il segretario del Partito Comunista Italiano che, nella sua veste di ministro Guardasigilli della neonata repubblica, pose la sua firma nel giugno '46 a quell'amnistia che assicurò impunità e scarcerazione a circa 10 mila fascisti della repubblica di Salò, compresi torturatori di partigiani e fucilatori di civili inermi.

Le indagini avviate invece sui tanti eccidi compiuti in Italia dai nazi-fascisti finirono invece sepolte negli "armadi della vergogna", da dove soltanto da poco stanno riemergendo.
Non casualmente il Movimento Sociale Italiano nacque a pochi mesi dalla generosa amnistia, nel dicembre dello stesso anno, raccogliendo nel nuovo partito innumerevoli esponenti del passato regime, anche con gravi responsabilità individuali, e una serie di formazioni minori clandestine.

Giudici più che indulgenti, formati e legati ideologicamente agli imputati, nel frattempo rimettevano in circolazione, tra il '46 e il '47, il grosso dello stato maggiore fascista e repubblichino; d'altra parte risultava evidente la continuità del ceto che esercitava le funzioni repressive statali incaricate, si fa per dire, di impedire il ritorno al passato: dei 369 prefetti soltanto 2 non avevano fatto parte dell'ingranaggio fascista; dei 135 questori e 139 vicequestori soltanto 5 tra quest'ultimi avevano avuto rapporti con la Resistenza; dei 1.642 commissari soltanto 34 avevano avuto dei contatti con l'antifascismo.

Si trattava dello stesso apparato che continuava a schedare i "sovversivi"; nel casellario del Ministero dell'Interno su 13.716 sorvegliati per ragioni politiche 12.491 risultavano di sinistra; questi almeno i dati ufficiali, dato che l'attività di schedatura e controllo era capillare, sistematica e larghissima.
La comparsa del MSI, fortemente avversata a livello popolare, fu quindi possibile grazie a consistenti assensi e complicità politiche. Innanzi tutto va sottolineato il beneplacito dei Liberatori, ossia delle autorità politico-militari britanniche e statunitensi già da tempo impegnate nell'arruolamento in chiave anticomunista di innumerevoli dirigenti del nazismo e del fascismo; quindi non si può tacere la connivenza sia dei vertici della Democrazia Cristiana, in esecuzione delle volontà della Chiesa di Pio XII apertamente favorevole ad una totale riabilitazione dei fascisti, che quella della dirigenza del PCI, tutti interessati a favorire la creazione di un'estrema destra politicamente ben individuabile, isolabile e ricattabile, utilizzando a tal fine anche la minaccia di scioglimento per "ricostituzione del partito fascista".

L'appoggio, anche finanziario, da parte delle gerarchie cattoliche a favore dei fascisti ebbe come principali sostenitori la curia romana, l'Azione Cattolica, l'organo dei Gesuiti La Civiltà Cattolica e i Comitati civici di Luigi Gedda.
Ovviamente anche il padronato vide con favore tale riorganizzazione antioperaia e anticomunista; lo stesso Enrico Mattei, ex-partigiano bianco ed esponente di punta nel neocapitalismo italiano, avrebbe paragonato i fascisti ad un taxi di cui servirsi, pagando, finché potevano risultare utili per il mantenimento del comando nelle fabbriche.
Ad entrambi i due maggiori partiti democratici, DC e PCI, non era sicuramente estraneo l'intento di volersi sottrarre reciprocamente una fetta considerevole di potenziali elettori fascisti che, senza un partito, avrebbero potuto confluire nella Democrazia Cristiana in nome dell'anticomunismo o nel Partito Comunista per ostilità verso la democrazia borghese e l'occupazione Usa.

In tale ambiguo clima di pacificazione nazionale, nel gennaio del '47 il PCI giunse a promuovere manifestazioni pubbliche a Perugia e Roma, con la partecipazione di Ezio Maria Gray, già ministro fascista ed in seguito dirigente missino, a fianco di esponenti partigiani. Nel 1951, fu quindi lo stesso Togliatti ad intervenire presso le autorità per consentire - contro la mobilitazione partigiana e popolare - un comizio del segretario missino De Marsanich, già sottosegretario agli Affari esteri ai tempi del duce.

La legittimazione istituzionale e l'accesso in Parlamento, furono presto debitamente ripagati dal MSI.
La prima occasione fu l'elezione del sindaco, democristiano, di Roma nel '47, in cui i voti missini si rilevarono decisivi; negli anni seguenti il MSI appoggiò i governi regionali in Sicilia e Sardegna e le giunte comunali in mano alla DC in diverse città del centro-sud.
Nel '52, vi fu l'allora clamoroso "abbraccio di Arcinazzo" tra il dirigente democristiano Andreotti e Rodolfo Graziani, il maresciallo-governatore responsabile delle stragi di libici ed ex-capo dell'esercitò di Salò, appena scarcerato.

I voti missini risultarono ancora determinanti: nel '53 ci fu l'astensione a favore del monocolore tecnico di Pella, ex podestà fascista di Biella, che come capo del governo fu il primo a trattare col sindacato filofascista CISNAL. Nel '57 il MSI salvò il governo DC-PSDI-PRI guidato da Segni e, subito dopo, condizionò pesantemente il governo monocolore DC Zoli; simili favori furono ricompensati con l'autorizzazione del trasferimento a Predappio dei resti di Mussolini. Nel '59 il MSI sorresse un altro governo Segni e nel '60 si arrivò all'appoggio missino al governo Tambroni, ferocemente repressivo e antioperaio, finché non fu cacciato dalla rivolta popolare ormai dilagante da Genova a tutta Italia. L'Osservatore Romano intanto approvava la collaborazione democristiana con i fascisti sostenendo che questi erano in fondo dei buoni cattolici.

In una sua circolare l'allora ministro della pubblica istruzione, il DC Ermini, invitava i provveditori "a celebrare nel giorno 25 di aprile l'anniversario della nascita di Guglielmo Marconi". [1]

Interessante ricordare che tra i collaboratori di Tambroni e tra i sostenitori di un governo autoritario vi era tale Giovanni Baget Bozzo, allora a capo del gruppo "Ordine civile" e ancora oggi ben noto per le sue posizioni di destra e per essersi pronunciato a favore dell'abolizione del 25 aprile come Festa della Liberazione.
Nel maggio '62 il MSI non si lasciò sfuggire la possibilità di fornire nuovamente il proprio decisivo contributo alla elezione di Segni a presidente della repubblica.
Intanto finanziamenti al MSI, alla CISNAL e agli gruppi di estrema destra affluivano copiosamente e senza mistero dal mondo dell'imprenditoria, sia pubblica che privata.

Tutto questo, mentre ovunque in Italia gruppi fascisti di ogni risma imperversavano con attentati, aggressioni e provocazioni collegate ad una serie di trame eversive occulte miranti al colpo di stato, che vedevano intersecarsi l'azione di settori fascisti, servizi segreti, ambienti militari, poteri occulti e strutture segrete della Nato. Tali piani, dopo alcuni tentativi di golpe più o meno credibili, determineranno, come è risaputo, la cosiddetta strategia della tensione e le stragi di stato degli anni Settanta.
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